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Scuola italiana fra didattica a distanza e digital divide
Il 5 marzo 2020 la scuola pubblica si è vista costretta a sospendere le lezioni a causa del diffondersi del Covid-19. Inizia una nuova era per il sistema scolastico italiano: l’e-learning attraverso piattaforme FAD (formazione a distanza) rivolte ai docenti e/o DAD (didattica a distanza) rivolte agli adulti in un processo circolare continuo in quanto le prime consentono ai docenti di conoscere e utilizzare al massimo le potenzialità delle piattaforme DAD.
L’ampiezza – largamente inedita – del fenomeno e la repentinità con cui la situazione ha costretto operatori ed alunni ad un faticoso adattamento costituiscono una sfida importante che presenta una serie di criticità non ancora risolte, come mostrano queste brevi note.
Qual è la posizione del Ministero dell’Istruzione? Quale la quotidianità vissuta dalle famiglie e dai docenti?
Didattica a distanza: la nota del Ministero
Il Ministero dell’Istruzione (ex MIUR) pubblica, a firma del Capo Dipartimento all’istruzione Marco Bruschi, una Nota[i] contenente le prime indicazioni operative per la didattica a distanza al fine non interrompere il percorso di apprendimento ed anche una sezione dedicata ai docenti sul sito istituzionale[ii] al fine di “perseguire il compito sociale e formativo del “fare scuola”, ma “non a scuola” e del fare, per l’appunto, “comunità”.
La Nota è stata oggetto, fin da subito di fortissime critiche: i sindacati confederali del comparto scuola (Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals e Gilda) ne hanno chiesto l’immediato ritiro definendola “inapplicabile”, con richieste “illegittime” ed anche perché contiene “modalità di organizzazione del lavoro che sono oggetto di relazioni sindacali”. Lo Snadir, invece, invoca la libertà di insegnamento per contestare la didattica a distanza.
In questo match senza esclusione di colpi, rispondono ai sindacati dieci Dirigenti Scolastici con toni sopra le righe.[iii]
Le otto pagine che compongono la tanto contestata Nota contengono: una definizione di didattica a distanza, un elenco di attività suggerite- differenziate per ciclo d’istruzione- ed alcune indicazioni per gli alunni con disabilità, quelli con disturbi specifici dell’apprendimento e i BES (bisogni educativi speciali).
Per didattica a distanza si deve intendere“la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. Qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi” e ci si sofferma anche sulle modalità di“ collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali: tutto ciò è didattica a distanza”.
Viene esplicitato che “il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento”.
La domanda che molti si pongono è se la scuola è pronta per tutto questo; i docenti hanno ricevuto istruzioni e strumentazione hardware e software necessaria?
Sempre la Nota suggerisce attività differenziate a seconda del ciclo di istruzione:
- scuola dell’infanzia: sviluppare un contatto “diretto” (se pure a distanza), tra docenti e bambini, anche solo mediante semplici messaggi vocali o video veicolati attraverso i docenti o i genitori;
- scuola primaria: per la quale si rimanda ad un “giusto equilibrio tra attività didattiche a distanza e momenti di pausa, in modo da evitare i rischi derivanti da un’eccessiva permanenza davanti agli schermi”;
- scuola secondaria di primo e di secondo grado: per le quali si suggerisce genericamente: “alternando la partecipazione in tempo reale in aule virtuali con la fruizione autonoma in differita di contenuti per l’approfondimento e lo svolgimento di attività di studio”.
Per ciò che riguarda le problematiche riscontrate dagli alunni con disabilità, è presente un rimando al Piano Educativo Individuale (PEI) con suggerimento “ai docenti di sostegno di mantenere un’interazione a distanza con l’alunno e tra l’alunno e gli altri docenti curricolari” e per gli alunni con BES non certificati “in difficoltà linguistica e/o socio economica, il Dirigente scolastico, in caso di necessità da parte dello studente di strumentazione tecnologica, attiva le procedure per assegnare, in comodato d’uso, eventuali devices presenti nella dotazione scolastica oppure, in alternativa, richiede appositi sussidi didattici attraverso il canale di comunicazione attivato nel portale ministeriale “Nuovo Coronavirus”.
Didattica a distanza: le scuole e le famiglie
Molti docenti si sono trovati, più o meno impreparati, ad utilizzare nuove piattaforme quali Weschool, Hubscuola, Google Suite for Education, Edmondo, Moodle, Padlet, Google Classroom, oltre al caro e ormai datato “registro elettronico” ed a reimpostare le modalità di fruizione dei contenuti videolezioni, videoconferenze, test automatici, giochi didattici al posto delle tradizionali lezioni frontali.
Una didattica a distanza costruita in maniera emergenziale, senza essere stata organizzata, sperimentata e testata in precedenza. Infatti, secondo i dati del Ministero sul monitoraggio della didattica a distanza compiuto su 7.340 istituti, ben 6.023 (pari all’82%) non svolgevano precedentemente lezioni in modalità online, mentre solo 1.278 scuole (il 17%) si erano attrezzate in passato ed erano quindi già pronte[iv].
I docenti si trovano davanti all’annoso interrogativo di non essere in grado di rispondere, con un certo margine di certezza, alla domanda su quanti alunni fruiscono effettivamente di didattica a distanza. Molti di questi, infatti, hanno attivato modalità di comunicazioni con i genitori o i soli rappresentanti di classe più “semplici” di tipo asincrono: invio di email con i materiali in allegato o utilizzo del gruppo whatsapp della classe.
Alcuni docenti, inoltre, hanno deciso all’unanimità di non attivare videolezioni in questo periodo a causa del timore di utilizzo improprio delle registrazioni da parte degli utenti[v].
Secondo quanto anticipato da Il Sole 24 ore, i risultati sul Monitoraggio sull’Attività Didattica a Distanza, condotto dal Ministero nelle scorse settimane, sembra aver restituito risultati all’apparenza ampiamente positivi. Viene dichiarato che ben “il 90% circa degli alunni risulta raggiunto da qualche forma di attività da remoto in questo periodo”, ma come correttamente rilevato dal giornale stesso, però, questo “è un dato da prendere con le molle perché include le forme più variegate di comunicazione: dalle più evolute, come l’uso di piattaforme online, alle più “basiche”, come i messaggi via posta/chat /telefono”[vi].
Se anche così fosse, si deve rilevare che quasi il 10% della popolazione studentesca non è stato raggiunto in alcuna forma dal momento della sospensione delle lezioni, che ormai risale a quasi un mese fa. Non è un dato trascurabile.
Sempre dalle anticipazioni del monitoraggio, si evince che alcune scuole o singole classi, “sono ancora ferme al palo. E non è neanche questione di Nord-Sud o centro-periferia perché eccellenze e ritardi si trovano a macchia di leopardo lungo il territorio”[vii].
Il divario digitale, è un divario di classe.
Un’altra indagine conoscitiva condotta su un campione di 1200 docenti, rileva altre criticità. Ben il 71% degli insegnanti intervistati ritiene di non essere soddisfatto delle attività online condotte fino ad ora, contro il restante 29% che invece ritiene positive le lezioni a distanza a causa della sospensione delle attività didattiche[viii]. Questo modello di scuola non può e non deve sostituire quello di scuola tradizionalmente intesa perchè la formazione è, innanzitutto, relazione. Tutto il resto è importante ma secondario.
La realtà vissuta in questo periodo dalle famiglie, però, è ben più variegata di quella dei docenti. Un primo forte discrimine si crea tra coloro che possono mettere a disposizione del figlio, o dei figli, device tecnologicamente adeguati (tradizionalmente pc e stampante/scanner) e connessione internet stabile e le famiglie che, invece, non ne dispongono, ovvero le fasce economicamente più deboli e gli stranieri. Come includere questi ultimi in questo periodo di forte criticità?
Tra le famiglie che dispongono di dispositivi adeguati, si aggiunga che molto spesso il loro numero non è proporzionale al numero di componenti. E’ facilmente intuibile che in queste situazioni, i dispositivi, vengano utilizzati per molte ore dai genitori in smartworking precludendo la possibilità agli alunni di collegarsi alle videolezioni e/o videoconferenze live. Infatti si calcola che un quarto dei ragazzi, al momento, risulta privo di pc o tablet con cui collegarsi da casa[ix].
In questo quadro, l’impegno dei genitori è evidentemente mutato: pianificatori, controllori, mediatori e sempre più educatori dei propri figli e delle loro esigenze scolastiche.
Quale lezione?
I docenti non sono pronti. Tentano di galleggiare in un mare aperto, aggrappandosi ai vari appigli di fortuna pur non desistendo dall’ “animare la ciurma” dei loro studenti. ricorrendo a tutta la loro creatività ed esperienza, non solo per trasmettere i contenuti ma per non mostrare loro la frustrazione e la paura del momento.
Con un enorme sforzo personale e professionale, cercano di adeguarsi velocemente alle mutate condizioni e provano in ogni modo a non far sentire i ragazzi soli e dimenticati fuori dalle mura della scuola. L’obiettivo resta sempre quello di continuare a farli sentire ancora parte del tutto.
Come, forse, rilevano alcuni, questa non è la scuola; queste attività si avvicinano più ad un tutoraggio, ma non è scuola. E’ fondamentale, per un educatore, cercare di interagire coi ragazzi cercando un’intesa relazionale, con tutte le sfide che questa comporta.
Evidenziate le criticità, però, è veramente tutto così negativo? Ovviamente no. Questa esperienza rappresenterà un apripista importante per il futuro e non lascerà più i docenti impreparati. Al termine dell’emergenza sanitaria, alcuni sperano di poter continuare ad utilizzare delle piattaforme di didattica a distanza, non nelle modalità attuali, ma per poter mantenere un canale attivo di contattato e di trasmissione di materiali con gli studenti, a quel punto già collaudato e conosciuto da tutti, per sopperire anche alle eventuali future assenze.
Da sempre il vero obiettivo della scuola è quello di costruire uno spazio a misura di studente in cui consentirgli di esercitarsi tanto e a lungo, senza l’ansia del voto. Un luogo dove poter fare esperienza mettendosi alla prova senza farsi dettare i tempi. Un luogo in cui poter imparare dagli errori. Questa deve essere la scuola. Il resto è gara, competizione, farsa.
Come scritto dal prof. Andrea
Campanari, l’interrogativo più importante, in questa fase, per i docenti è:
“Chi sono io insegnante?”
[i]https://www.miur.gov.it/web/guest/-/coronavirus-emanata-la-nota-con-le-indicazioni-operative-per-la-didattica-a-distanza ⇑
[ii]https://www.istruzione.it/coronavirus/didattica-a-distanza.html ⇑
[iii] https://www.orizzontescuola.it/didattica-a-distanza-dieci-dirigenti-firmano-un-comunicato-lasciateci-lavorare/ ⇑
[iv]https://www.ilsole24ore.com/art/lezioni-online-ci-prova-l-82percento-scuole-ADp10mE ⇑
[v]https://www.orizzontescuola.it/no-a-video-lezioni-alcuni-docenti-temono-usi-impropri-da-parte-di-studenti/ ⇑
[vi]https://www.ilsole24ore.com/art/lezioni-online-ci-prova-l-82percento-scuole-ADp10mE ⇑
[vii]https://www.ilsole24ore.com/art/lezioni-online-ci-prova-l-82percento-scuole-ADp10mE ⇑
[viii]https://www.tecnicadellascuola.it/didattica-a-distanza-affiorano-i-risultati-della-rilevazione-del-miur ⇑
[ix]https://www.ilsole24ore.com/art/lezioni-online-ci-prova-l-82percento-scuole-ADp10mE ⇑
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