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La “classe” non è acqua


13 Apr , 2020|
| Voci

I fatti di Palermo ci costringono a riportare l’attenzione sulla solita “vecchia” storia della questione di classe. Come molti hanno avuto occasione di vedere dai numerosissimi filmati circolati sui social, nel giorno di Pasqua alcune famiglie del quartiere popolare dello Sperone, riunitesi sui tetti dei propri palazzi, hanno improvvisato un insolito pranzo pasquale. Il fatto, che ha giustamente suscitato l’indignazione dei palermitani onesti e del loro sindaco, si è risolto soltanto in seguito ad un robusto intervento delle forze dell’ordine, le quali, coadiuvate da un’efficientissima squadra di netturbini e da un elicottero, hanno repentinamente interrotto lo scandalo.

L’episodio è certamente da condannare. In primo luogo, come ha sottolineato il sindaco Leoluca Orlando, per il motivo più evidente e non connesso all’emergenza che stiamo attraversando: sui tetti di quei palazzi, infatti, non vi erano recinzioni di sorta. In breve, non vi era possibile sostare già per mancanza delle più elementari norme di sicurezza. Figurarsi, poi, in tempi di quarantena da Covid-19.

Eppure, sarebbe troppo semplice, e anche intellettualmente scorretto, fermarsi a ciò appare ovvio. Occorre invece provare a interrogarsi su alcune questioni che, pur essendo altrettanto ovvie, non godono tuttavia quasi mai della stessa attenta considerazione.

La prima di queste è anche la più intuitiva. La vicenda di Palermo rivela un problema che sta a monte della situazione di attuale emergenza: la promiscuità in cui numerose fasce della popolazione urbana si trovano a vivere. Com’è noto, in particolare ai palermitani, lo Sperone è una delle periferie più “difficili” del capoluogo siciliano. Su questo punto, dunque, occorre onestà: la qualità della quarantena, alla quale siamo tutti quanti costretti allo stesso modo, non è però per tutti la stessa.

Il confinamento da coronavirus riporta alla luce antichi problemi lasciati irrisolti, che si manifestano limpidamente per quello che sono: problemi di classe. Troppo comodo il puritanesimo volto a condannare i barbari, gli incivili che, nel quartiere Sperone di Palermo, prendono d’assalto i tetti dei propri palazzi (ma quante persone, a Palermo e in Italia, non avranno forse condiviso nel giorno di Pasqua, e al riparo dalla vista altrui, un cortile comune, un giardinetto condominiale comunicante?). Ciò che è difficile, è vivere quotidianamente, soprattutto in tempo di quarantena, al quartiere Sperone e in tutti quei quartieri-ghetto di cui i centri e le periferie delle nostre città sono saturi.

Le condizioni di esistenza di coloro che abitano appartamenti angusti e, spesso, a causa delle modeste dimensioni, sovraffollati, potrebbero non consentire il rispetto delle misure di sicurezza imposte. Questo è un fatto. È inaccettabile, piuttosto, che l’amministrazione, ma anche l’opinione pubblica, si preoccupino di codeste realtà urbane, come pure della salute e della sicurezza di coloro che le abitano, soltanto nei momenti di eccezione come quello presente.

Soprattutto, oltre al solito pressappochismo dei media, dell’amministrazione locale, e della società civile palermitana, che, sui social, non si è risparmiata nella gara all’insulto più becero, riesce davvero incomprensibile l’atteggiamento delle forze di polizia. Non è difficile comprendere come l’impiego dell’elicottero sopra i palazzi avrebbe potuto, con la forte pressione dell’aria, accidentalmente spingere giù coloro che ne occupavano il tetto. Di fronte a tali condizioni di reale pericolo, perciò, il lancio di fuochi effettuato dagli occupanti del tetto alla vista dell’elicottero acquista il senso di una comprensibile legittima difesa. Pure, finalmente interrotto il pranzo fuorilegge, perché chiamare i netturbini e, con loro, dilettarsi a buttare gli oggetti privati di queste persone nel camion dei rifiuti? Sedie, tavoli, brace; beni, forse, acquistati con fatica. Nessuno si domanda dove siederanno quelle persone una volta rientrate nelle loro case. Ciò che importa è soltanto l’esercizio, sproporzionato e dimostrativo, della forza da parte dell’autorità.

I fatti di Palermo ci mostrano una volta di più quell’antico fenomeno che è la demonizzazione degli ultimi. Considerati estremamente nocivi e non affidabili, si preferisce gettarne i beni personali anziché aiutarli e spiegare loro, per esempio, i reali motivi di pericolo della loro azione. Si processano nella (virtuale) pubblica piazza e si mettono alla gogna. Piovono insulti indicibili. Parte la caccia all’uomo, con il sindaco Leoluca Orlando in prima linea che promette di rintracciarli per dare loro punizioni esemplari. Insomma, a dispetto della imminente riapertura delle librerie, queste si potranno tranquillamente disertare: gli umiliati e offesi di Dostoevskij, i miserabili di Hugo, ce li abbiamo in carne ed ossa davanti a noi.

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