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Su un’antica cronaca della Grande Angoscia, circa 832-830 a.C.


20 Apr , 2020|
| Voci

Gli archeologi hanno portato alla luce, di recente, nuovi documenti su una civiltà antica nella quale la religione dei fondatori era stata soppiantata dal culto del dio Ignoto, altrimenti detto la Vita, il cui vangelo veniva sciorinato notte e giorno dai sapienti del tempo, noti ai contemporanei col nome di “scienziati”.

Regnava un uomo coi capelli bianchi, governava uno coi capelli neri – tale, almeno, era la regola in teoria, giacché entrambi, in realtà, non muovevano un dito senza l’assenso degli sciamani da cui erano circondati e assistiti. Questi ultimi, provenienti dalla casta dai sapienti e selezionati per cooptazione, erano addetti ai riti propiziatori: gli uni volti ad assicurare un buon raccolto, gli altri a proteggere il regno dalle malattie. L’efficacia dei riti si credeva che dipendesse dalla fede della popolazione nel dio Ignoto; la paura ne era considerata l’espressione più certa.

Un giorno, veniamo ora a sapere, una febbre misteriosa si abbatté sul paese. All’incredulità iniziale seguì la confusione e poi, alla vista delle prime vittime del contagio, un’angoscia crescente.

Gli sciamani, interpellati, annunciarono che il dio Ignoto esigeva atti di fede più sinceri e contriti. Fu imposto a tutti di chiudersi in casa e recitare una preghiera quotidiana di cui ci è pervenuto solo l’attacco: “Io non penso, confesso il mio terrore, e supplico…”. Chi rinnegava il dio Ignoto, chi si rifiutava di obbedire agli ordini della Vita, come un anziano asceta ebbe l’audacia di fare in quei giorni, cadeva in disgrazia.

Per un certo periodo, si comunicò solo per posta. Resta ancora copia delle missive in cui tanti diedero sfogo ai loro disagi e tormenti, scongiurando gli altri di ubbidire, talvolta con velate minacce: la delazione era considerata allora un’azione virtuosa.

Sappiamo che ogni attività lavorativa venne sospesa (gli storici dibatteranno a lungo sulle conseguenze di tale provvedimento). Questo ed altro successe, finché la febbre scemò gradualmente. Gli sciamani dichiararono, soddisfatti, che i riti di espiazione avevano funzionato: il dio era stato persuaso a togliere la maledizione, almeno per qualche tempo.

Contrariamente alle attese, però, la situazione non migliorò più di tanto. Nessuno voleva uscire di casa. Per mesi, solo in pochi osarono farlo, per necessità, non per volontà propria, e solo grazie all’aiuto di personali liturgie scaramantiche: chi facendo strani gesti con le mani quando avvistava un suo simile, chi facendo tre passi avanti e uno indietro, chi in modi ancora diversi, tutti col viso coperto da una maschera che ne velava la smorfia di angoscia.

Sebbene gli sciamani ripetessero che il pericolo era alle spalle, il regno restava semi-paralizzato. L’Ignoto reclamava il diritto a signoreggiare incontrastato nei recessi dell’anima. Le faccende più semplici si fecero complicate: le ingiunzioni e i solenni rituali pubblici prescritti dagli sciamani si accavallavano alle private liturgie benauguranti che ciascuno si era inventato, rendendo ogni momento della giornata estremamente penoso; spesso, oltretutto, le ingiunzioni sciamaniche entravano in contraddizione tra loro o suonavano auto-contraddittorie (una diventò proverbiale: “Potete uscire di casa, ma non crediate di uscire!”) aumentando lo sgomento di tutti. I sapienti, dal canto loro, facevano a gara nel proporre nuovi metodi divinatori e ricette sul modo più corretto di venerare l’Ignoto, alcuni forse con l’auspicio segreto di essere un giorno cooptati dalla casta degli sciamani.

Ci volle tempo prima che questa fase nella storia del regno, nota come il periodo della Grande Angoscia, terminasse. Il passaggio alla fase successiva, nota come il periodo del Grande Oblio, fu reso possibile da una serie di eventi concomitanti di cui, al momento, sappiamo poco.

Dai documenti di cui siamo entrati in possesso risulta che l’uomo coi capelli neri fu desautorato, con l’imputazione ufficiale di aver gestito male la crisi – fidandosi troppo di certi sciamani, secondo alcuni; assecondando troppo i desiderata dei regni confinanti, secondo altri. Ma in effetti, come i nuovi documenti comprovano, il ricambio ai vertici del palazzo fu dovuto a tutt’altro: una paura intrattabile. Il terrore di cui la popolazione era stata preda in quei mesi si era dimostrato talmente intenso e insopportabile da non lasciare altra via d’uscita: si doveva dimenticare tutto, eliminando ogni indizio che potesse riportare alla mente i giorni funesti. Perfino i sapienti smisero di discettare ad alta voce sull’accaduto.

Fu chiamato a governare un uomo coi capelli neri che aveva dato prova, anni prima, di saper lanciare potenti incantesimi rassicuratori. Quanto all’asceta di cui si diceva, trascorse i suoi ultimi giorni a invocare, a gran voce, il ritorno di un nuovo Dio: con sprezzo della contraddizione, continuò così a dare prova di coraggio, il coraggio della verità, preso dal furore di dirla tutta, e completamente ignaro di poterla dire solo a metà.

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