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Solo una fionda ci può salvare?
La fionda non è un gioco. Nel mondo antico, chiamata anche frombola, era una vera e propria arma regolare; nonostante fosse uno strumento semplice, nelle mani esperte di un fromboliere rivelava tutta la sua potenza impressionante in battaglia.
Quale fionda?
Già in uso nell’Età del Bronzo e rinvenuta in Egitto in alcuni siti archeologici di cinquemila anni fa, così ne parlava Aristotele: «Si dice che alcuni dei Liguri siano così bravi con la fionda che quando vedono uno stormo di volatili si mettono a discutere su quale colpire, come se dessero per certo il colpirli tutti» (De mirabilibus auscultationibus 89; 837b). Tito Livio distingueva la fionda delle isole Baleari, composta di un’unica cinghia, da quella in uso in Grecia (in particolare nella regione dell’Acaia) che prevedeva un triplice intreccio, così da garantire un lancio più teso, come se fosse un arco (Ab Urbe condita, XXXVIII, 29).
Dovremmo quindi pensare a qualcosa di diverso rispetto alla moderna “fionda a Y” con un piccolo elastico. Solitamente si trattava invece di una tasca aperta di pelle/cuoio al centro – detta anche “cavo” o “rete”, in cui veniva inserita una pietra, scelta per la sua levigatura aerodinamica – alle cui estremità vi erano due corde di sostanza fibrosa (canapa, lino, o crine di animale come cavalli e capre) tenute in mano dal fromboliere. Inserita la pietra (ne sono state ritrovate di grandezza analoga alle palline da tennis) nella tasca, la fionda veniva fatta roteare agilmente per acquisire energia cinetica; poi, di scatto, il fromboliere rilasciava una delle estremità, così da scagliare la pietra a quasi 100 km/h verso bersagli lontani anche 350 metri. Per evitare di perdere l’intera fionda accidentalmente nel lancio, un piccolo occhiello per legare al dito una delle due corde poteva essere d’aiuto.
Le pietre usate come munizioni potevano essere custodite in una sacca attorno al collo oppure legate alla caviglia. Utilizzata soprattutto negli assedi delle città (a scopo sia offensivo, sia difensivo), la frombola pare fosse l’arma preferita dei pastori della Siria; da lì sarebbe stata adottata anche dagli israeliti, che la ritenevano tra le più efficaci per le truppe leggere. In particolare era la tribù di Beniamino, che insisteva nella regione attorno a Gerusalemme, ad avere una predilezione per la fionda: «Fra tutta questa gente c’erano settecento uomini scelti, che erano ambidestri. Tutti costoro erano capaci di colpire con la fionda un capello, senza fallire il colpo». (Giudici 20,16)
La fionda nella Bibbia
In più occasioni quindi se ne parla anche nel Libro per antonomasia: la Bibbia. Il verbo ebraico da cui deriva la parola fionda è qala’, cioè scagliare, lanciare, fiondarsi; la radice q-l-’ è condivisa anche dall’aramaico e dall’arabo, che rispettivamente definiscono la fionda maqla’a e miqlāʿ, con tutti i termini derivati, per esempio taqlīʿāt sono le cose che escono fuori dalla norma, stravaganti, originali. Con lo stesso trilittero si formano anche termini legati all’intrecciare, come le vele o le tende (qal’ê), o anche allo scolpire, tirare fuori, cavare, spesso con movimenti rotatori. Per il fromboliere si raddoppia la seconda consonante: qalla mentre il sostantivo “fionda” è vocalizzato qela’; solamente in Proverbi 26,8 si usa il termine margemah, derivato da ragam (lapidare). In entrambi i casi, la traduzione greca della Bibbia risalente al III secolo a.C., detta dei “Settanta”, traduce con il termine utilizzato da Aristotele: (s)fendoné. Proprio da questa radice abbiamo il latino funda, che va a indicare la fionda stessa o la pietra che viene “fiondata”.
Nella Sacra Scrittura ricorre più volte. In 2Re 3,25 si menziona l’assedio dei frombolieri israeliti alla città di Kir Careset del Regno di Moab guidato da Mesha, che nella metà del IX secolo a.C. si era ribellato Israele. Il rifornimento dell’esercito di Giuda da parte del re Ozia (VIII secolo a.C.) con «pietre per le fionde» è invece raccontato da 2Cr 26,14. Risalente al II secolo a.C., è descritto in 1Maccabei 6,51 l’assedio del monte Sion da parte dei Siri, armati anche di fionde, capeggiati dal re seleucide Antioco V dei Siri.
La fionda viene utilizzata pure in senso lato, metaforico. In 1Sam 25,29 il Signore Dio «scaglierà come dal cavo della fionda» l’anima dei nemici di David, mentre l’anima del Re «sarà conservata nello scrigno della vita». Analogamente Geremia 10,18 parla di un Dio che come con una fiondata lancia lontano gli idolatri, ma affinché poi siano essi a ritornare e a ritrovarlo. Un altro libro profetico, Zaccaria, parla degli israeliti come coloro «calpesteranno le pietre della fionda» (Zc 9,15), cioè i nemici, e nella versione ebraica del libro di Giobbe gli avversari di Dio di fronte a Lui sarebbero ridotti a stoppia qualora fossero «pietre della fionda» (Gb 41,28). Il roteare rapido della fionda poteva quasi ipnotizzare, provocare inquietudine e così si poteva dire altrettanto delle anime dei nemici, quasi “centrifugate”.
David contro Golia
L’episodio più noto, che ha avuto un’eco nel versetto del Siracide 47,4, è quello del giovane David contro il gigante filisteo Golia, raccontato in 1Sam 17.
Golia, alto più di due metri, «aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. L’asta della sua lancia era come un subbio di tessitori e la lama dell’asta pesava seicento sicli di ferro». Egli sfidò l’esercito di Saul, re di Israele, a una sfida frontale con un solo avversario a loro scelta. Il pastore David, quartogenito di Iesse, fu mandato dal padre a rifocillare i fratelli in guerra. Giunto lì, David insisteva nel domandare agli israeliti terrorizzati la conferma della promessa che chiunque avesse ucciso il nemico avrebbe potuto sposare la figlia del re Saul e la sua famiglia avrebbe avuto un’esenzione fiscale totale. Ma i fratelli di David pensavano male del fratello. Convocato dal re che cercava invano di dissuaderlo, David si offrì volontario per combattere contro il gigante nemico che aveva «insultato le schiere del Dio vivente», spiegando che il Signore lo aveva già liberato dal leone e dall’orso, uccisi per difendere il gregge del padre. Saul lo equipaggiò con tutta la sua armatura, che tuttavia impediva a David di camminare, perché non era abituato, quindi se ne liberò. «Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nel suo sacco da pastore che gli serviva da bisaccia; prese ancora in mano la fionda e mosse verso il Filisteo».
Golia, vedendo il giovane David, ne ebbe disprezzo, lo schernì e lo maledisse. L’israelita rispose: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai insultato […] è arbitro della lotta e vi metterà certo nelle nostre mani». Fu così che «David cacciò la mano nella bisaccia, ne trasse una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte. La pietra s’infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra. Così David ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra e lo colpì e uccise, benché David non avesse spada. David fece un salto e fu sopra il Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise, poi con quella gli tagliò la testa. I Filistei videro che il loro eroe era morto e si diedero alla fuga».
Solo una fionda ci può salvare?
Il versetto 1Sam 17,50, che ho messo in corsivo, pone almeno tre problemi di critica testuale, evidenziati da un articolo del professor Walter Moberly (Durham University) intitolato “By Stone and Sling. 1 Samuel 17:50 and the Problem of Misreading David’s Victory over Goliath”, all’interno del volume collettivo “On Stone and Scroll: Essays in Honour of Graham Ivor Davies” (De Gruyter, Berlino 2011).
Il primo problema riguarda la morte di Golia: fu ucciso proprio dalla pietra scagliata dalla fionda, come potrebbe sembrare se ci fermassimo alle parole «benché non avesse spada»? Oppure con un colpo della spada del gigante stesso, a lui sottratta dopo averlo stordito con il colpo in testa? C’è chi ha parlato di una contraddizione, derivante da due racconti differenti, e chi invece ha visto nel versetto 51 seguente una spiegazione più dettagliata dell’uccisione del gigante.
L’assenza di 1Sam 17,50 nel Codex Vaticanus è un secondo problema. Tale importantissimo manoscritto (risalente al IV secolo d.C.) conserva infatti l’intera Bibbia nella traduzione greca della Settanta (III secolo a.C.) e omette molti versetti nel raccontare l’episodio di David e Golia. Concentrandoci su questo in particolare, possiamo trattarlo come una glossa indipendente, posteriore, fenomeno molto diffuso.
Veniamo quindi al terzo problema. Sembra che il versetto – che rimane a tutti impresso: David, benché non avesse la spada ma la fionda, uccise il filisteo – racchiuda tutto il cuore della storia; perché in origine sarebbe dovuto mancare un punto così importante? In realtà già prima David aveva affermato che Dio non salva con la spada, con la lancia e con l’asta su cui fa affidamento Golia; quel versetto 50 ne è solo una parafrasi? A ben vedere, quel versetto spezza l’azione più drammatica e interviene direttamente per guidare l’interpretazione. Non si tratta semplicemente di rendere l’impresa più eroica, ma anche di prevenire un’obiezione come quelle tipiche dei bambini: prima si dice che Dio non salva con la spada e poi Golia viene ucciso proprio con una spada! Proprio inserito in quel punto, il versetto sottolinea – come un inciso – che la fionda è stata decisiva: con la fionda lo «condusse alla morte» (il termine specifico waymiṯêhū in ebraico andrebbe tradotto in una sfumatura più attenta rispetto al generico «uccidere») Golia, poi finito a fil di spada.
Così il versetto 1Sam 17,50 non è più il necessario altro verso positivo (“Dio salva con la fionda e la pietra”) della medaglia del “Dio che non salva con la spada”. E si scopre che proprio quel versetto, seppur esplicativo e pedagogico anche in una catechesi cristiana, ha ridotto la ricchezza del testo nelle sue possibili altre interpretazioni, che ora possono essere liberate.
Conseguentemente possiamo far emergere molti altri contrasti che prima passavano in ombra. Moberly ne menziona alcuni: «tra la fiducia in Dio (sulle labbra di David) e il disprezzo compiaciuto (sulle labbra di Golia», «tra la grezza quantità (Golia con la sua notevole armatura) e la qualità intelligente (l’intuito e il coraggio di David», «tra un approccio impressionante convenzionale (armatura e spade in battaglia) e una strategia di audacia e sorpresa (senza armi, con solamente fionda e pietre, e un bastone, per indurre in errore, come se fosse l’arma di David)» e infine «tra l’ordinario ma pratico e collaudato attrezzo (la fionda di David) e l’equipaggiamento grandioso ma scomodo, perché poco familiare (l’armatura di Saul)».
Per concludere, ricordo con Jan P. Fokkelman che in questo modo – proprio nell’uso che David fa della fionda – si incontrano la semplicità dei mezzi, l’abilità umana e una dimensione provvidenziale, dietro alla quale il credente scorge la guida di Dio: «Lo straordinario è piuttosto ordinario, ma soprattutto: al saggio l’ordinario è straordinario».
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