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Il “metodo Manzi” supera la smart school. Sperimentazioni didattiche in tempi emergenziali


28 Apr , 2020|
| Visioni

Dal 5 marzo, giorno in cui il Governo ha sospeso tutte le attività didattiche, si sono moltiplicate le diverse tipologie di supporto alla didattica: mobile learning, didattica a distanza, e-learning, smart school e così via. Col passar dei giorni in tutta Italia sono state attivate varie tipologie di supporto ispirate al peer-to-peer tutoring (la cui formulazione trova origine nel pedagogismo inglese dell’800), con il duplice obiettivo di agevolare l’implementazione della didattica a distanza e di sperimentare soluzioni che prevedono l’utilizzo di metodologie e strumenti innovativi, anche attraverso la condivisione e la diffusione di buone pratiche. Il supporto offerto dalle scuole aderenti all’iniziativa si articola in varie modalità, che comprendono la condivisione di webinar e relativi tutorial.

Con l’accordo firmato da Rai e ministero dell’Istruzione, nei prossimi mesi saranno disponibili lezioni, materiali, approfondimenti e anche eventi che potranno essere usati da studenti, famiglie e insegnanti per arricchire le lezioni. Il materiale è diviso per grado scolastico (primaria, medie e superiori). La novità è data dal fatto che le lezioni a distanza avverranno anche tramite il mezzo televisivo tramite le lezioni di “La Scuola in Tv”, realizzate direttamente da docenti e insegnanti indicati dal Miur. Inoltre, dal 27 aprile, Rai Scuola propone una novità dedicata agli studenti che affronteranno l’Esame di Stato: Scuola@Casa Maturità. Tutti i giorni – dalle 10 e alle 15 – sono programmate due lezioni di 30 minuti tenute da docenti universitari, Accademici della Crusca e Accademici dei Lincei, per aiutare gli studenti ad affrontare la prova di maturità. Mutatis mutandis inevitabilmente torna alla mente la pioneristica trasmissione di Alberto Manzi “Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta” andata in onda per 484 puntate da novembre 1960 a maggio 1968. L’impatto sulla popolazione fu imponente e innegabile. In questo arco di tempo vennero organizzati 12.000 corsi, frequentati da 150.000 allievi, senza contare gli altri 500.000 partecipanti che seguirono i corsi senza far parte dei gruppi di ascolto: si stima che quasi un milione e mezzo di persone abbiano conseguito la licenza elementare grazie a queste lezioni a distanza, svolte di fatto secondo un vero e proprio corso di scuola serale. All’epoca si trattava di diminuire l’analfabetismo, oggi di garantire strumenti di educazione alla più ampia platea di alunni possibile. In altre parola si cerca di ridurre il divario digitale esistente a macchia di leopardo nella penisola e la relativa scala di disuguaglianze emersa con forza in questi giorni all’attenzione dei mass media.   

E la comunità scolastica?

Come era ipotizzabile si sta verificando quanto scritto da Anna Cavaliere: «tanto più aumenteranno nelle prossime settimane le pretese verso la didattica on line – ovvero si chiederà ad essa non solamente di tenere in vita la comunità scolastica, in attesa di potersi rivedere nelle aule scolastiche, ma di farsi “scuola vera e propria”, per esempio concludendo i programmi scolastici, e procedendo alle valutazioni degli alunni come se nulla quest’anno fosse successo – tanto più aumenteranno i rischi di esclusione sociale per gli studenti appartenenti alle classi sociali più deboli e di un allargamento ulteriore della forbice della diseguaglianza».[i] Occorre soffermarsi sui costi umani e sociali: l’eventuale aumento delle disparità tra gli studenti, la frustrazione e l’insoddisfazione che ha provocato per le parti coinvolte.

Il problema è il divario digitale, ma non solo. I più colpiti sono la comunità scolastica e la rete di relazioni umane ad essa connesse. Il maestro Franco Lorenzoni in un articolo sul rompere le distanze centra il punto della questione: «Nella tradizione maya i creatori del mondo sono due, non uno. E nel mito dell’origine i due creatori riescono a dare vita ad alberi, stelle, pesci e animali volanti quando si trovano a pensare la stessa cosa nello stesso istante. Trovo particolarmente bella e profonda questa immagine della creatività originaria come incontro, come relazione, come intreccio di due desideri che risuonano in un’intesa sincronica e sottile. Non è questo, in fondo, che cerca ogni tentativo di corrispondenza?». [ii]

La professoressa Sabrina Minuto, parlando della sua esperienza nel rapporto con le proprie classi sulla rivista “La Ricerca”, fa notare che «gli alunni e le alunne, in effetti, come da Indicazioni Nazionali e Linee guida, dovrebbero essere al centro di una comunità che apprende. In questi giorni sospesi, invece, di forsennata costruzione e condivisione di materiali, ho l’impressione che non succeda, per lo meno non sempre».[iii] Al riguardo, tornano alla mente le parole di Gianni Rodari nella Grammatica della fantasia (Einaudi 1973): «la realtà, affrontata da tutti i punti di vista, a cominciare dalla realtà prima, la comunità scolastica, lo stare insieme, il modo di stare e di lavorare insieme. In una scuola del genere il ragazzo non sta più come un “consumatore” di cultura e di valori, ma come un creatore e produttore, di valori e di cultura».

Si capisce che non è sufficiente la campagna #LaScuolaNonSiFerma, lanciata dal ministero dell’Istruzione per raccontare esperienze di didattica a distanza, nelle sue diverse forme, e le storie di docenti, dirigenti, personale, studenti, famiglie, di quanti, pur in piena emergenza, stanno lavorando per far sì che non si perda il contatto fra la scuola e i propri alunni e studenti. Come anche la piattaforma Rai “Scuola2020” o del Miur “Didattica a distanza”. Non appaiono strumenti adeguati ad evitare l’avvio del processo di isolamento/allontanamento di numerosi studenti, anche in previsione delle probabili limitazioni che si presenteranno all’avvio del nuovo anno scolastico ancora in stato emergenziale.

La realtà dello stato del “Sistema Scuola” necessita di operazioni incisive visto il suo stato di salute. 

Secondo i dati Istat, il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni (850 mila in termini assoluti) non ha un computer o un tablet a casa. La metà di chi non ne ha uno si trova nel Mezzogiorno, dove il problema riguarda quasi il 20% dei ragazzi. Il 57% di chi ne possiede uno, inoltre, lo deve condividere con altri. Ma c’è di più. Secondo i dati del Miur, il 6% di tutti gli studenti non accede a nessun tipo di didattica on line, perché non offerta dagli insegnanti o perché non arriva la linea.

Al riguardo, Chiara Saraceno ha sottolineato che l’impatto dell’emergenza sanitaria «è più grave per i bambini e ragazzi, perché incide sulle opportunità di sviluppo delle loro capacità, con effetti di lungo periodo, nonostante le iniziative e gli sforzi di molti bravi insegnanti che vedono disperdersi il lavoro di costruzione di rapporti di fiducia e di impegno fatto in precedenza e le iniziative di associazioni della società civile e di terzo settore che stanno facendo un grande lavoro di supplenza».[iv]

Queste difficoltà si sommano all’elevato tasso di frammentazione sociale che caratterizza la società italiana, come emerso dal Rapporto Istat del 2019 che ha posto l’attenzione sulle conseguenze della crisi che ha investito l’economia italiana. Gli impatti della crisi hanno portato a uno sgretolamento del tessuto sociale, del sistema delle relazioni e delle forme orizzontali di aggregazione. Una ricerca condotta da Eurostat nel 2017 ha tracciato una fotografia quanto mai significativa: il 13,2% degli italiani over 16 non ha una persona alla quale chiedere aiuto; l’11,9% di chi vive in Italia non ha qualcuno con cui parlare dei propri problemi personali. In sostanza, un italiano su otto si sente solo[v]

Non è mai troppo tardi per una strategia di uguaglianza educativa

Diverse istituzioni e realtà educative stanno approfondendo queste tematiche prospettando delle linee d’azione, come il Forum Disuguaglianze e Diversità (Fdd), che nel suo Report dall’emblematico titolo “Per l’uguaglianza in educazione” pone in primo piano «l’urgenza di contribuire a ri-immettere nell’agenda politica del Paese l’uguaglianza effettiva in campo educativo e, dunque, il tema del fallimento formativo di massa in Italia e, insieme, della povertà minorile ed educativa e farne materia di seria e operante riflessione, capace di unire tutte le forze impegnate su questa grande questione nazionale».[vi]

Si tratta sicuramente di dare piena attuazione al principio d’uguaglianza sancito dall’art. 3 della Carta costituzionale e «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana».

Appare evidente che non sia determinante cercare di terminare i programmi scolastici tramite tutti i diversi strumenti adottati in queste settimane, bensì necessario garantire il processo di democratizzazione del sapere, in quanto – ha puntualizzato Luigi Ferrajoli nel suo Manifesto per l’uguaglianza (Laterza 2018) – esiste «un rapporto di interazione tra disuguaglianze e discriminazioni che fa delle une un fattore e un moltiplicatore delle altre». Infatti le indagini empiriche, prosegue Ferrajoli, hanno mostrato che «le disuguaglianze si ereditano, dipendendo dalle differenze di condizioni personali e sociali, dalle opportunità offerte dalle relazioni familiari, in breve dalla nascita ben più che dal merito, ed operano a loro volta come ulteriori fattori di discriminazione e, di nuovo, di disuguaglianze». (81) 

Si torna allora all’origine del problema. Dall’ultimo Rapporto Ocse Education at a glance 2019 è emerso che l’Italia spende circa il 3,6% del suo Pil per l’istruzione dalla scuola primaria all’università, una quota inferiore alla media Ocse del 5% e uno dei livelli più bassi di spesa tra i Paesi dell’Ocse. La spesa è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l’università, eppure l’istruzione rappresenta un fattore essenziale dello sviluppo economico e civile di una nazione. Ne consegue che l’azione strategica del governo, e quindi del Miur, soprattutto in questa fase emergenziale dovrebbe essere incentrata sulla programmazione di nuove politiche educative e sociali che puntino a potenziare i fattori di integrazione al fine di ridurre le eccesive disuguaglianze e relative discriminazioni.


[i] https://www.lafionda.org/2020/04/03/dall-homeschooling-alla-smart-school-tra-trend-educativi-e-rischi-di-esclusione/

[ii] https://comune-info.net/rompere-le-distanze/?fbclid=IwAR0lzDhv4k7hHusW8yAv_G801nLAuVusNu2BpNIkFvIJMwwCpigBEf_j5zY

[iii] S. Minuto, La mia didattica a distanza, 3 aprile 2020.http://www.laricerca.loescher.it/istruzione/2044-la-mia-didattica-a-distanza.html

[iv] https://www.lavoce.info/archives/65449/scuola-e-politiche-per-linfanzia-alla-prova-dellemergenza/

[v] E se domani. Famiglie. Dati, analisi, esperienze per recuperare il presente, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2020, p. 8. https://fondazionefeltrinelli.it/schede/e-se-domani-famiglie/

[vi] https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/per-luguaglianza-in-istruzione/

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