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La gestazione per altri e il pragmatismo della tutela dei minori


4 Giu , 2020|
| Visioni

La chiusura delle frontiere nazionali resasi necessaria per arginare il diffondersi del coronavirus ha riportato al centro del dibattito politico la tanto discussa pratica della gestazione per altri (gpa). Il casus belli è la storia di diversi neonati, nati in Ucraina attraverso la c.d. maternità surrogata, che a causa del confinamento sono bloccati a Kiev in attesa che i loro genitori di intenzione (anche italiani) possano raggiungere la città per prenderli[1]. Ancora una volta, come ogni volta che all’opinione pubblica si propone di affrontare la questione della surrogacy, il dibattito tende a polarizzarsi – gpa assolutamente no/sì; gpa no a scopo di lucro/sì a scopo solidaristico – senza davvero voler comprendere ed affrontare gli interessi in gioco, qui ed ora, in primis quelli dei minori venuti al mondo.

Vi è certamente la consapevolezza che la maternità surrogata – tanto più se a scopo di lucro – impone una seria considerazione sulla mercificazione del corpo e sulla dignità delle donne gestanti[2], ma si ritiene che dalla dignità non possa mai essere scorporata l’autodeterminazione di coloro che decidono di prestarsi a questa pratica, con motivazioni più varie[3]. Il corpo della donna si conferma anche in questa ipotesi un luogo pubblico[4], e come tale rischia di diventare un mezzo più che un fine.

L’ultima volta, non a caso, lo spettro della gpa è stato agitato da fondamentalisti della famiglia tradizionale, e da alcune femministe[5], in sede di discussione della legge Cirinnà sulle unioni civili, con lo scopo politico (raggiunto) di stralciare dal testo la c.d. stepchild adoption e qualsiasi forma di accesso alla filiazione per le coppie omoaffettive. Così sacrificando simbolicamente sull’altare della famiglia tradizionale e dell’eteronormatività tutti i bambini accolti o cresciuti in famiglie arcobaleno, anche se nati “naturalmente” – visto che si è voluto ignorare che la sessualità è fluida e che le persone possono procreare nell’ambito di un rapporto eterosessuale per poi coltivare un’affettività omosessuale[6] – o ricorrendo a procreazione medicalmente assistita eterologa all’estero (pratica diffusa tra le coppie di donne, dato che in diversi Stati è consentita anche alla donna single).

Operazione politica che non solo ha penalizzato le famiglie arcobaleno, ma che ha anche mistificato una realtà di fatto ben diversa, vale a dire che la gpa è pratica cui fanno ricorso perlopiù coppie eterosessuali, come mostra il caso dei bambini di Kiev, dato che la legge ucraina consente l’accesso a questa tecnica solo a coppie eterosessuali e purché almeno uno dei genitori di intenzioni contribuisca biologicamente alla nascita del bambino[7]. Il risultato ad ogni modo è che, piaccia o meno, alcuni dei bambini di Kiev sono figli anche di italiani e darli in adozione – come pare taluni propongano[8] – lederebbe l’identità (altresì biologica) degli stessi minori. Soprattutto a fronte di madri gestanti che, allo stato attuale, non reclamano in alcun modo la maternità dei bambini nati.

Occorre allora prendere sul serio l’invito a discutere laicamente della gpa[9], al di là delle narrazioni ideologiche e delle prese di posizioni moralistiche[10], per comprendere pragmaticamente le questioni in gioco e soprattutto tenendo sempre a mente che, al di là delle scelte che i genitori possono compiere anche in violazione della legge italiana (la legge n. 40/2004), l’interesse primario da salvaguardare dovrebbe rimanere quello del minore nato. Come ricordato più volte dalla nostra Corte costituzionale, infatti, il diritto del figlio al riconoscimento formale di un proprio status filiationis è elemento costitutivo dell’identità personale, protetta, oltre che dagli artt. 7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, anche dall’art. 2 della Costituzione[11].

Rispetto alla tutela del neonato, però, a nulla aiuta il regime giuridico italiano che proibisce la maternità surrogata, i cui accordi sono penalmente sanzionati dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40/2004[12]. Divieto che, sino alla pronuncia 162/2014 della Corte costituzionale, nel nostro ordinamento ha fatto pendant con quello di fecondazione eterologa, del quale è ben noto l’effetto distorto del turismo procreativo che si è prodotto nell’arco dei 10 anni di vigenza della legge 40[13]. Come ogni disciplina giuridica improntata al mero divieto, invero, si è posto, quasi immediatamente, il problema circa gli effetti sulla filiazione degli accordi di surroga materna legalmente conclusi da cittadini italiani (eterosessuali prima che omosessuali) in uno Stato estero che li permette.

Dalla questione della eticità della gpa o da quella – squisitamente giuridica – della nullità o meno dell’accordo di surroga materna vanno distinte le differenti questioni giuridiche dell’attribuzione di paternità e di maternità rispetto ai nati. A questi minori l’ordinamento giuridico deve comunque attribuire dei genitori o almeno un genitore.

Nel caso di bambini nati da gestazione per altri e/o da donazione di gameti, d’altronde, il preminente interesse del figlio nato non confligge mai – semmai coincide sempre – con la scelta autodeterminativa dei genitori intenzionali, tanto più ché almeno uno dei due è anche genitore biologico[14]. Ciò è espresso chiaramente dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 162/2014, ove i giudici affermano esplicitamente che altresì la procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo «mira a favorire la vita» che, in mancanza di tale pratica, non verrebbe in esistenza[15].

Ragioni di certezza del diritto militano, in ogni caso, a favore di una interpretazione maggiormente conforme al best interest of the child, che ricava la norma di attribuzione della responsabilità genitoriale dall’art. 8 della legge 40/2004, secondo cui i nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita – e la gpa lo è a tutti gli effetti – hanno lo status di figli legittimi della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime[16]. Ma in mancanza di una regolamentazione chiara del fenomeno, la questione è lasciata alla sensibilità e al buon senso dei giudici, generalmente attenti alle esigenze concrete dei bambini.

D’altra parte dovrebbe essere un portato della civiltà giuridica occidentale – e non solo – il principio biblico (Dt 24,16 e Ez 18,20) per cui le colpe dei padri (e delle madri) non devono ricadere sui figli, che spesso ne subiscono già il difficile peso psicologico e sociale.


[1] Si veda da ultimo F. Ognibene, Maternità. 60 figli di surrogata parcheggiati a Kiev: l’Ucraina si sveglia. E l’Italia?, in Avvenire, 21 maggio 2020, al link https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/60-figli-di-madri-surrogate-parcheggiati-a-kiev-l-ucraina-ape-gli-occhi-e-l-italia.

[2] D’altra parte, rispetto alle questioni della commodification dei corpi delle donne e dei bambini, una seria critica alla gpa non può che investire l’intera razionalità neoliberale in cui viviamo: cfr. M. Cooper, C. Waldby, Biolavoro globale. Corpi e nuova manodopera, traduzione e cura di A. Balzano, postfazione di C. Flamigni, Roma, 2015.

[3] Come testimonia molto significativamente il libro di S. Marchi, Mio tuo suo loro, Roma, 2017. Rispetto al ruolo della dignità e dell’autodeterminazione nella gpa cfr. A. Schillaci, Il Tribunale Costituzionale portoghese si pronuncia sulla gestazione per altri, in Articolo 29, 25 aprile 2018, al link http://www.articolo29.it/2018/tribunale-costituzionale-portoghese-si-pronuncia-sulla-gestazione-altri/.

[4] B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico, Torino, 1994.

[5] In particolare il gruppo di SeNonOraQuando-Libere, ma vedi C. Lalli, Il no presuntuoso di alcune femministe alla maternità surrogata, in Internazionale, 4 dicembre 2015, al link https://www.internazionale.it/opinione/chiara-lalli/2015/12/04/femministe-maternita-surrogata.

[6] Cfr. M. R. Marella, Dal diritto alla bigenitorialità al ddl Cirinnà: un’incursione nelle strutture profonde del diritto di famiglia, in EuroNomade, 29 marzo 2016, al link http://www.euronomade.info/?p=6982.

[7] Il caso opposto, ossia di coppia eterosessuale che ricorrere a gpa senza contribuire biologicamente, si è concluso con il riconoscimento dello stato di abbandono del minore nato e la conseguente adozione (Cass. civ., sez. I, sent., 11.11.2014, n. 24001, in Foro it., 2014, I, c. 3414 ss., con nota di G. Casaburi). Decisione ritenuta legittima anche dalla Grande Camera della Corte EDU (Paradiso e Campanelli c. Italia, Corte EDU, Grande Sez., 24 gennaio 2017, n. 25358, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 4, p. 495 ss., con commento di L. Lenti). In tale ipotesi, il rispetto della legalità appare – nel ragionamento dei giudici – conforme altresì all’interesse del minore, del quale non viene lesa l’identità (almeno quella genetica).

[8] Cfr. M. Palmieri, Ucraina. Appelli e petizioni per i 46 figli di madre surrogata a Kiev: stop al mercato, in Avvenire, 15 maggio 2020, al link https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/appelli-e-petizioni-per-i-46-figli-di-madre-surrogata-a-kiev-basta-con-quest-mercato; similmente M. Carfagna, La maternità surrogata va messa al bando in tutto il mondo, in Huffington Post, 16 maggio 2020, al link https://www.huffingtonpost.it/entry/i-neonati-di-kiev-ci-obbligano-ad-aprire-gli-occhi_it_5ebff3cdc5b61e8a368f731a.

[9] Vedi M. Cirinnà, Maternità surrogata, proviamo a discuterne?, in Huffington Post, 21 maggio 2020, al link https://www.huffingtonpost.it/entry/gpa-proviamo-a-discuterne_it_5ec62492c5b664529d5e5411.

[10] Non estranee neppure alla stessa Corte costituzionale (vedi Corte cost., 22 novembre 2017, n. 272, in Corr. giur., 2018, 4, p. 446 ss. con nota di G. Ferrando), che in un obiter dictum ha avuto modo di ritenere che la maternità surrogata «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», senza peraltro distinguere fra gpa solidaristica e gpa a scopo di lucro.

[11] Vedi a titolo esemplificativo Corte cost. n. 120/2001; Corte cost. n. 494/2002; Corte cost. n. 31/2012; Corte cost. n. 236/2016.

[12] Ove si punisce il comportamento di chiunque «in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità».

[13] S. Rodotà, Perché laico, Roma-Bari, 2009, in particolare p. 68 ss.; A. Borini, C. Flamigni, Fecondazione e(s)terologa, Roma, 2012.

[14] Il legame genetico col bambino è di certo alla base del ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, che in tal senso nulla hanno a che spartire con l’adozione. Però va osservato che per valorizzare davvero la genitorialità sociale (ex art. 30 Cost.) il nostro legislatore dovrebbe riconsiderare profondamente la legge 184/1983 sull’adozione, la cui rigidità dei requisiti di accesso, improntati all’imitatio naturae, disincentiva molte coppie a farne ricorso, optando per l’adozione internazionale o, in extremis, a forme illegali di gpa all’estero (come nel caso Paradiso-Campanelli c. Italia, qui citata in nota 7). Emerge che tanto l’adozione che la pratica della gpa tendono primariamente a riprodurre e a garantire l’eteronormatività, quale determinata concezione della riproduzione, della sessualità, della genitorialità e della parentela. «L’“artificio”, in altri termini, interviene a dare continuità alla “natura”»: così F. Zappino, Sulla maternità surrogata, in Il lavoro culturale, 10 dicembre 2015, al link https://www.lavoroculturale.org/sulla-maternita-surrogata/.

[15] Cfr. G. Ferrando, Autonomia delle persone e intervento pubblico nella riproduzione assistita. Illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, in Nuova giur. civ. comm., 2014, II, p. 393 ss.

[16] Si veda la giurisprudenza di merito più avanzata, come ad esempio Corte d’Appello di Napoli, sentenza del 4 luglio 2018, al link http://www.articolo29.it/wp-content/uploads/2018/07/Sentenza.pdf. Diffusamente cfr. M. Gattuso, Gestazione per altri: modelli teorici e protezione dei nati in forza dell’articolo 8, legge 40, in www.giudicedonna.it, n. 1/2017, specialmente p. 38 ss.

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