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Da Ovest a Est, intorno al Mare Nostrum si definiscono i blocchi
La Turchia ha da poco annunciato esercitazioni di tiro, della durata di due settimane, nel mare a Nord di Cipro Nord. Codeste fanno séguito a quelle del “fronte avverso”, andate in scena a Est di Creta, cui hanno partecipato Grecia, Francia, Cipro, Emirati e Italia. Per la verità l’Italia si è limitata a mandare un cacciatorpediniere (piccola imbarcazione da guerra molto agile), ma ha anche partecipato a un’esercitazione congiunta con la Turchia, un Passex: manovra di passaggio atta a verificare la capacità di due navi di comunicare tra di loro in caso di bisogno. Cosa da poco certo, ma apparentemente un inspiegabile piede in due staffe se non si tiene conto del contesto.
Si va dicendo che la politica della Farnesina è cambiata, e a ragione. Ne è passata di acqua sotto ai ponti, da quando un giovane e inesperto Di Maio goffamente andava a incontrare il leader dei Gilets Jaunes, mandando su tutte le furie il Presidente Macron. Ora sembra essere consigliato bene sul modo di perseguire certi scopi; così, anche se le apparenze vanno salvate, non vale la pena mettersi contro i vicini turchi per vari motivi.
Anzitutto perché non possiamo abbandonare il campo libico, dove ormai dal 2015 sosteniamo il Governo di Accordo Nazionale presieduto da Hafez Al Sarraj, con i turchi e contro Francia, Russia, Egitto ed Emirati. Sebbene la nostra Costituzione sapientemente impedisca la risoluzione armata dei conflitti – vincolo che dà a Erdoğan un bel vantaggio – l’Italia deve essere presente in virtù dei legami storici che la legano alla sua ex Quarta Sponda, della necessità di controllo dei flussi migratori e del perseguimento degli interessi energetici ed economici (le commesse di Eni e delle molte aziende che ivi operavano).
E sono proprio quelli che ci portano dritti con un salto nel Mediterraneo orientale, dove il gasdotto Eastmed (progetto che chissà se mai andrà in porto!) è sorto anche grazie alla scoperta, a opera di Eni, del giacimento egiziano di gas naturale Zohr. All’Eastmed Gas Forum partecipano Israele, ANP, Giordania, Egitto, Cipro, Grecia, Italia e Francia. Non sarà sfuggito che gli assenti sono due, entrambi di recente al centro delle cronache per diversi motivi: Turchia e Libano. Questa consapevole marginalizzazione ha portato la Sublime Porta a stipulare il noto accordo del novembre scorso con Tripoli per la definizione delle Zone Economiche Esclusive, dividendo di fatto il Mediterraneo in due e innervosendo Atene.
Il nodo è che i greci rivendicano come propria una ZEE che si estenda dal continente fino alle isole del Dodecaneso, proprio sotto il naso dei turchi, i quali invece sono restii a riconoscere loro una piattaforma continentale che in molti casi si sovrapporrebbe a quella anatolica. Così Ankara ha pensato bene di mettersi a fare indagini per la ricerca di idrocarburi non solo a largo di Cipro (contesa da decenni) ma anche a Castelrosso, isola greca di pochi chilometri quadrati di estensione e distante appena un paio dalla costa dell’Asia minore. Solo l’intermediazione di Frau Merkel ha fatto desistere Erdoğan temporaneamente da tali propositi, mentre sia i greci sia anche i francesi erano già sul “piede di guerra”.
Gli altri incidenti che hanno segnato l’inasprirsi degli animi ellenici sono stati dapprima lo sconfinamento in Tracia di circa 1,6 ettari di terra greca e poi lo scorso 12 agosto la collisione tra due navi, pare nel tentativo di fermare le esplorazioni turche, stavolta a Est di Rodi – anche questa molto prossima alla costa asiatica. Parigi invece si è legata al dito l’incidente marino – negato dalla controparte – avvenuto lo scorso giugno, quando una nave turca ne avrebbe minacciata una francese impegnata nella missione Irini, che ha il mandato di controllare il rispetto dell’embargo di armi alla Libia.
Se dopo la mediazione tedesca è sembrato esserci un momento di distensione, poco dopo la Grecia ha stretto un accordo con l’Egitto per la definizione delle rispettive ZEE che sconfessava quello turco-libico dell’anno prima. Questo ha avuto l’effetto di far ripartire le esplorazioni turche e ha portato alle diverse esercitazioni navali di cui dicevamo. La Turchia, che non è mai stata una nazione marinara, vuole avere ora un proprio mare secondo una strategia di potenza definita la Patria Blu (Mavi Vatan); e dal mare deriva anche la sovranità energetica.
Questo ci riporta all’Italia, che conta molto sul gas del Levante e sul petrolio libico, e che non potrebbe permettersi di non sfruttare anche il Turkstream, infrastruttura che porterebbe il gas alla Penisola attraverso la Turchia e i Balcani. Soprattutto nel caso in cui Eastmed non dovesse decollare è importante contare sul gas dei turchi, che proprio pochi giorni orsono hanno annunciato la scoperta di un enorme giacimento (circa 320 miliardi di metri cubi) nel Mar Nero. L’Anatolia è inoltre uno passaggio importante della Nuova Via della Seta, cui l’Italia aderisce con gli snodi del porto di Taranto e quello di Trieste.
Per tutti questi motivi è bene che la Farnesina non si sia accodata al gioco dei francesi, che puntano invece a sottrarre il Vicino Oriente all’emergente egemonia neo-ottomana. Ha questo significato la doppia visita del Presidente Macron in Libano – ex protettorato francese come anche la Siria – per il quale è importante che la ricostruzione e la stabilità politica non siano patrocinate da Ankara, magari ottenendo anche di vincere le resistenze israeliane e far entrare il Paese dei Cedri nel partenariato del gas naturale.
Lo stesso Macron, dopo essersi congratulato per il risultato molto controverso del discusso accordo di pace tra Israele ed Emirati, ha poi sùbito chiamato per rassicurarlo il Presidente dell’Autorità Palestinese Abbas, specificando che la Francia sostiene la soluzione a due Stati e respinge il piano di annessione. Ѐ un fatto del resto che proprio Erdoğan si sia esposto, più di qualunque Paese arabo, nella condanna del piano di annessione della Cisgiordania e che per la riconversione di Santa Sofia in moschea – che ha fatto infuriare i greci e ha lasciato di stucco tutto il mondo cristiano – abbia ricevuto in cambio il gradimento del Presidente Abbas. Poco dopo la medesima sorte è toccata a San Salvatore in Chora.
Non è solo la proiezione politica, marina o terrestre che sia, che interessa ad Ankara. L’era dello Stato secolare per i turchi è finita da tempo e adesso la Sublime Porta sembra voler riacquistare il ruolo di primato tra i musulmani che aveva quando il Sultano era anche il Califfo.
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