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La fraternità sociale e politica come mezzo di cambiamento del mondo. L’ultima enciclica di Papa Francesco


6 Ott , 2020|
| Visioni

In questo tempo di mezzo tra novecento e il nuovo mondo che verrà, in cui tecnicismo imperante ed egoismi individualistici come di gruppo scuotono la nostra epoca, Papa Francesco non rinuncia a continuare a tracciare un sentiero di pensiero e pratica intrisa di umanità, saggezza, profonda riflessione, sincera preoccupazione per l’umanità ma anche speranza. La nuova enciclica “Fratelli Tutti”, anch’essa di ispirazione francescana come già era stata la precedente bellissima “Laudato Sì”, coglie da subito e con chiarezza i drammi, le contraddizioni, i problemi irrisolti di questo mondo, dalle guerre alla pena di morte, dal traffico di organi alle mafie, dal commercio di armi al pericolo dell’atomica, dalle povertà al razzismo e così via; ma coglie anche le aspirazioni di speranza e rinascita di tanti, come quelle dei migranti, anziani, popoli vittime delle guerre, delle minoranze.

Questa enciclica, in linea con la dottrina sociale cattolica ha nel contempo, come nota lo storico della Chiesa Andrea Riccardi, un suo taglio innovativo. Entra nel merito di una serie di questioni del nostro tempo anche di carattere politico e non solo sociale.

In contrasto all’affermazione dell’antipolitica, Francesco dimostra di avere un’alta considerazione della politica e scrive che, quella migliore, rappresenta “una delle forme più preziose della carità perché si pone al servizio del bene comune e conosce l’importanza del popolo, inteso come categoria aperta, disponibile al confronto e al dialogo”. Inoltre, ricorda che tale politica è anche quella che tutela il lavoro, “dimensione irrinunciabile della vita sociale” e cerca di assicurare a tutti la possibilità di sviluppare le proprie capacità. Nello stesso tempo, però, sottolinea come la politica degeneri in “insano populismo quando si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere” e che “altre volte mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione”. Insomma, qui il Papa, insieme alla Politica, recupera la centralità di concetto di Popolo, vincolandolo ad una aspirazione solidaristica; contestualmente, contrappone il concetto di Nazione al “chiuso e violento” nazionalismo.

Come la prima delle encicliche sociali della Chiesa, la “Rerum Novarum” di fine ottocento, che individuava una c.d. terza via tra il socialismo ed il liberalismo, la “Fratelli Tutti” individua anch’essa la grande contrapposizione politica odierna individuata nel neoliberismo, da un lato, e populismo dall’altro. Essa indica una sua originaria “via di uscita”, senza, però, dare l’impressione della ricerca di una difficile equidistanza, ma non avendo, al contempo, timore di far precise scelte di campo. A riguardo, sul neoliberismo sottolinea che “il mercato non può risolvere tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale”, ricorda inoltre che “la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”. Sul populismo, invece, Bergoglio dimostra di avere una visione più razionale e “laica” sulla questione, a differenza del dibattito imperante odierno, precisando che “negli ultimi anni l’espressione ‘populismo’ o ‘populista’ ha invaso i mezzi di comunicazione e il linguaggio in generale”. “Così essa perde il valore che potrebbe possedere e diventa una delle polarità della società divisa. Ciò è arrivato al punto di pretendere di classificare tutte le persone, i gruppi, le società e i governi a partire da una divisione binaria: ‘populista’ o ‘non populista’. Ormai non è possibile che qualcuno si esprima su qualsiasi tema senza che tentino di classificarlo in uno di questi due poli, o per screditarlo ingiustamente o per esaltarlo in maniera esagerata. Poi continua, dando l’impressione di rivolgersi alle esperienze, in particolare, latino-americane, osservando che, dal un lato, “ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società. Il servizio che prestano, aggregando e guidando, può essere la base per un progetto duraturo di trasformazione e di crescita, che implica anche la capacità di cedere il posto ad altri nella ricerca del bene comune”. Dall’altra, vi è l'”espressione degenerata di un’autorità popolare” che ricerca “dell’interesse immediato. Si risponde a esigenze popolari allo scopo di garantirsi voti o appoggio, ma senza progredire in un impegno arduo e costante che offra alle persone le risorse per il loro sviluppo, per poter sostenere la vita con i loro sforzi e la loro creatività. In questo senso ho affermato con chiarezza che è lungi da me il proporre un populismo irresponsabile. Da una parte, il superamento dell’inequità richiede di sviluppare l’economia, facendo fruttare le potenzialità di ogni regione e assicurando così un’equità sostenibile”.

Tuttavia, l’enciclica, ricollegandosi fortemente alle precedenti e, specie alla “Laudato Sì”, richiama alla responsabilità di ogni singola persona, perché il cambiamento parte da quello di ciascuno quale corresponsabile di quello che gli accade intorno; qui si parla di “amicizia sociale”. Così, il Papa lancia la globalizzazione della fraternità, ritenendoci tutti connessi gli uni con gli altri ed, affrontando la riflessione sull’attuale pandemia, afferma che “se tutto è connesso, è difficile pensare che questo disastro mondiale non sia in rapporto con il nostro modo di porci rispetto alla realtà, pretendendo di essere padroni assoluti della propria vita e di tutto ciò che esiste”. Inoltre, Francesco parla di “miracolo della gentilezza”, un’attitudine da recuperare perché è “una stella nell’oscurità” e una “liberazione dalla crudeltà, dall’ansietà e dall’urgenza distratta” che prevalgono in epoca contemporanea. Una persona gentile, scrive Francesco, crea una sana convivenza”.

In definitiva, per la Enciclica non ci si salva da soli e la solidarietà con gli ultimi, chiunque essi siano, la fratellanza e la gentilezza con tutti, lungi dal poter essere ridotte a mero sentimentalismo o “buonismo”, sono, al contrario, piuttosto “intese come un modo di fare la Storia”. Francesco scrive che “se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasie. Ma se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal solo fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, è possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace”.

Insomma, in quest’epoca di visioni corte e, sostanzialmente rassegnate, nell’enciclica vi si trova un approccio umano e saggio, con uno sguardo ampio sull’intera umanità che, come un’arca di Noè, ci invita a salvarci e a salvare tutti in vista di un agognato mondo più giusto.

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