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La condizione di “gettatezza” dell’aspirante supplente


22 Ott , 2020|
| Visioni

La scorsa primavera, dopo l’annuncio del blocco delle graduatorie di istituto per le supplenze fino al 2021, la Ministra Azzolina, con una goffa piroetta, ne ha poi comunicato l’imminente riapertura. Il Ministero ha perciò tempestivamente digitalizzato le procedure, e dal 22 luglio fino al 6 agosto ha attivato le iscrizioni. Delle conseguenze della tempestività si sono accorti molto bene gli aspiranti supplenti, i quali, al momento tanto atteso, si sono trovati di fronte al collasso del sistema (oltre 800.000, secondo i dati del MIUR, le connessioni durante questa finestra), quindi davanti all’impossibilità per interi giorni di accedere alle procedure. Il caos legato all’assegnazione dei punteggi, invece, è un fatto di cronaca più recente.   

A seguito del maldestro aggiornamento esistono adesso due diverse tipologie di elenchi da cui poter pescare nel mare magnum del precariato scolastico: le graduatorie provinciali per le supplenze (GPS), divise in due fasce e valide per le supplenze annuali, e le graduatorie di istituto, divise in tre fasce e utilizzate per le supplenze brevi. Il numero complessivo di domande pervenute entro i termini di scadenza, stando ai dati del MIUR, si aggira intorno al milione (753.750)[i]

Pronti, via. Con la ripresa della scuola si parte con il valzer delle convocazioni. Tremenda danza in cui l’aspirante supplente, posto all’estremità di un’immaginaria sala da ballo, aspetta il momento in cui la Provvidenza gli porga la sua mano invitandolo all’attesissimo balletto. Eppure, rimanendo nell’orizzonte della metafora, la figura dell’aspirante supplente appare oggi terribilmente più vicina a quella del topo che non a quella del raffinato ballerino.

Come il topo tra le zampe del gatto, l’aspirante supplente è stuzzicato, punzecchiato, vessato da uno Stato che pare divertirsi a giocare sulla sua pelle, e che si mostra sordo a qualsiasi richiesta di rispetto professionale. Schiacciato all’interno di elenchi infinitamente lunghi e ingolfati, infatti, egli vive la miserabile condizione di chi è costretto a rosicchiare qualche oretta di supplenza nella speranza di racimolare qualche ridicolo punticino.

 E il “Concorsone”? Certo, il Concorsone. Anche qui però, forse, è utile fornire qualche dato. Limitiamoci a prendere in considerazione soltanto pochi elementi relativi al concorso ordinario per la scuola secondaria di I e II grado. Questi i numeri: 33.000 posti disponibili per un totale di quasi mezzo milione di partecipanti (430.585). Dall’analisi dei dati salta subito all’occhio il sistematico attacco contro le discipline umanistiche: per la classe di concorso A019 (filosofia e storia), ad esempio, il numero totale di posti disponibili in tutto il territorio nazionale è di appena 200 unità; mentre per la classe A013 (discipline letterarie, latino e greco) è addirittura di 78 il numero di cattedre complessivo messe in palio[ii]. A ciò si aggiunga che il processo di selezione non avviene su scala nazionale; si concorre soltanto per singole regioni, per cui i numeri reali da considerare in relazione ai posti disponibili non sono quelli nazionali testé forniti, ma quelli regionali – che, com’è ovvio, sono sensibilmente più bassi.     

A questi numeri occorre fare una piccola chiosa. In primo luogo, ad oggi non si conoscono le date del concorso ordinario: allo stato attuale, dunque, mezzo milione di persone si ritrovano iscritte ad un concorso di cui ignorano il periodo di svolgimento. Ciò che implica senz’altro importanti incidenze sulla gestione e l’organizzazione dello studio finalizzato alla prova. In secondo luogo, incombe in maniera duplice il fattore Covid-19. Non soltanto, infatti, si è scelto di bandire un concorso per mezzo milione di persone in piena fase di emergenza epidemica (fanno sorridere, a questo punto, le reiterate restrizioni sugli assembramenti), ma bisogna anche considerare il ventaglio di possibilità che verosimilmente, durante un’epidemia, si prospetta per una buona parte dei candidati. In base ai vigenti protocolli sanitari, tutti coloro che al momento del concorso saranno affetti da Covid-19, coloro che si troveranno in stato di quarantena preventiva perché venuti a contatto con persone contagiate, e coloro che saranno colpiti da febbre dovuta a influenza stagionale, non potranno prendere parte alla prova. Impotenti, costoro si vedranno semplicemente esclusi apriori; magari dopo anni di attesa e lunghi mesi di studio.   

Insomma, per l’aspirante supplente che ambisca ad una cattedra è forse più saggio, per il momento, tornare a sperare nelle liste. Egli dovrà però scalare montagne vertiginose che rigurgitano agonismo e antagonismo da ogni parte (meglio note appunto col nome di graduatorie provinciali o d’istituto), e soltanto quando primeggerà sui colleghi nella oscena, darwiniana lotta all’ultimo CFU, potrà occupare la sua porzioncina di cattedra, riempire “a tempo determinato” un buchetto di qualche ora e settimana. In questo senso, l’aspirante supplente sembra rappresentare la vera sintesi del nuovo modello educativo propinato dal Ministero dell’Istruzione: il professore usa-e-getta.

Ma qui siamo già nel fortunato (si fa per dire!) universo dei Salvati. Dietro di loro c’è la massa dei Sommersi, anonimi numeri giudicati non abbastanza titolati per ricoprire il non-ruolo. Sbattuti nel fondo delle liste, essi sono archiviati dalla burocrazia e da sé stessi. Più in generale, la situazione nella quale versa il tipo-umano (o il tipo-topo) dell’aspirante supplente, al di là della manifesta mortificazione professionale, è particolarmente destabilizzante.

Nell’attesa della messianica “chiamata”, infatti, egli si trova all’interno di un circolo vizioso straordinariamente problematico. È bene cominciare a comprendere, anzitutto, che per l’aspirante supplente lo studio è un’attività seria e costante (non solo in vista dei pubblicizzatissimi “concorsoni”). Accanto a tale attività, tuttavia, l’aspirante supplente deve di necessità, com’è evidente, trovare un’occupazione lavorativa. E qui sorgono i guai. Non certo per motivi di refrattarietà al lavoro, ma perché è qui che comincia il circolo vizioso in cui l’aspirante supplente è avviluppato suo malgrado; ed è qui che si produce la sua scissione identitaria.

Sottoposto all’obbligo di fatto di rispondere ad ogni convocazione dalle graduatorie – una mancata risposta, infatti, è interpretata come rinuncia e punibile con le opportune sanzioni – la risposta dell’aspirante supplente può orientarsi positivamente o negativamente. Dopodiché, sulla base di tali acquisizioni da parte degli istituti scolastici, comincia il valzer di cui si già è detto.

Ecco però il nodo. Nel meraviglioso mondo del lavoro flessibile, quando l’aspirante supplente conferma la propria disponibilità, da un lato, come sappiamo, egli si mette in attesa della famosa mano della Provvidenza; dall’altro, se finalmente questa mano sarà tanto clemente da concedergli il proprio giro di valzer, egli dovrà immediatamente lasciare il suo impiego (lavori e lavoretti di vario tipo, tirocini, stage e quant’altro) e precipitarsi a rosicchiare il suo piccolo pezzettino di premio a scadenza. Nel caso in cui, invece, l’aspirante supplente comunicasse una risposta negativa perché, poniamo, impegnato in altre attività di lavoro appena più rassicuranti delle porzioncine di ore e di tempo messe a disposizione, egli, così facendo, non si mette neanche nelle condizioni di incrementare il suo punteggio in graduatoria. Con buona pace della Provvidenza.

Insomma, l’aspirante supplente si trova nella paradossale condizione per cui, ove scegliesse con incosciente e folle coraggio di seguire la propria “vocazione” – perché di questo di tratta! –, egli deve tenersi professionalmente libero e costantemente reperibile; pronto a prendere servizio in qualunque momento e con pochissimo preavviso. Egli non deve allontanarsi dalla provincia di competenza, non può ammalarsi, non può distrarsi né perdersi una mail o una chiamata. 

Eccola, dunque, la condizione esistenziale in cui l’aspirante supplente è gettato: egli è teso, con le sue misere e indocilite zampette, tra la scuola e il mondo; tra la fiamma dell’insegnamento e la necessità della nuda sopravvivenza. Si capisce quali sono i contraccolpi emotivi e psicologici prodotti da una tale condizione, segnatamente se si guarda a coloro che più sopra abbiamo chiamato i Sommersi. Rapidi nella risposta alle convocazioni, poi attaccati morbosamente al telefono nell’attesa spasmodica di una chiamata che puntualmente non arriva, a costoro non resta che contemplare il proprio ulteriore fallimento, e cominciare perciò a rodere sé stessi.    


[i] Cfr.: https://www.miur.gov.it/web/guest/-/scuola-graduatorie-per-le-supplenze-753-750-le-domande-di-inserimento-pervenute-alla-chiusura-dei-termini-oltre-104mila-quelle-per-la-lombardia-seguon

[ii] È possibile consultare la tabella di ripartizione dei posti relativi a tutte le classi di concorso dal seguente indirizzo: https://www.orizzontescuola.it/concorso-ordinario-scuola-secondaria-la-tabella-di-ripartizione-dei-33-000-posti-per-classi-di-concorso-e-regione/

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