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La dittatura democratica


3 Nov , 2020|
| Visioni

Una riflessione sul ruolo della libertà, del benessere e dell’omologazione nella società dei consumi, tra il Mondo Nuovo di Huxley e alcuni pensieri di Pier Paolo Pasolini

Corre l’anno 1931, Aldous Huxley pubblica Mondo Nuovo1, un romanzo fantascientifico che si può definire come un’opera narrativa dalla sorprendentemente calzante visione futuristica e, soprattutto, dal grande spessore antropologico e filosofico. Come tutte le opere del genere, infatti, fornisce da una parte lo spunto per una sincera riflessione sullo stato della società contemporanea e dall’altra, grazie agli espedienti letterari dell’utopia-distopia, l’occasione per proiettare nel futuro le caratteristiche migliori e peggiori di quella società, andando a tracciare inevitabilmente un quadro esistenzialista della condizione umana.


L’originalità del pensiero di Huxley, ragione dell’interesse che la sua opera suscita ai nostri occhi, sta nella sua rappresentazione di uno Stato totalitario pacifico e liberale ed è forse dovuta ad una coincidenza storica. Il mondo del 1931, infatti, non aveva ancora avuto il tempo di osservare l’architettura sociale delle due più grandi dittature del Novecento. Le “grandi purghe” sovietiche non erano cominciate e Stalin aveva da poco iniziato definitivamente il suo processo di attuazione del “socialismo in un solo Paese”, annientando l’opposizione attraverso l’esilio di Trotskij nel 1929. Hitler, dalla sua parte, era un preoccupante, ma ancora ascendente politico che avrebbe preso il potere solo nel 1933. Differentemente, le esperienze storiche del nazifascismo e del comunismo costituiscono la principale fonte di ispirazione di George Orwell che, con 19842 del 1948, definisce il totalitarismo nell’immaginario collettivo fantascientifico come violento e repressivo, creando un precedente con cui tutti i successori dovranno misurarsi. Tra questi vi è lo stesso Huxley che, in piena Guerra Fredda tra il democratico Occidente e la dittatura sovietica, nel 1958 pubblica Ritorno al Mondo Nuovo3, un saggio in cui compie una lucidissima analisi sociale a partire dalle diversità tra i due romanzi. Come ha modo di constatare egli stesso, l’assenza di un accento sull’opprimente brutalità della dittatura totalitaria si rivela invece una sorprendente occasione involontaria, cogliendo la quale Huxley anticipa acutamente le più profonde caratteristiche del sistema sociale, economico e politico occidentale che ci troviamo a vivere anche settantadue anni dopo.

Nel romanzo di Orwell, il mondo è diviso in tre grandi potenze totalitarie, perennemente impegnate in una guerra reciproca. Proprio attraverso questo continuo stato emergenziale, i governatori delle varie regioni riescono ad esercitare il controllo della popolazione, spingendola a continui sacrifici contro un nemico comune per una causa comune, debitamente abbellita dal revisionismo storico operato dal Ministero della Verità. “All’infuori del lavoro tutto era vietato, camminare per strada, distrarsi, cantare, ballare, riunirsi…”. Con questa descrizione (curiosamente citata di recente sui social network con riferimento all’ultimo DPCM del Governo Conte) siamo di fronte ad un mondo in cui i cittadini sono costretti a una continua rinuncia alla sfera edonistica e quindi, in più di un senso, alla propria personalità, posta sotto lo strettissimo controllo forzato del Grande Fratello.

Il Mondo Nuovo, al contrario, è caratterizzato dalla pace tra le varie potenze geopolitiche. Grazie all’avanzatissimo progresso scientifico e tecnologico, è possibile intervenire biologicamente sugli embrioni tarando le caratteristiche psico-somatiche dell’essere umano che sarà in vista della sua funzione ed impedendo la degenerazione fisica della vecchiaia. In base ad una rigorosa divisione dei compiti sociali, questa “predestinazione” definisce una gerarchia sociale (Alfa, Beta, Gamma, …)  in cui ogni uomo è una cellula di un grande organismo, ogni individuo è indispensabile. Assieme a questa consapevolezza, ognuno ha, fuori dall’orario di lavoro, pieno accesso a qualsiasi tipo di piacere: le attività sessuali, sportive, ricreative in generale sono promosse ad ogni età. Dal momento che è possibile gestire sinteticamente le nascite, è stata abolita l’entità familiare e tutti i cittadini sono fratelli e sorelle all’interno della comunità, svincolati da qualsiasi responsabilità che non sia produttiva. È estremamente importante per il mantenimento dell’ordine sociale che non ci sia alcun “freno consapevole degli istinti”, in quanto la repressione ed il contenimento generano frustrazione e rabbia. Qualsiasi altra limitazione funzionale al controllo da parte dello Stato, come quella all’emancipazione culturale degli individui, è operata in partenza, in modo da non rappresentare in alcun modo una rinuncia consapevole: i cittadini crescono in un mondo in cui non esistono libri, documentari; non esiste l’arte in generale. In questo universo di deresponsabilizzata fruizione edonistica, ogni uomo è simile a tutti gli altri e abdica con voluttà a qualsiasi tipo di espressione della propria personalità per seguire placidamente i canali disegnati dai dirigenti.

Tra una trovata e l’altra, il punto chiave dell’opera di Huxley è dunque sottolineare che l’umanità è, o perlomeno crede di essere, felice e soddisfatta. Nel punto più alto del romanzo, il dialogo tra il Selvaggio, un uomo Beta cresciuto per un incidente in una tribù non evoluta, e il governatore di Londra-Utopia Mustafà Mond, gli uomini vengono definiti “una popolazione di schiavi che non devono essere costretti ad esserlo con la forza perché amano la loro schiavitù”. Si delinea un concetto chiave, ossia quello per cui il controllo è esercitato in modo estremamente efficace se chi viene controllato ha l’illusione di essere felice. Se chi è in schiavitù ha accesso ad abbastanza distrazioni da potersi considerare libero. La questione è sottile: viene adoperato a priori un restringimento nel campo delle possibilità di accesso (per esempio, ai libri) e si va quindi a ridefinire l’immaginario collettivo dei desideri e delle aspirazioni, indirizzandoli lungo canali predefiniti; allo stesso tempo, tutte le attività consentite sono fortemente incentivate e l’accesso a queste è praticamente illimitato. Si genera un paradosso, ma nell’inconsapevolezza dei cittadini che non devono rinunciare a nulla. Ognuno ha il suo posto ed è concentrato su quello che deve fare, ossia, nei fatti, schiavo di una efficientissima produttività. Ma quello che si deve fare è reso “così gradevole, un tal numero d’impulsi naturali sono lasciati liberi di sfogarsi che veramente non ci sono tentazioni alle quali resistere”.

Alla luce di queste poche righe, possiamo affermare che il mondo attuale presenta alcune fondamentali caratteristiche dell’universo immaginato da Huxley. Partendo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e passando per il cruciale punto della caduta dell’Unione Sovietica, il globo ha più o meno ovunque subito l’esportazione del modello sociale ed economico consumistico di matrice statunitense, accompagnato da un tasso di crescita della popolazione mondiale senza precedenti, delineando la nascita della società consumistica di massa. La forza propulsiva dell’eccezionale diffusione del consumismo è sempre stata generata dalla natura democratica degli apparati amministrativi annessi e dalla conseguente retorica liberale. Sul piano della propaganda, dal seducente stile di vita che si può condurre grazie a questo modello sociale, in totale contrapposizione con le dittature passate e quelle contemporanee (finché presenti), che rappresentano il vero nemico da sconfiggere in nome della libertà.

Nulla togliendo al valore della sconfitta delle dittature, qual è il vero significato di questa libertà?

La dittatura democratica

Il punto cardine del capitalismo nella sua origine storica è portare il benessere al numero più grande possibile di persone. Il punto cardine del capitalismo nella società consumistica di massa è diventato creare e vendere il benessere per il numero più grande possibile di persone. Se quindi l’intento originario del capitalismo, e anche una parte dei suoi effetti, consiste in un miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo medio, in una popolazione di 7.8 miliardi di persone questo risvolto presenta le sue contraddizioni e criticità. La libertà stessa di trarre profitti da così tante persone a proprio piacimento ha permesso di sviluppare un sistema produttivo folle, con un’offerta sempre più senza limiti di quantità e ben oltre il limite del superfluo in termini di varietà. Un sistema che genera una domanda irrazionale e insostenibile per il pianeta per i più disparati beni materiali, spesso e volentieri inessenziali alla vita dell’uomo. Abbiamo infatti la necessità di cambiare l’automobile al ritmo con il quale vengono prodotti nuovi modelli? O forse abbiamo la necessità di avere appena possibile il nuovo smartphone4? O ancora, forse abbiamo la necessità di comprare ogni stagione dei capi d’abbigliamento nuovi? Eppure abbiamo la libertà di avere queste necessità, e questo basta. Il desiderio di soddisfarle viene instillato da un’attività di propaganda pubblicitaria calibrata alla perfezione su due delle principali debolezze dell’umanità, la vanità e la pigrizia. Ma quello che forse conta più in assoluto è la possibilità di soddisfarle. “La civiltà industriale è possibile solamente quando non ci sia rinuncia. Concedersi tutto sino ai limiti estremi dell’igiene e delle leggi economiche. Altrimenti le ruote cessano di girare.”, spiega Mustafa Mond al Selvaggio. Se nel Mondo Nuovo massima attenzione è quindi posta nell’evitare che l’uomo subisca coscientemente delle privazioni, nel mondo reale la produzione di massa adempie sottilmente allo stesso ruolo: si creano beni di consumo a prezzi bassissimi e accessibili praticamente a tutti, al punto nessun essere umano deve effettuare una rinuncia, trovandosi sprovvisto di un nuovo oggetto del desiderio da acquistare. Ecco quindi che il ruolo principale dei sovrabbondanti beni materiali superflui è quello di soddisfarci, di sentirci appagati di noi stessi nel pieno espletamento delle nostre funzioni sociali e ormai esistenziali: acquistare e, quindi, possedere.

Sotto questo punto di vista, il sistema democratico occidentale, principale responsabile delle derive consumistiche del libero mercato capitalista, appare ben diverso dall’essere puramente e semplicemente portatore di libertà nel mondo. Come scrive Huxley, “gli istituti democratici funzionano solamente se tutti fanno del loro meglio per diffondere il sapere e incoraggiare l’uso della ragione.” Invece, sulla stragrande maggioranza dei canali mediatici globali assistiamo alla promozione (e in saldo!) di un’assuefazione culturale a tutti i livelli e la distrazione dal ragionamento critico, allontanando gli occhi e le menti dalle dinamiche più complesse ed articolate che governano le sorti globali. Non controllata dall’esercizio della ragione, quella che Huxley definisce “propaganda irrazionale” genera un “flusso continuo di distrazioni” che minaccia di far affogare la maggior parte dell’umanità in un “oceano di fatuità”. Proprio quella maggior parte che, chiudendo il paradosso, ha il peso più importante in un sistema democratico. L’individuo, assieme alla sua emancipazione, dall’essere il pilastro teorico dell’ideologia, si ritrova ad essere una vite fondamentale per il funzionamento dell’ingranaggio a livello assoluto, ma, allo stesso tempo, relativamente innocua per la tenuta della struttura complessiva: una vite che, in serie, è uguale a tutte le miliardi di altre.
Questo processo di omologazione è fortemente funzionale alle logiche del consumo, di per sé caratterizzato da impersonalità, riproducibilità, assenza di un colore politico. L’uniformità sociale e culturale risultante è contagiosa, pervasiva, capillare. Scrive Huxley, riprendendo il contemporaneo Clyde Miller: “ i dittatori e gli aspiranti tali hanno pensato per anni alla possibilità di condizionare un milione, dieci milioni di bambini, i quali diventeranno adulti addestrati a comprare i vostri prodotti, come i soldati, che sono addestrati a muoversi al comando avanti, marsh!”. Non facendo leva sulla repressione, sulla violenza e sulla privazione, anzi proclamandosi foriera di libertà, la società dei consumi ha ottenuto gli stessi obiettivi che si prefiggevano le dittature, ma con un’efficacia estremamente maggiore : una popolazione uniformata, controllata, appagata e per questo dedita, senza troppi intralci, alle attività produttive. Richiamando l’inusitata intelligenza di Pier Paolo Pasolini, e generalizzando il discorso che lui propone relativamente al fascismo in Italia5,6, si può dire che, laddove la dittatura ha dominato in superficie senza in realtà riuscire a scalfire, il consumismo ha profondamente cambiato usi e costumi della popolazione.

Pigramente appoggiata sulla tecnologia e sul progresso, acriticamente inserita in un contesto universale globalizzato che si fa sempre più uniforme, l’umanità risulta una efficiente massa di consumatori. Contenta e soddisfatta di esserlo, come gli abitanti “schiavi” del Mondo Nuovo. Con uno straordinario vaticinio visionario, Huxley arriva a predire come, nel mondo del futuro (il nostro) esasperato dalla sovrappopolazione e dalla difficoltà di accesso alle risorse, “le democrazie muteranno natura; le antiche forme, ormai strane, rimarranno; elezioni, Parlamento, Corti Supreme, ecc… Ma la sostanza dietro di esse, sarà un nuovo tipo di totalitarismo non violento”. Un nuovo impero impersonale, abile, subdolo ed apolitico: l’impero totalitario dell’omologazione consumistica globale.

Bibliografia

[1] Huxley, A., 1931, New Brave World, ed. italiana Oscar Moderni Mondadori, 2016

[2] Orwell,G. , 1931, New Brave World, ed. italiana Oscar Moderni Mondadori, 2016

[3] Huxley, A., 1958, New Brave World Revisited, ed. italiana Oscar Moderni Mondadori, 2016

[4] Apple: analista, in 24 ore ordinati 2 milioni di iPhone 12, ANSA.it 19/10/2020

[5] Pasolini, P.P. , 1975, Articolo delle lucciole, Corriere della Sera

[6] Pasolini intervistato sul lungomare di Sabaudia, archivio RAI 1974

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