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PIIGS 2020: la rivincita dei «maiali»
Nel peggior autunno della storia recente, mentre i paesi europei sprofondano uno dopo l’altro in un peggioramento della situaziona sanitaria (e di un conseguente, prevedibile, nuovo abisso economico) esce un libro che condensa una delle maggiori speranze prodotte negli ultimi dieci anni. Prima un documentario, ora un libro : PIIGS.
In seguito alla crisi economica che dagli USA si è spostata in Europa fra il 2008-2010 l’austerità è diventata una sorta di ortodossia dominante negli ambiti di potere, soprattuto nelle alte sfere della Unione Europea. Il progetto della Ue che aveva avuto per i vent’anni precedenti un deciso sostegno nel mondo cosiddetto « progressista » (salvo nella sinistra radicale, che però non ha mai individuato delle alternazione istituzionali con sicurezza) e una tollerante acquiescenza da quello liberalconservatore ha mostrato in quel tornante tutto il suo volto arcigno, suscitanto una opposizione radicale da tanti ambiti differenti.
Uno dei fenomeni più curiosi è stata la divulgazione a livello di massa di principi di macroeconomia, che da scienza astrusa riservata a pochi iniziati è diventata oggetto di dibattiti, discussioni, polemiche da social, blog, gruppi di autoformazione e di iniziative di divulgazione ; i termini di tale disciplina (la bilancio commerciale, l’inflazione, il rapporto debito/PIL, ecc.) fanno capolino nelle discussioni fra amici e nei bar.
Questo sforzo collettivo ha creato una area politica trasversale, non ampia ma molto battagliera, incentrata sulla critica radicale della Ue e sulla importanza delle politiche monetarie ; una nuova importanza dello Stato come agente di sviluppo e benessere. Tale area, frammentata in molti gruppi, non è riuscita a trovare una forma organizzativa unitaria, ma ha avuto una influenza indiretta nel porre dei temi all’agenda militante.
Il più brillante sforzo divulgativo che emerge da tale consapevolezza è con tutta probabilità il documentario PIIGS del 2017 realizzato dagli autori Adriano Cutraro, Federico Greco, Mirko Melchiorre, che adesso sbarca nelle librerie in forma di libro.
L’acronimo allude in maniera dispregiativa (pigs significa « maiali »)ai paesi della periferia europea : Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna, ed il contesto è la stretta austeritaria guidata da BCE, Commissione e Germania (alleati annessi). Il documentario segue uno schema di alternanza fra l’analisi macroeconomica di cui si è fatto cenno e i risvolti nel locale, in particolare per la cooperativa Il Pungiglione di Monterotondo (Roma). Una realtà che ha sollevato tante persone disagiate ridando loro un ruolo sociale e che ha vissuto anni drammatici, in cui la retribuzione per il loro lavoro è stata tanto ritardata dai tagli inflitti agli enti locali. Spesso le critiche all’assetto attuale peccano di astrattezza, dimenticando di indicare che dietro le cifre dei bilanci pubblici e dell’economia ci sono le persone nella loro fragilità che pagano il prezzo di politiche sconsiderate e servilmente ossequiose degli interessi dominanti. PIIGS ha evitato questo rischio ridando calore e immediatezza visiva a queste ricadute sociali.
Il libro riprende grosso modo tale struttura : nelle prime circa 70 pagine si racconta di come sia nato il film. Nel resto del testo si illustrano i temi e si riprende la voce degli intervistati nel documentario : importanti nomi quali Noam Chomsky, Yanis Varoufakis, Warren Mosler, Stephanie Kelton, Erri De Luca, Federico Rampini, Stefano Fassina, Paul De Grauwe, Marshall Auerback, Paolo Barnard, Vladimiro Giacchè.
La prima parte, oltre a restituire alcuni backstage divertenti riguardanti la realizzazione materiale (tipo le difficoltà nel trasporto del narratore in lingue inglese Willem Defoe, la disponibilità della voce italia, Claudio Santamaria) mostra anche come il film si basi non tanto su di una visione « autoriale » del mondo poetico del regista, ma su di un processo collettivo. Cioè sulla fatica di tutto un sottobosco di attivisti che hanno lavorato nell’ombra e di tasca loro per costruire una alternativa economica. Diversi di loro ruotano attorno a quella che è conosciuta come MMT : Modern Monet Theory; una visione economica distante da quelle in voga presso le classi dominanti (o per lo meno da loro professata : che ci credano o no è un altro discorso), lanciata con particolare slancio dal giornalista Paolo Barnard nel 2012. Sebbene alcuni dei suoi più tenaci sostenitori tendano a dipingerla come una « dottrina » è più utile considerarla come una condivisione di obiettivi e di elementi analitici – non senza differenze e diversità di impostazione.
La seconda e più ampia parte del libro (pp. 79-221) si svolge secondo il doppio registro di cui abbiamo fatto cenno : da un lato le vicissitudini della cooperativa che non riesce a farsi dare i soldi che le spettano dall’amministrazione pubblica (e non per negligenza : in una parte non andata sullo schermo il sindaco si lascia andare ad amare considerazioni sull’impotenza cui viene costretto dal fatto che dallo Stato non arrivano i soldi). Dall’altro, cosa è successo a livello macro, cioè sostanzialmente nella Ue. Il cuore dell’argomentazione è che le politiche di contenimento del deficit per lo Stato (« spendi poco e fai poco debito ») non solo sono di fatto fallite (la austerità ha fatto aumentare i debiti pubblici, non li ha diminuiti) ma funzionali ad un progetto di dominio antidemocratico : primazia del capitale finanziario sul lavoro, degli Stati più ricchi su quelli periferici, dei creditori sui debitori e dell’oligarchia su cittadini e lavoratori. I vari strati di rapporto gerarchico fanno sì che si possano raccogliere le voci di personaggi diversissimi che hanno poco in comune, ma tutti entrati in collisione col « blocco egemonico » di chi detiene il potere : il comunista Erri de Luca come l’altroeuropeista ed ex ministro greco Varoufakis, gli economisti schiettamente MMT Kelton e Mosler come il meno eterodosso De Grauwe. Il piatto forte naturalmente è l’attacco al pensiero economico mainstream ; svolto – come è tipico dell’area MMT e simpatizzanti – con una libertà, un acume polemico ed un gusto della dissacrazione da far sembrare al confronto le critiche della vecchia sinistra radicale roba da democristiani dorotei. Debito pubblico troppo alto ? Un assunto insostenibile e screditato, in conflitto con la realtà. I parametri di Maastricht ? Roba senza basi scientifiche, scelti a casaccio e ridicolmente accolti dagli economisti più integrati al potere. Paura dell’inflazione ? Un falso problema. I trattati europei ? Un altro nome per la plutocrazia, avversi al lavoro e ai diritti, una abominevole orgia di stucchevole burocraticismo incomprensibile e selvaggia volontà padronale. Cornice fondamentale è la necessità di detenere una sovranità a livello statale per avere almeno la precondizione di democrazia, e soprattuto di una banca centrale attiva nel perseguire politiche di pieno impiego. Non si salva nessun luogo comune economico, trascinando con sé quel radicalismo altroeuropeista che ha dato, nonostante le intenzioni, pessime prove di sé.
Naturalmente, mentre il film è più emozionante e diretto, il libro lavora di più sulle fonti e dà maggiormente modo di approfondire analiticamente, visto che è difficile prendere appunti in una sala buia. Naturalmente il testo non si presenta come una sintesi compiuta di tutti i problemi economici. Nelle circa 220 pagine ci sono tante questioni che non è possibile affrontare ; l’obiettivo è fondare una coscienza collettiva capace di aprire nuove strade. Interessante è che diversi attivisti hanno una formazione umanistica e non specialistica ; in tal modo riescono ad avere uno sguardo esterno sull’insieme dei problemi, tanto da fare un passo indietro per riconsiderarlo e dare una nuova prospettiva. Ma contrariamente alle credenze di molti ignoranti oppositori, non si tratta di fantasie pseudoscientifiche, anzi i maggiori rappresentanti MMT hanno scritto un manuale completo di macroeconomia con tutti crismi del rigore.
Il decennio scorso ha visto la crescita dell’euroscetticismo più violenta della (breve) storia della Ue, l’austerità come nuova ortodossia, il Brexit e le istituzioni comunitarie ridotte al ruolo dei gangster che spezzano le ginocchia al debitore che cerca di fare il furbo (si veda non solo la Grecia, ma pure Irlanda, Spagna, Portogallo, Cipro sotto le « amorevoli cure » della Troika). Ma ci ha anche dato una contronarrazione che racconta una storia molto diversa da quel che fanno i potenti ed i media al loro servizio. Oggi nel pieno della crisi Covid vediamo tali dogmi, inscalfibili fino a poco tempo fa liquefarsi come la Strega dell’Ovest del Mago di Oz (opera, che, sia pur detto fra parentesi, è reputato un’allegoria politica con spiccato interesse per le questioni monetarie, con la malvagia Strega come figura del magnate John Rockefeller). È la rivincita – quanto meno storico-morale – dei paesi schiacciati dal tacco dell’austerità, delle ragioni dei PIIGS: in poche, gustosissime pagine, gli autori elencano varie dichiarazioni che smentiscono quella dogmatica propugnata meno di un anno fa dagli stessi che oggi le spianano. Purtroppo gli avversari corrono molto veloci, e saranno tanto lesti a ripristinare quei dogmi che oggi buttano alle ortiche. Bisogna capire quanto si riuscirà a rendere i lavoratori edotti della situazione per far capire la contraddizione, in modo da trasformare – auspicabilmente – una rivincita di principio in una vittoria politica.
Adriano Cutraro ,Federico Greco, Mirko Melchiorre, PIIGS. Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity, Gingko Edizioni 2020, 230 pp.
Disponibile qui https://www.openddb.it/libri/piigs/
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