C’era una volta uno svedese nato agli inizi degli anni ‘80 da genitori slavi (padre bosgnacco e madre croata) emigrati in scandinavia e vissuti in povertà assoluta; divenuto calciatore, ha girato il mondo. C’era un’altra volta un sovietico nato alla fine degli anni ‘80 divenuto armeno da genitori sovietici (papà calciatore) divenuti altrettanto armeni. Divenuto calciatore come il papà, ha girato il mondo.
Entrambi parlano non so quante lingue, uno ha la faccia cattiva e un naso enorme; l’altro ha la faccia triste e un naso enorme. Uno arriva a quasi due metri, l’altro neanche a un metro e ottanta.
Lo svedese si chiama Zlatan, da zlato – dorato – in lingua slava, e dorato è sempre stata la sua carriera in un crescendo monstre di gol, successi, danari, popolarità, metteteli in ordine voi. Ha sempre parlato poco, con sbruffoneria, con quella faccia da schiaffi che è meglio che lo pensi e basta altrimenti ti gonfia.
L’armeno, Henrix Hamleti Mkhitaryan, in sostanza lo potremmo chiamare Enrico Amleto, dal germanico Heimirich, composto dai termini haimi – “casa” e rich – “re” più Hamlet, che arrivando al romanticismo scandinavo e alla mitologia islandese, veniamo a conoscenza del vocabolo amlodhi – fuori di senno, con Shakespeare dietro la tenda a gongolare ed annuire.
Due giocatori incredibili, non più giovani, uno addirittura quasi fuori tempo massimo, che dominano nel nostro campionato con giocate, gol, e sostanza infinita.
In un campionato giunto alla fine dell’ottava giornata, il Milan e la Roma, guidate da questi 2 fenomeni che hanno meritato l’introduzione della nostra rubrica, sembrano in questo momento essere le due squadre “di prima fascia” più in forma della serie A. Giusto precisare di prima fascia perché il Sassuolo ci sta ancora, eccome. Vince a Verona dove quest’anno hanno impattato Juve e Roma facendoci ricordare che Boga non ha dimenticato il tiro a giro sotto l’incrocio opposto e che Berardi, ormai ufficialmente, è diventato adulto e realmente un giocatore su cui puntare.
Partendo dalla partita di ieri sera, troviamo un Napoli che statisticamente parlando non demerita affatto, cerca di giocare un calcio propositivo ma sbatte contro un Milan che ha trovato, oltre ai gol di Ibra, una solidità difensiva globale di tutto rispetto che lo portano ad essere primo in classifica, con giocatori dati per “autunnali” in rampa di lancio (penso anche a Kjaer oltre ad Ibra) e con partite vinte sia giocando bene che, come col Napoli, difendendosi con ordine e sagacia tattica (si pensi ai soli 69 passaggi fatti nella tre quarti napoletana, freddi numeri da provinciale). Salutiamo il primo gol in serie A di Hauge, ala mancina della nuova mostruosa scuola dei tanti under 23 norvegesi.
Il Sassuolo espugna Verona con atteggiamento da “grande esperta”; per la prima volta non domina nel possesso palla (ma resta in testa nel nostro campionato con il 58,8% di possesso medio a partita), e sbanca il Bentegodi con 2 perle dei suoi 2 esterni Boga e Berardi; De Zerbi probabilmente non sarà soddisfatto ma il Verona di Juric è un osso durissimo, ti sporca giocate e ritmo (prima volta del Sassuolo sotto l’80% nella precisione passaggi) e rende la partita sempre una battaglia “individuale” che, non a caso, è stata vinta da giocate di altissima qualità.
La qualità della Roma (dei suoi interpreti e del suo tecnico che con il tempo sta facendo vedere le sue conoscenze) sta manifestandosi anche in prestazioni come quella di ieri; dominio, possesso, verticalità e gol. Del trentunenne armeno si è già parlato (doppietta, un’infinità di giocate in almeno 6 zone di campo diverse – andate a vedere la sua heat map per i più patiti), ma il livello visto nella costruzione (benissimo Villar), negli sfoghi in ampiezza (Karsdorp esiste e lotta insieme a noi) e nella profondità che un buonissimo Mayoral (gol e sponde) sono stati frutto di una collettività che ci sta con la testa e con il cuore. Fuori Dzeko, Pellegrini e Smalling su tutti, gli altri all’altezza di una gara non impossibile (il Parma deve decidere cosa essere, perché difendersi come con D’Aversa ma con Liverani in panchina non ha molto senso) ma che ha denotato maturità, intensità e qualità da vendere (quasi 140 passaggi nella trequarti offensiva col 91% generale di precisione); la Roma è terza da sola e la prossima col Napoli ci dirà sicuramente qualcosa di più.
Se al Torino bisogna spiegare che per fare tre punti bisogna aver fatto un gol più dell’avversario DOPO il fischio finale dell’arbitro, la pazza Inter di Conte rimonta ancora stavolta completando l’opera; primo tempo di una bruttezza unica con il Torino meritatamente in vantaggio con Zaza (azione finalmente di scuola giampaoliana, con combinazioni strette dentro il campo), il secondo riparte con il raddoppio granata di Ansaldi su rigore e poi Lukaku trascina i suoi con gol, assist, forza fisica e insostituibile pesantezza offensiva. Conte continua e tenere Eriksen fuori (ormai praticamente in partenza), a giocare senza un regista arrivando prima possibile da Lukaku con attacchi diretti quasi costanti. Inter tosta caratterialmente, ma rivedibile.
Sorniona e quarta la Juve di Ronaldo allenata da Pirlo, giusto dirlo in quest’ordine perché contro il Cagliari gioca meglio delle prime uscite con Kulusewski secondo me imprescindibile, Morata che lavora sporco per Ronaldo che invece tocca palla e fa gol anche quando sta fuori posizione, figuriamoci quando imbrocca pure la partita giusta. La fase difensiva della Juve con De Ligt in campo ha già un peso diverso, più sicura, più corta, ma che comunque continua a lasciare campo tra le linee che una squadra con qualità diverse dal Cagliari potrebbe sfruttare con pericolosità diverse, passi avanti nel possesso bianconero (Arthur su tutti), vedremo se in una giornata senza CR7 in gol (se ci sarà mai) cosa Pirlo sta costruendo come “squadra”.
La stampa parla di Atalanta in crisi, ed è divertentissimo. Pur mantenendo un’alta posizione di classifica, giocando la Champions, adesso è in crisi perché pareggiare contro un ottimo, ottimo Spezia che non sta regalando punti a nessuno, pare che renda i bergamaschi già in declino. Ma il calcio per fortuna ci racconta storie diverse; la non brillantezza dell’undici di Gasperini ci sta (e ci mancherebbe che una squadra faccia 80 partite tutte uguali), ma i meriti dello Spezia vanno visti; 4-3-3 aggressivo, ordinato e verticale con giocate codificate e ben chiare nella testa dei calciatori. Ricci play molto interessante, Pobega già valutato positivamente ma, in generale, collettivo che si sacrifica e, soprattutto, non perde metri in campo. Romero, ormai titolare nel terzetto difensivo, ha eseguito 23 recuperi palla che sono un’enormità, segno di uno Spezia battagliero e predisposto al contrattacco. Globalmente Gomez (nucleo del gioco di Gasp) non ha più 20 anni e non sta giocando sui livelli da fuoriclasse (quale non è), quindi aspettiamo i recuperi completi di Ilicic e verifichiamo anche i nuovi (Miranchuk e co.), ma non definiamo l’Atalanta in crisi, perché puzza di titolo a effetto (stile purché se ne parli…).
Torna alla vittoria la Lazio che non segna con Caicedo gol decisivi allo scadere della partita ma, nell’acquitrino di Crotone, chiude prima la pratica prendendosi tre punti complessivamente meritati in una gara all’insegna del necessario lancio lungo causa campo impraticabile. Alla prima occasione buona Immobile torna al gol con Correa (giocatore di altro livello) che trova un angolo difficile con un Cordaz non proprio impeccabile; fondamentali i 3 punti per la Lazio, drammatica la situazione degli undici di Stroppa, che anche negli undici titolari sembrano veramente più deboli di tutti, nonostante l’impegno.
Prandelli (che, mea culpa, io ho apprezzato moltissimo negli anni ma….) si rimette il suo vecchio dolcevita viola inneggiante all’amore per la Fiorentina che, 10 anni fa, ha portato fin su ai preliminari di Champions con un bel gioco moderno e eretico per gli anni. Ma di quel momento della seconda metà del decennio scorso è rimasto per ora solo il dolcevita, perché la sconfitta in casa dei viola contro il Benevento è non solo grave, ma anche di una bruttezza tecnico – tattica da far riflettere. Inzaghi torna a respirare con un bel goal di Improta e supera in classifica proprio la Fiorentina che, ripeto, con quella rosa dovrebbe essere in zone “sinistre” della classifica.
Fondamentale anche la vittoria corsara del Bologna a Genova contro la Samp in una partita giocata davvero bene dagli undici di Mihajlovic contro la ex storica del mister serbo. Palacio lavora come un ragazzino per Orsolini e Barrow per una fase offensiva che, se fosse più costante, potrebbe essere letale. La squadra di stile britannico e di nazionalità perlopiù italo – scandinava di Ranieri incassa una brutta sconfitta, soprattutto perché meritata vista la pochezza di contromosse tattiche proposte in una gara in cui il Bologna voleva scrollarsi la bassa classifica dalla suola delle scarpe.
Chiudiamo con Udinese – Genoa che non resterà nella storia del calcio come la partita più bella, forse gli highlights sono il giusto modo di capirla e riassumerla al meglio, ma noi dobbiamo vederle tutte e quindi fino a quando il sonno non ha preso il sopravvento De Paul, il più dei 22 in campo per distacco kilometrico ha deciso con un destro raffinato a fil di palo di mettere tre punti nelle friulane tasche bianconere, lasciando il Genoa a 5 punti insieme al Torino, in un’accoppiata che fa male agli occhi vedere lì in basso.
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