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Io sono Diego Maradona: D10S
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Folti riccioli mori, orecchino e sguardo accattivante questo era Diego Armando Maradona, El Pibe de Oro, un fuoriclasse dentro il campo e una icona culturale al di fuori di esso. Di questo grande campione è stato scritto e detto tutto il bene e male possibile perché Maradona fu tutto quello di giusto e sregolato che poteva esserci al mondo. Ma nessun altro campione, credo solo Muhammad Alì, sia stato in grade di rendere se stesso un monumento vivente e coinvolgere il popolo come fece lui. Era poco più di un ragazzino quando entrò nelle file dell’Argentinos Junior, nelle Cebollitas (Cipolline), la squadra giovanile del club, qui mosse i suoi primi passi nel calcio professionistico prima di approdare in una delle squadre simbolo dell’Argentina: il Boca Juniors. Maradona arrivò a coronare il sogno della maggior parte dei ragazzi della sua età arrivando a giocare nel tempio del calcio argentino: La mitica Bombonera. Il ragazzo cominciava a dimostrare il suo enorme talento e quando il Boca non potè riscattarlo dall’Argentinos, il Barcellona non si lasciò scappare l’occasione e si aggiudicò Dieguito per la cifra di duecentomila peseta spagnole (pari a circa dodici miliardi di lire del tempo). Ma questa avventura non fu idilliaca, questo perché con i catalani, Maradona visse due stagioni travagliate e piene di problemi. L’infortunio più grande della sua carriera Maradona lo ebbe proprio con il Barcellona rompendosi il tendine d’Achille, quindi con una lungo periodo di fermo ai box. Fu solo nella seconda stagione con l’arrivo di Luis Cesar Menotti, detto El Flaco, che Maradona riuscì a vivere una buona stagione. Ironia della sorte grazie proprio grazie allo stesso Menotti che nel 1978 era CT. dell’Argentina vincitrice “del mondiale sporco” o “il mondiale dei desaparecidos”, che non lo aveva convocato perché dal suo punto di vista era ancora troppo “acerbo” per giocare un mondiale. L’anno che segnò la svolta della vita calcistica di Maradona fu il 1984, quando il club del Napoli se lo comprò per la cifra di 13 miliardi di lire. Il nome del giovane campione era già conosciuto nel nostro paese perché ai mondiali del 1982, vinti dall’Italia, ci fu la possibilità di vederlo all’opera. Non fu un caso che alla presentazione di Maradona allo stadio San Paolo accorsero ottantamila spettatori che per vedere le prime immagini del campione con i colori della squadra partenopea. Con El Pibe in squadra, il Napoli, nelle prime due sue stagioni ottenne un ottimo piazzamento al centro classifica e l’anno dopo il terzo posto. Sarà proprio nella città partenopea che Maradona toccò le vette più alte della sua carriera di calciatore. Nella stagione 1986-1987 condusse il Napoli alla vittoria del loro primo storico scudetto e Napoli scoppiò la Maradona-mania.
Il campione argentino rispecchiava al meglio il carattere colorito. il temperamento popolare dei napoletani e fu amore infinito anche per questo motivo. Per le strade di Napoli in alcuni altari delle madonne si cominciò a vedere anche la foto di Maradona accanto ad essa. Addirittura in una delle strade principali di Napoli, si può trovare altarino, con una foto de El Pibe e addirittura un suo capello in una teca, dove le molte storie dicono che i tifosi si recavano prima di ogni partita a chiedere la “grazia calcistica“. Gli anni di Maradona a Napoli sono quelli in cui la città assapora oltre a un altro scudetto nel 1989-90, una Coppa Italia nel 1987 e una Coppa Uefa nel 1988-1989. Napoli andò in estasi totale per il suo campione. I napoletani erano così innamorati del loro fenomeno che nei mondiali di Italia 1990, a volte il destino è davvero crudele, si giocò proprio le semifinale Italia-Argentina e per di più, mano a farlo per caso, al San Paolo. Se buona parte dell’Italia si disperava per la sconfitta italiana, al tempo stesso Napoli gioiva per la vittoria dell’Argentina del Pibe. Anzi diciamo pure che molti traballarano anche durante il match facendo capire a più riprese che non si poteva voltare le spalle a Diego. Questa era una delle caratteristiche principali che facevano di Maradona un campione carismatico e unico nel suo genere, cioè il saper trascinare sempre il popolo con sé in qualsiasi circostanza. Ciò che indubbiamente spinse ancor di più Diego Maradona nel mito e in una epicità degna della Grecia antica fu quando quattro anni prima nei Mondiali di Mexico 1986 condusse la sua Argentina a una vittoria schiacciante. Dopo il deludente mondiale del 1982 la seleccion si presentò alla competizione più agguerrita e motivata che mai. Il mondiale in Messico del 1986, fu senza ombra di dubbio quello che consacrò definitivamente Diego Armando Maradona come lo “Zeus” del calcio. Segnò 5 gol e realizzò 5 assist nelle 7 partite giocate nel torneo. La partita che fece letteralmente la storia dello sport (del calcio in particolare) fu il quarto di finale contro gli inglesi. Evidentemente il Messico è una terra propizia che stimola a giocare partite leggendarie, la riprova di questa ipotesi fu la grandissima semifinale del mondiale 1970, cioè Italia-Germania 4-3. Il match che l’Argentina andò ad affrontare era intriso di ampi risvolti politici internazionali; infatti, l’Argentina, che era sotto dittatura di Leopoldo Galtieri, nel 1982 mosse guerra contro l’Inghilterra di Margaret Thatcher. Anche la situazione interna del paese non era delle più rosee con una forte crisi economica e le proteste erano molte per le strade argentine. Così, in maniera differente ma sul piano propagandistico molto simile, come nel nel 1978, Il governo argentino decise di giocare la carta del sentimento nazionalistico lanciando quella che considerava una guerra facile e veloce per reclamare le Falkland (chiamate dagli argentini Malvinas o Malvine), su cui l’Argentina rivendicava la sovranità. Quel 22 giugno del 1986 Maradona decise di affondare letteralmente da solo la compagine inglese. Realizzò due gol che passarono alla storia del calcio rispettivamente come “la mano de Dios” e “il gol del secolo”. L’Argentina vinse il mondiale e fu l’apoteosi di Maradona divenne un fenomeno culturale non solo a Napoli, ma anche nel suo paese di nascira. Gli argentini, compresi quelli sparsi nel mondo, cominciarono a usare il nome di Maradona per farsi riconoscere come suoi compatrioti in tutte le parti del mondo perché per loro era, lo è tutt’ora, un orgoglio unico provenire dalla solita terra del Pibe de Oro. In Argentina e a Napoli il campione argentino era simbolo ed eroe dello sport. Maradona incarnò a pieno il mito dello sportivo democratico, cioè le sue basi erano situate nella gente comune: rappresentante del popolo e dei suoi valori. Nonostante i suoi ingenti guadagni, Maradona non perse mai le sue origini umili e il vocabolario della strada da cui proveniva. Nei suoi anni a Napoli, Maradona portò alla ribalta una squadra del sud che spezzò lo strapotere del nord Italia calcistico. Una metafora perfetta della questione meridionale del nostro paese. Numerose furono anche le sue battaglie contro la FIFA presieduta al tempo da Havelange, e l’AFA guidata da Grondona. Anche se la sua carriera in Italia finì nel 1991 perché positivo alla cocaina, Napoli non si scordò mai del suo campione, anzi nonostante questa tegola, i napoletani intensificarono il loro immenso amore nei suoi confronti. Nel corso degli anni divenne un vero e proprio fenomeno di cultura di massa. A lui è dedicato lo stadio della sua prima squadra l’Argentinos Junior. Nel museo del Boca Juniors venne eretta una statua in suo onore. E’ stato citato in libri, fumetti e film. A lui furono dedicate canzoni di artisti come i Mano Negra con Santa Maradona e Charly García con Maradona blues. Maradona fu amico di Fidel Castro e Hugo Chavez, infatti, non fu un caso che nel 2000, quando ricevette il premio FIFA century awards come miglior giocatore del secolo, lo dedicò a Fidel Castro e a Ernesto Che Guevara. Più volte il campione è stato per periodi lunghi a Cuba e in Venezuela. Grande sostenitore dei due paesi e rispettivi leader. Maradona attaccò molto pesantemente anche la politica estera statunitense. Nel 2008 il regista serbo Emir Kusturica girò il film documentario Il Maradona di Kusturica dove il campione racconta tutta la sua vita a 360’. Nel film è presente anche Manu Chao che per l’occasione suonò una canzone dedicata a Maradona. Nella sua vita Maradona ha affrontato e battuto molti avversari, anche riuscendo a vincere la sua tossicodipendenza e a rinascere a nuova vita.
Per citare proprio una parte della canzone di Manu Chao, la sua vita fu una tombola e come recita il brano: “Se io fossi Maradona vivrei come lui…….Se io fossi Maradona vivrei come lui, perché il mondo è una palla che si vive a fior di pelle….La vida es una tombola de noche e de dia”.
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