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Si però la vita privata….ad10s Diego, e grazie
Tutti lo hanno conosciuto. Tutti lo hanno toccato. Chi almeno una volta non lo ha incontrato e ci si è fatto una foto? Eh, c’era l’amico di un amico mio che conosceva il miglior amico di un amico suo.
Non è il testo di un pezzo di Elio e le storie tese. E’ il narcisismo della gente che parlando di Maradona vuole, come sempre, parlare di sé.
Hanno scritto di tutto, anche sul nostro sito dei bellissimi articoli specifici sul mondo “Maradona”, la parte politica, la sua scelta dichiaratamente antimperialista, la sua costante volontà di precisare che lui era dalla parte del popolo, pur con tutte le contraddizioni che queste affermazioni trovavano in un lato della sua vita. “Ma è stato il più grande di tutti?” “Eh ma oggi con i ritmi delle partite farebbe fatica”, “Tatticamente come lo collochi?”, “Con il mondo social di oggi non riuscirebbe a giocare mezza partita”, “Maradona era un altro livello”.
Io non lo so. Comincio proprio al contrario di come esordì Pasolini poco più di 46 anni fa nel famoso articolo del Corriere della Sera; non lo so perché il calcio non lo valuto così, con le definizioni, con le scelte assolute. Ho parlato con tantissimi appassionati di questo gioco sportivo dopo la morta del Pibe de oro, e continuo a pensare che il lato emozionale, empatico, temporale siano sempre vincenti rispetto ai dati oggettivi che, per fortuna, in questo caso non esistono. E’ stato il più idolatrato ed è stato il più vicino al pantheon di quelli “OLTRE”; si. E’ stato il più criticato, polemizzato, abbandonato e ritirato fuori quando faceva comodo; sicuro. E’ stato un modello sportivo? No. E’ stato un modello sportivo? Ci ripenso, prendo la stradina invece dell’autostrada storiografica e rispondo al contrario; si.
Questo è stato Maradona. Metteva in crisi, difese, allenatori, giudici, giurie. Messi è più grande? Pelè? Ma importa davvero chi è stato il calciatore più forte? E’ morto Maradona, qualcosa di molto più grande di un calciatore.
Le nostre rubriche continueranno a cercare la leggerezza anche in queste occasioni, quindi per la nona giornata di campionato ci lasceremo guidare, quando possibile, anche dalla carriera di Diego che di gol ne ha fatti tanti e a tutti, ma ne sceglieremo alcuni, partendo dalle squadre che giocano oggi nella nostra Serie A.
Con Ibra o senza Ibra, la capacità del Milan di essere efficace, solido e vincente non cambia e, senza troppi problemi, liquida una Fiorentina veramente deludente; la cura Prandelli per ora è piena di sintomi nuovi (“dobbiamo ritrovare entusiasmo” la frase standard del tecnico veneto). 2 a 0 con Romagnoli e Kessie mattatori di una gara non bella, ma vinta da squadra convinta dei propri mezzi. La difesa del Milan subisce pochissimo con in porta un Donnarumma sempre più enorme, secondo me ai difensori appare così.
Maradona ha segnato 7 gol al Milan nella sua storia, 6 in campionato ed 1 in coppa Italia, io consiglio di andarli a vedere tutti ma scelgo quello fatto al San Paolo nella stagione 1986 1987; Giordano (giocatore moderno, attaccante completo) dalla sinistra cerca Diego con un lancio morbido e Maradona, tutto con il sinistro controlla, salta Galli Filippo, salta Galli Giovanni e deposita in rete. Meraviglioso.
Ai viola Maradona ne ha fatti 6, equamente divisi tra campionato e coppa italia, ma togliendo i 3 rigori realizzati ho scelto (non me ne voglia Giovanni Galli) il gol del 1984 che diede la vittoria al Napoli in trasferta. Lancio dalla trequarti di Daniel Bertoni (connazionale di Diego e campione del mondo nel 1978) e il nostro 10 controlla di petto (più che controlla si può dire blocca la palla sul petto) e di sinistro al volo la mette lì dove Galli può solo osservare e dire di aver scivolato.
Che il Napoli potesse vincere contro la Roma ci poteva stare; per la legge dei grandi numeri, per la dedica al suo mito, per una Roma con troppi giocatori non in condizione. Il 4 a 0 finale ricorda proprio i tempi dell’argentino, quel finale degli anni ‘80 in cui la Roma era altalenante e il Napoli fortissimo. Prestazione troppo brutta per essere vera dei giallorossi (dal primo all’ultimo sotto tono, con picchi di bruttezza dei suoi giocatori più forti), Napoli forte, tecnico, con ritmo e idee che consolida il vantaggio di Insigne con un secondo tempo intelligente e concreto. 3 punti d’oro per gli azzurri campani.
Dei 5 gol segnati alla Roma, solo uno non è stato dagli undici metri ed è quello della stagione 1986 -1987, altra giocata di Giordano dalla sinistra su inserimento di Maradona (che non giocava da fermo signori), il quale controlla di esterno sinistro e batte Tancredi.
Torna sulla terra il bel Sassuolo, e torna a pensare in grande l’Inter brutto visto in coppa; lo zero a tre di Reggio Emilia racconta di un Inter che se trova un avversario che fa la partita è devastante in transizione, anche senza Lukaku. Il Sassuolo gigioneggia un po’ troppo, mentre l’Inter va dritto in verticale e fa malissimo ai neroverdi. Dei criticassimi Sanchez e Gagliardini i gol (oltre all’autogol di Chiriches).
Ovviamente nessun gol e nessuna partita contro il Sassuolo per Diego (che, per amore della narrazione, nell’anno dell’arrivo di Maradona in A giocava la sua prima stagione della storia in C2 arrivando sesto), mentre ben 4 le reti segnate contro l’Inter (una solo su rigore). Ho scelto di segnalare solo una punizione di Diego (e sappiamo bene quale sarà), quindi contro i nerazzurri (scudettati) segnalo il gol al San Paolo dell’ottobre 1989; contropiede italianissimo nello stile ma sudamericanissimo negli uomini con Alemao (per i più giovani, guardate un centrocampista box to box di quel periodo con i fiocchi) che parte sulla destra, mette il pallone dietro per l’accorrente Diego, che controlla e, nello stile dei suoi rigori, la piazza lenta sul primo palo, con Malgioglio fermo ad osservare.
Malissimo la Lazio in casa contro la migliore Udinese della stagione; un 1 a 3 che fa capire che per i biancocelesti i tanti impegni posso dare fatica e vertigini. Laziali poco in partita, lenti e prevedibili contro i friuliani compatti, precisi nelle ripartenze e con 2 mezzeali di livello superiore: Pereyra e De Paul. Di Arslan (in attesa del rientro di Mandragora), Pussetto e Forestieri i gol carneadi bianconeri; rigore per Immobile che supera Signori nei bomber laziali “all time”.
La prima tripletta di Maradona in Italia va celebrata quindi, quando nella serie A ‘84-85 il Napoli batte in casa la Lazio per 4 a 0, non possiamo che segnalare l’estro del mancino di Lanus che rubando palla al laziale Vianello, mette il pallone sotto la traversa vedendo Orsi fuori dai pali. 5 i gol fatti complessivamente agli aquilotti romani.
L’Udinese invece, sarà perché ci ha giocato Zico (amico avversario fuoriclasse meraviglioso 10 brasiliano di quel periodo), sarà perché sono zebre come la Juve (ma più deboli), è stata la squadre più bersagliata dalle stoccate di Maradona. Ben 9 i gol fatti – 4 rigori, 8 in serie A e uno in Coppa Italia -, primo tentativo di gol di mano nel 1985 e un paio di punizioni incredibili. Ma ho scelto il 2 a zero segnato al vecchio Friuli perché regala un’altra perla di coordinazione; Romano verticalizza sulla corsa di Diego che, stavolta da destra, controlla una prima volta di sinistro a seguire, la ritocca per preparare la giocata successiva e battere Brini in uscita con un leggero tocco che oggi potrebbe essere chiamato “light”, “senza olio di palma” o cosa affini.
La Juventus di Pirlo (perché stavolta CR7 non ci sta) pareggia dopo Verona – che ci sta – e Crotone, anche a Benevento; un discreto primo tempo con il vantaggio di un Morata in grandissimo spolvero e pareggio del nuovo cecchino Gaetano Letizia da fuori area, fanno da apripista a un secondo tempo bruttino, molto confusionario e che denota un concetto su cui concordo con Pirlo, stranamente. La personalità di alcuni nuovi volti latita ad uscire fuori, e per quanto sconfitte in campionato ancora non se ne vedono, la quantità di occasioni in trasferta perse cominciano ad essere tante. Bene il Benevento che sembra aver trovato un equilibrio migliore, oltre ad un Barba secondo me molto più di categoria rispetto a Caldirola.
Ovviamente nessun gol contro le streghe sannite del nostro argentino (in C1 all’arrivo del Dies); contro la Juve sin troppo facile raccontare di una punizione “di seconda” in area battuta al San Paolo contro Tacconi con un pallone di quelli “di legno” degli anni ‘80, su un campo novembrino del 1985, con il tocco di Pecci importante quasi quanto quello di Enrique nell’86 prima del gol (quello regolare) all’Inghilterra. La palla si alza e non scende, arriva sotto l’incrocio e non scende mai. Non è una foglia morta; è viva, e Tacconi la guarda ancora.
Il Bologna si prende altri 3 punti di diamante contro un Crotone sempre più ultimo con il solito, decisivo, ottimo Soriano. Giocatore che potrebbe meritare altre platee, ha l’età e la consapevolezza giusta ormai. Mentre ovviamente il Crotone non ha mai visto il talento di Maradona contro di sé (nel 1984 retrocede in Interregionale dalla C2 con Cangelosi – secondo di Zeman – in porta), contro il Bologna ( torna in A nel 1988 con lo zonista Maifredi) 4 gol fatti ma 2 in coppa italia vista la poca presenza dei rossoblu nella massima serie. Della doppietta fatta in casa contro gli emiliani ci sono 3 cose da ricordare: la solita punizione – gol, un gol di destro ( segnate gente…) su assist di Carnevale e un cross di rabona da destra da far luccicare gli occhi. Insomma, anche il Bologna ha avuto la sua parte.
Bella e ricca di idee Cagliari Spezia che, sul finale, si chiude in parità per la volontà irrefrenabile dello Spezia di provarci fino all’ultimo dopo che Joao Pedro e Pavoletti (bentornato) avevano già ribaltato il gol di Gyasi (benvenuto). Di Nzola su rigore il pareggio che divide la posta di 2 squadre in salute.
Lo Spezia galleggiava tra C1 e C2 durante gli anni ‘80, mentre è bellissimo trovare l’unico gol di Maradona fatto al Cagliari in una stranissima semifinale di coppa italia del 1987 in cui i sardi, retrocessi dalla B alla C1, riescono ad arrivare al penultimo turno della coppa nazionale perdendo ovviamente, ma solo 1 a 0 con un gol che su youtube troviamo commentato da un giovanissimo Giorgio Porrà che celebra Diego il quale realizza su assist di De Napoli con un tiro all’angolino (in porta per il Cagliari un musicalissimo Dore).
Anche l’Atalanta cade in casa dopo le fatiche (magiche) di Champions contro l’Hellas Verona che ormai è una realtà ostica e difficilissima da battere. Visto il tono dell’articolo, e visto l’anno di arrivo di Maradona in Italia (con il Verona scudettato), mi sembra anche corretto. Veloso su rigore e Zaccagni i gol di una partita veloce, piena di ribaltamenti di fronte e tatticamente bella e disordinata allo stesso tempo.
I bergamaschi hanno subito 2 gol dall’argentino – uno su rigore -, mentre l’altro, segnato a Bergamo contro l’Atalanta di Mondonico, Stromberg, Prytz ed Evair (alla fine sesta), è un colpo di testa (segnate…) su cross di Crippa che batte Ferron, il tutto in maglia rossa da trasferta. Aggiungo, questo me lo ricordo come fosse ieri visto a 90° minuto.
Il Verona, che negli anni ‘80 ha vissuto invece i suoi anni migliori, ha raccolto 5 gol di Maradona nella propria porta. Uno lo ha preso Giuliano Giuliani, portiere vittorioso sia col Verona che con il Napoli, dimenticato da tutti perché morto di AIDS in un momento in cui quella malattia era da mettere sotto il tappeto perché era, per il mondo cinico e ottuso, la malattia degli omosessuali, delle prostitute e dei drogati. Diego non risparmiò al suo futuro compagno e grande amico un’umiliazione calcistica; controllo dai 35 metri, sinistro e palla sotto il sette.
Torino e Sampdoria si dividono un punto in una partita double face; Ranieri ne cambia addirittura 4 a fine primo tempo e riesce a risistemare una bruttissima Samp. Il solito Belotti porta in vantaggio il Toro che si lascia riprendere e superare dai vecchietti Quagliarella (mister gioco acrobatico) e Candreva; poi Meitè da angolo la pareggia di testa ed il Toro è terzultimo da solo. Che tristezza, però.
Diego ne ha fatti 7 alla Samp (4 rigori) e 5 al Toro (2 rigori); ho scelto un gol strano di per celebrare la Sampdoria; 1986, la Samp con Boskov comincia a costruire un periodo magico della sua esistenza, ma il Napoli non vuole passi falsi e riesce, dopo essere andato in svantaggio, a pareggiare con un gol di Diego che riceve un cross basso di Renica (libero mancino che si sgancia in attacco… che ricordi) e che lui trasforma in gol colpendo di testa praticamente rasoterra, anticipando Fusi e Bistazzoni che pensavano tutti al tiro di sinistro. Genialità e anticipazione. La cosa divertente di queste ricerche è scoprire che Maradona la Toro ha segnato o su rigore o su punizione diretta. E allora, visto che non lo abbiamo fatto, raccontiamo un rigore di Maradona. La testa è sempre alta, perché la palla è una protesi del suo sinistro quindi non serve guardarla più di tanto, gli occhi sul portiere fino all’ultimo, l’attesa del primo cenno di scelta per poi, inevitabile, andare dall’altra parte. Perchè anche la scelta non è solo segnare, è spiazzare. Sempre +1 per Diego, in ogni dettaglio. Ovviamente ho citato i rigori contro il Torino perché uno di quelli sbagliati (segnate….) lo ha sbagliato proprio contro il granata, Copparoni l’uomo della provvidenza torinista.
Chiudiamo con Genoa Parma e con le disgrazie di un Genoa in caduta libera e di un Parma che, con uno Gervinho in stato di grazia, prende 3 punti importantissimi. Partita sostanzialmente non bella, bloccata dalle paure dei 2 squadre in crisi; la doppietta dell’ivoriano (ieri imprendibile) e il primo gol uzbeko della storia del nostro campionato (Shomurodov il suo cognome, giocatore che sa fare) le due perle di 90 a passa minuti di intensità ed agonismo, onestamente, più da cadetteria.
Contro il Genoa un solo gol nel 1989 e su rigore per un pareggio 1 a 1 a Marassi dopo il vantaggio dei grifoni di Scoglio con Fontolan; mentre sono ben 2 i rigori nella stessa partita contro il Parma al San Paolo nella vittoria per 4 a 2 contro quegli undici ducali per la prima volta in serie A con Nevio Scala in panchina, gli inizi di quel 5-3-2 che oggi se lo dici sei un difensivista, ma che quel primo anno con Gambaro e De Marco e gli anni successivi con Benarrivo e Di Chiara hanno costituito i primi “quinti” di fascia.
Insomma, abbiamo parlato poco forse di Serie A stavolta, di Milan in testa, di rallentamento dietro e di zona retrocessione molto nutrita, ma dare la precedenza a chi la serie A l’ha resa splendente negli anni in cui l’ha vissuta era d’obbligo e si è cercato di farlo raccontando la cosa più bella che ha lasciato, i suoi gol.
Hasta siempre Diego.
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