Epifania è sinonimo di rivelazione. Il 6 gennaio 2021, però, ha aggiunto, a quella religiosa, una epifania laica, che ci ha sbalorditi. Verso l’ora del tramonto e fino a tarda sera, abbiamo visto scorrere dinanzi i nostri occhi immagini surreali: i luoghi sacri delle istituzioni americane – il Campidoglio – in mano a una masnada di facinorosi, istigati da Donald Trump. La Presidenza degli Stati Uniti d’America ridotta a una sorta di tribunato della plebe. Forte, però, di un consenso popolare stupefacente di circa settantacinque milioni di voti. Come finirà, nel lungo periodo, è presto per dirlo. Tuttavia, è opportuna qualche riflessione, avendo cura di non dimenticare la nostra Italia: indebitata fino al collo, con una popolazione in affanno, una larga disoccupazione e giovani alla ricerca di sé stessi.
Sorpresa, dunque, per l’accaduto, ma fino a che punto? Per tratteggiare una risposta non priva di motivazioni, forse, è il caso di non dimenticare una massima, che ha il suo più forte radicamento nella storia: “non c’è pace senza giustizia”. Ad essa se ne può aggiungere un’altra, che suona così: “pancia piena non crede a pancia vuota”. È la traduzione di modi di dire popolari, che sono generati dalla tragicità della vita.
Negli atti, che hanno via via dato forma e sostanza a quella che era destinata a divenire una superpotenza, sono scritte parole, ad un tempo, suggestive e terribili, per le loro implicazioni: felicità e sicurezza (Dichiarazione dei diritti della Virginia del 1776); vita, libertà e felicità (Dichiarazione di indipendenza americana del 1776); giustizia (Costituzione degli Stati Uniti del 1787). La loro concreta attuazione è ardua, se non impossibile. Ma il successo del Paese e la fiducia in un futuro migliore possono riassorbire eventuali delusioni. Che, invece, rimangono intatte e si rafforzano quando, ad esempio, le guerre si perdono (Vietnam, Afghanistan, Iraq, Siria…) e i reduci vivono ai margini della società. La Costituzione promette, ma non mantiene.
Mantiene oltre il lecito, a dire il vero, per alcuni super fortunati e, magari, pure meritevoli. Con l’andare del tempo, si sono venute costituendo immense ricchezze, inconcepibili prima che la finanza si trasformasse, da mezzo, in fine. Con ciò – come ha avuto occasione di notare Luciano Gallino -, “Abbiamo visto scomparire due idee e relative pratiche che giudicavamo fondamentali: l’idea di uguaglianza e quella di pensiero critico. Ad aggravare queste perdite si è aggiunta, come se non bastasse, la vittoria della stupidità”.
La tentazione è di considerare stupidi gli altri. Mentre si dovrebbe battere la strada opposta, che è la via impervia dell’autocritica. Autocritica da parte di élite inadeguate, perché, in primo luogo, incompetenti, come ha osservato criticamente Tom Nichols, secondo il quale “La fine della competenza non è solo un rifiuto del sapere esistente. È fondamentalmente un rifiuto della scienza e della razionalità obiettiva, che costituiscono le fondamenta della civiltà moderna”.
Soltanto un atteggiamento di questo genere – che induce a sottovalutare più del lecito la divaricazione tra ricchi e poveri – spiega quella che mi è sembrata, non da ora, una inaccettabile ed insostenibile stortura. La composizione umana, sociale e culturale delle etnie, di cui è formata la popolazione nordamericana, si è trasformata al punto tale che, oggi, la lingua ispanica è la seconda del Paese. Segno di una presenza debordante, di pulsioni nuove, di attese febbrili, di discriminazioni non più accettate. Di fronte a tutto questo, anche la Costituzione – per quanto amata e venerata – può cedere. E se qualcuno grida all’ingiustizia e chiede provvedimenti anche insensati, può darsi che trovi chi è disposto a promettere. La “moltitudine” implorava misure, nota Alessandro Manzoni: “E per sua sventura, trovò l’uomo secondo il suo cuore”. Il 6 gennaio 2021 a Washington si è replicato il tumulto di San Martino.
Donald Trump rappresenta la punta di un iceberg. Le democrazie contemporanee si sono imborghesite e hanno distrutto la borghesia, proletarizzandola. Le relative bandiere sono state ammainate. I Parlamenti non contano. Gli Esecutivi imperversano. Poi – come in Italia -, si dà il caso che i Presidenti del Consiglio siano cooptati e non eletti. Altrove, eletti a furor di popolo. Nel frattempo, il popolo diviene plebe. E le élite, invece di governare, si trastullano nel gioco perverso della spartizione del potere: senza “onore, decenza e rispetto”, come ha rilevato Joe Biden.
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