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La settimana del derby


20 Gen , 2021|
| 2021 | Sport

Aver seguito uno dei derby più affascinanti (anche solo per la città in cui si gioca) seduto in poltrona di venerdì sera, con lo stadio Olimpico vuoto, mentre in Italia attendiamo notizie sul vaccino, sul governo, sul mondo del lavoro, sul meteo e su tutto ciò che voi reputate degno di una citazione da “rubrica”, è stato un altro schiaffo alle tradizioni, quelle belle però. Nessuno pretende un derby al Flaminio con i tifosi attaccati alla rete con la radiocronaca che inizia alle 15 e che alle 15:05 era già soffocata dai cori, però… non so voi, ma prestazioni più o meno belle a parte, ha avuto un sapore più da Romolo Augustolo che da Giulio Cesare.

Ma il derby c’è stato, e quando si dice quella parola, il folklore, gli sfottò, il mondo del campanilismo si amplifica all’ennesima potenza in una città da 4 milioni di abitanti (oggi molto meno dinamici per i noti fatti), con le radio accese per sentire, intervenire, dire la loro nel magico mondo della Roma calcistica.

La Lazio è la prima squadra della capitale; la Roma non si discute si ama. La Lazio ha più trofei, la Roma è un’icona internazionale. Insomma, ce n’è… e mentre ce n’è la serie A va avanti con la Milano calcistica che risponde al derby romano piazzandosi in fuga con le sue due squadre nelle prime 2 posizioni.

Accompagniamo le partite di questa penultima giornata del girone di andata con pillole di derby internazionali, i “10” più sentiti secondo stampa, web e diversi siti specialistici… cominciando proprio dal derby “der Cuppolone”.

191 partite ufficiali giocate tra Roma e Lazio, tra campionato e coppe; 71 vittorie giallorosse e 54 biancoazzurre (con il 3 a 0 di venerdì); 239 le reti dei lupi, 196 quelli delle aquile. Squadre che, dalla loro nascita, hanno vissuto storie molto diverse; dai successi della Roma alla sua unica retrocessioni in B, agli alti e bassi della Lazio con lo scudetto del 74 e i 9 anni di serie B; tante le sfide con un pronostico ribaltato e due cannonieri da derby su tutti: Dino da Costa (italo brasiliano che ha giocato alla Roma dalla metà degli anni cinquanta) con 12 goal da una parte (secondo Totti con 11) e il grande Silvio Piola con 7 goal laziali, tallonato da Immobile con 6.

Sul derby di venerdì è molto facile parlare; raccontiamo di una buonissima Lazio, compatta, preparata al match e con i suoi migliori giocatori tirati a lucido surclassare una brutta Roma, che approccia male alla gara  e che paga errori individuali e di reparto sia in fase difensiva che in quella offensiva; non aver trovato una contromossa contro la densità centrale proposta da Inzaghi è stato imperdonabile; gli undici biancocelesti lanciati in verticale con risultato a favore sono tra le squadre più pericolose della Serie A, e così è stato, Immobile (anche se forse sarebbe da dire Ibanez)  e un doppio Luis Alberto con tiri stile biliardo d’annata i marcatori.

C’è anche un derby non cittadino, il famoso derby d’Italia, quello dell’odio storico tra Inter e Juventus, le 2 squadre con più tifosi del nostro paese. Il netto 2 a 0 di Conte su Pirlo (il gol di Vidal prevedibilissimo e quello di Barella su buco centrale un po’ meno) lancia l’Inter ancora più in solitaria al secondo posto, con più certezze e meno impegni delle altre concorrenti. Bruttissima la Juve di Pirlo, ancora troppo incostante per dare garanzie, se poi Ronaldo non gira diventa una squadra prevedibile e poco pericolosa.

Associamo al derby d’Italia un superderby… il superclasico. Il derby di Buenos Aires tra Boca e River, il derby con più spettatori nella storia del calcio, con i suoi 252 match e con il Boca di poco in vantaggio (89 vittorie a 84). Reinaldo “mostaza” Merlo come idolo indiscusso della squadra fondata dai marinai inglesi ancorati nella darsena del Rio (River) de la Plata (Plate), con le sue 42 presenze e i 16 gol di Angel Labruna come goleador le due icone biancorosse si contrappongono ai 10 gol di Paulo Valentim (brasiliano anni ‘60) e al mitologico portiere Hugo Gatti, 34 derby con la maglia della squadra fondata da quattro italiani che, vedendo una nave svedese attraccare al porto, decisero di rendere gialloblu i colori del club che chiamarono come il quartiere dove vivevano, la Boca.

Sassuolo Parma è un derby regionale che sicuramente non suscita fuoco e fiamme nei cuori dei tifosi internazionali; il Parma di D’Aversa bis riesce a strappare un punto dopo aver rischiato di prenderne 3 a seguito del vantaggio di Kucka pareggiato all’ultimissimo secondo da un rigore di Djuricic dopo una partita dominata dal Sassuolo ma con una confusione generale che sta accompagnando gli undici di De Zerbi da qualche partita.

Il piccolo derby regionale tra Sassuolo e Parma contrapposto al più antico derby calcistico del mondo fa quasi spavento. L’old firm di Glasgow, i cattolici independentisti biancoverdi del Celtic contro i protestanti ed unionisti dei Rangers, una città spaccata e tagliata in 2 con una lama “braveheartiana” che tifa e beve birra con un’atmosfera che straccia la non eccezionale qualità che di solito si vede nel rettangolo di gioco. 422 le partite giocate tra Celtic e Rangers con questi ultimi di poco in vantaggio nelle vittorie (164 a 159); emozionante anche leggere nomi di recordman come Paul McStay, scozzese con 70 caps nei Celtic tra l’82 e il ‘97 e i 22 gol di Jimmy McGrory, che nelle foto anni ‘20 ci fa luccicare gli occhi; mentre nella sponda dei “Light Blues” il record assoluto delle 87 partite dello scozzese Alec Smith ad inizio XX secolo ed i 27 goal dell’idolo Rangers degli anni 80 e 90 Ally Mc Coist.

Torna prepotentemente con un risultato tennistico il Napoli che abbatte con un 6 a 0 la Fiorentina tornata drasticamente su una terra fangosa e poco sicura; la doppietta + assist di Insigne ed i gol di Lozano, Demme, Politano e Zielinski (altro gioiellino) i marcatori, peri viola di Prandelli una doccia freddissima fatta di tanta approssimazione difensiva e poca qualità offensiva.

Il fuoco del derby eterno, il veciti derby di Belgrado. Qualcosa che vissuto sugli spalti deve rappresentare qualcosa di più di un semplice spettacolo sportivo. I bianconeri del Partizan contro i biancorossi della Stella Rossa. Un derby a strisce verticali vissuto prima nella Jugoslavia e proseguito poi nel campionato serbo, con battaglie sportive (e a volte anche extra) combattute 241 volte, con la Crvena zvezda in largo vantaggio con 107 vittorie contro le 76 della squadra fondata da partigiani slavi nel 1945.

Un attaccante appena arrivato dalla B come Torregrossa risolve una partita delicatissima regalando punti di diamante alla Samp contro una diretta avversaria per la zona tranquilla “ma senza troppi scherzi” come l’Udinese. Passati in vantaggio con – pensate un po’ – De Paul i friulani sperperano un po’ una situazione importante per le proprie caratteristiche e la Samp di Ranieri la ribalta con l’ormai cecchino Candreva e l’ex capitano del Brescia.

Il derby intercontinentale, Fenerbache – Galatasaray in una Istanbul seduta sul Bosforo e tifare follemente due delle tre squadre della città, ma sicuramente le 2 che danno vita a gare con stadi infuocati. La squadra del quartiere di Kadikoy e con il faro (Fener) nel logo iniziale e nella parte asiatica della città, contro i giallorossi del quartiere Galata nella parte europea che ebbero come prima sede societaria il negozio del lattaio del quartiere. 273 battaglie tra i 2 continenti con gli “asiatici” giallo blu del Fenerbache in vantaggio per 103 a 82. Citiamo nei goleador Zeki Rıza Sporel per il Fenerbache con 27 realizzazioni negli anni venti e trenta e Metin Oktay negli anni ‘50 per i giallorossi.

Il Milan nel posticipo del lunedì mette in mostra un giovane svedese di quarantanni o giù di lì. E’ tornato Ibra, ne fa 2 e i rossoneri mantengono la vetta sui cugini interisti. Una partita molto “da Milan”, solida, compatta, che non salta agli occhi ma che, alla fine, ti rendi conto che l’ha meritata senza sofferenze alcuna. Sprofonda il Cagliari di un Di Francesco che, se ne avrà le possibilità, dovrà far tesoro degli acquisti di gennaio per far quadrare un cerchio che, almeno finora, ha pochissimo senso.

E nella terra sospesa tra realtà e mito ci sta il “Derby degli eterni nemici” Ντέρμπι των αιωνίων αντιπάλων per la precisione; Olympiakos, i portuali figli del mare e del popolo ateniesi contro la squadra borghese della “city”, il Panathinaikos. Due modi di osservare calcio e vita diversi, biancorossi contro verdi con un solo obiettivo, far tremare i muri dei due stadi rivali, riportandolo poi anche nei palazzetti dove il derby di basket non è meno infuocato. 84 vittorie a 50 per i portuali, con le 13 reti di Giorgios Sideris negli anni ‘60 e le 16 del monumento Saravakos per i verdi del “Pana”.

Associare uno zero a zero all’Atalanta è come pensare di considerare Renzi uno statista dalle vedute progressiste, improbabile. Eppure, quando meno te lo aspetti, la Ballardini’s band impianta qualche tenda ben costruita nella propria metà campo e blocca le frecce bergamasche sul “niente pari”. Partita ovviamente a senso unico, ma l’organizzazione difensiva attuale del Genoa ha un senso tattico e logico che lascia sperare bene nel futuro genoano.

A questa partita abbiamo voluto associare un derby – se vogliamo – minore per titolo e richiamo, ma avendo deciso di non inserire in questa nostra storia nessun derby londinese (sono troppi, e a noi della “Fionda” l’esagerazione ci rende nervosi), si è scelto di focalizzare l’attenzione in mezzo alla vecchia Inghilterra operaia, nella città dell’acciaio di nome Sheffield. Lo United (le blades) contro il Wednsday (the owls), un derby interclassista tramandato di padre in figlio, il primo club della storia di questo sport contro la sua costola nata di mercoledì perché unico giorno “off” dei suoi giocatori non professionisti. Spade contro gufi per 131 volte con un bilancio di poco vantaggioso per lo United (46 a 42).

Fondamentale la vittoria del Bologna in casa contro il Verona; il gol di Orsolini su rigore è di quelli che a fine stagione si faranno sentire, e parecchio. Partita sostanzialmente equilibrata, con la brama di punti degli emiliani che, alla lunga, ha pesato di più. La leggera flessione del Verona, soprattutto nel ritmo gara, si era notata nelle ultime partite ed in questa ha denotato quanto, per gli undici di Juric, sia fondamentale non snaturarsi.

Molto più legato al rapporto tra classi sociali il derby da secunda circolar, lo Sporting Clube de Portugal (che noi chiamiamo Sporting Lisbona… mi informerò sul perché…) contro il Benfica. Squadra di struttura nobile fondata da José Alvalade lo Sporting, a righe orizzontali per aver “preso in prestito” per le primissime partite la maglia di una squadra locale di rugby, si contrappone al Sport Lisboa e Benfica, tifato dal popolo con una forte accezione internazionalista. Una partita amata dentro e fuori i confini portoghesi, con i tantissimi migranti fuori nazione che continuano a sentirsi “a casa” anche grazie a questa partita sentitissima. 309 le partite giocate con le più titolate “aquile” del Benfica in vantaggio per 135 a 109 vittorie. Se per lo Sporting “Lisbona” il miglior marcatore da derby è il giocatore degli anni ‘40 Fernando Peyroteo con 46 gol fatti, non possiamo non citare il fuoriclasse mozambicano (allora colonia portoghese) Eusebio, che ne ha messi 27 nella porta biancoverde, ma che rimane nell’olimpo dei più grandi calciatori di sempre.

Straordinaria la voglia di non staccarsi del Crotone, che per qualità della rosa dovrebbe essere già condannata ma che con la bravura di Stroppa e la capacità di essere “squadra” nonostante le debolezze, riesce a sconfiggere 4 a 1 un Benevento molto brutto. Torna al gol anche Simy, ma soprattutto tornano alcune certezze tecnico – tattiche che rappresentano l’unico e solo modo per provare a lottare fino in fondo per una salvezza che sarebbe da eremitaggio – premio.

La stupenda città di Siviglia ha un derby incandescente, quello tra il Siviglia futbòl club, nato da fondatori nobili e nel quale nei primi anni dovevi mostrare un minimo sindacale di “sangue blu” per potervi giocare, ed il Real Betis Balompié (foot – ball…), biancoverdi nati da diverse fusioni di altre squadre del capoluogo andaluso. Su 132 partite giocate è schiacciante la supremazia della più titolata squadra biancorossa (regina di Europa League); 62 vittorie a 38 e innumerevoli trofei in bacheca. Ma per i biancoverdi Balompiedisti ogni derby rappresenta un’occasione di riscatto, di godere di giorni di effervescente goliardia cittadina.

L’ultima – prevedibilmente – di Gianpaolo sulla panchina del Toro la gioca, e male, in casa contro un organizzato Spezia. Zero a zero senza troppe emozioni con Davide Nicola (scelte sempre all’insegna della novità…) pronto a subentrare con la sua carica, indiscutibile simpatia, e pochissime idee nuove. Italiano e i suoi continuano a fare punti tenendosi in una zona di classifica che, a settembre, sembrava impensabile. Bravi i liguri.

Troppo semplice in Germania andare a Berlino no? C’è un derby, che per noi della Fionda, rappresenta qualcosa di più, quel derby di Amburgo tra la squadra grossa, importante, della borghesia cittadina florida, e quella strana, con la maglia marrone, con punk pirati, anarchici e comunisti in tribuna a sostenerla anche nelle serie minori. Hamburg SV – St. Pauli FC è un derby che finisce quasi sempre con la vittoria dei primi, senza discussione. Non capita neanche troppo spesso che giocano nella stessa serie, tanto che le partite sono state appena 30 ed il St. Pauli ha vinto solo 4 volte; ma lo spirito di un quartiere “fuori dagli schemi”, con i suoi pub, i suoi locali “alternativi”, i suoi tifosi che sembrano usciti da “Asterix e i goti” sono quel sale che rappresentano a pieno il concetto stesso del derby, dove gli sfavoriti hanno l’occasione per rifarsi e godere di un girone intero, o un periodo magari, di lucentezza cittadina.

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