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Draghi. Destra, sinistra e momento populista
Ora che Draghi sta cercando di formare un governo in molti, soprattutto a sinistra, stanno iniziando a dire che alla fine l’accordo M5S-PD a guida Conte non era poi così male. Era alla fine un freno, era la cosa migliore che si potesse avere in Italia.
Non so se per perdita di memoria, per una diversa impostazione politica o una valutazione diversa sul momento populista, ma, evidentemente, si sta perdendo di vista quello che era effettivamente il Conte II. Il 5 settembre 2019, giorno del giuramento di Conte per il secondo Governo, scrivevo in un post su facebook:”con questo nuovo governo si certifica la distruzione del campo populista [Ma non del momento], anzi, meglio, un suo riassorbimento nel campo delle forze sistemiche. [..] Questo governo potrà benissimo fare anche cose buone ma all’interno di una cornice data [quella della UE], senza più nessun impulso a cambiarla, anzi il grosso del lavoro sarà indirizzato a consolidarla. Questo consolidamento verrà per di più nascosto da “specchietti per progressisti””.
Questo era l’obiettivo strategico del Conte II. Obiettivo che è stato portato avanti senza particolari intoppi. Questo era sostanzialmente il quadro fino all’arrivo del Covid che ha sparigliato le carte in tavola. Infatti, a questo punto sono entrate in gioco delle diverse dinamiche di sistema che hanno modificato le strategie del grande capitale multinazionale e finanziario e dei loro referenti politici (vedi PD e Italia Viva).
Vediamo quindi come si possa quasi fare un parallelismo tra l’arrivo del Covid e l’arrivo di Draghi (come risultanza dell’opera di Renzi e con il silenzio-assenso del PD). Infatti, come il Covid non è stato il “cigno nero” per l’economia e la globalizzazione, ma ha solo accelerato le dinamiche in essere, l’arrivo di Draghi ha solo accelerato le dinamiche che erano in essere durante il Conte II.
La necessità di effettuare una stretta sulla ristrutturazione capitalista ha infatti portato un cambio nella strategia di normalizzazione del Movimento, che fino ad oggi era stata portata avanti con due direttrici ben visibili: spingere per un’alleanza organica a partire dalle elezioni amministrative (quindi un attacco “dal basso”, con un orizzonte di lungo periodo, per preparare poi il terreno per le prossime politiche dove la proposta di alleanza organica sarebbe stata fatta a livello nazionale); far fare una virata netta sull’antieuropeismo del Movimento (quindi un attacco “dall’alto”, pienamente riuscito e sigillato con l’adesione dei 5 Stelle al Recovery Fund, che ricordiamo essere uno strumento ben peggiore del MES che ormai viene usato retoricamente dallo stesso Movimento come ultimo baluardo, ma su cui hanno recentemente ceduto alla sua riforma).
Vediamo, quindi, come la seconda linea d’attacco fosse stata portata a termine, rimanesse solo la prima, che però aveva un orizzonte lungo, che sarebbe terminato nel 2023 con le nuove elezioni politiche. Bene, con il Covid non c’era più tempo da perdere e semplicemente è stato deciso di accorciare i tempi di un processo che era già in atto da due anni a questa parte, e che stava avanzando senza troppi intoppi.
E, come sempre avviene in questi casi, le élite sono molto brave a giocarsi la partita ritorcendo contro i loro avversari le loro stesse contraddizioni e infatti stanno usando contro i 5 Stelle la stessa retorica con cui si sono ammantati in questi due anni per rimanere sulle loro “poltrone”. A partire proprio dal tema su cui i 5 Stelle hanno fatto la capriola più eclatante, l’Unione Europea, infatti risulta alquanto complicato per il Movimento continuare a usare Conte come ancora di salvezza, quando lo stesso Conte ha decantato (al contrario di quello che aveva detto a inizio del Conte I su sovranismo e populismo in costituzione) le magnifiche sorti progressive dell’Unione Europea. Infatti, ora che abbiamo Draghi, “l’apostolo dell’élite” europeista, perché dovrebbero rifiutarsi di sostenerlo? L’ultimo chiodo sulla bara l’ha messo Conte (eh sì, proprio lui, che guarda un po’ non frena un bel niente ma si mette a disposizione della nuova strategia) con le recenti dichiarazioni in cui risulta chiara l’indicazione al Movimento di sostenere un governo a guida Draghi, ammantando la dichiarazione con la retorica del governo “Politico”, mantra che stanno ripetendo un po’ tutti, anche nel Movimento.
Insomma la dinamica è ormai chiara. Chi già rimpiange il Conte II evidentemente è nostalgico anche della “tranquilla” fase del finto bipolarismo di berlusconiana memoria che ha anestetizzato la politica italiana per più di vent’anni. E non concepisce il momento populista come una risorsa nella quale si sono liberate enormi energie politiche, ma evidentemente come un ostacolo al un ritorno a una più innocua dicotomia “destra/sinistra”.
Per fortuna, però, gli strappi portano sempre con se delle controspinte “uguali e contrarie”. Come ben indica Giulio Di Donato:” Con l’investitura di Draghi si torna invece allo scenario post elezioni del 2018, quando era emerso che il cleavage fondamentale del sistema politico era tra le forze filo-establishment e le forze antisistema” Scenario che è necessario riconoscere, saper leggere e sfruttare in maniera adeguata.
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