La Fionda è anche su Telegram.
Clicca qui per entrare e rimanere aggiornato.
Quel maledetto Psicologo
“Gli psicologi non sono medici, e si vede”
“Gli psicologi scavano e trovano cavilli pur di non farti proseguire”
“Sulla professionalità di questi “individui” che ti analizzano ci sarebbe tanto da dire”
“Quegli psicologi non capiscono un c***o”
“Esperti di cosa? Di metterti contro il mondo intero? Di giudicarti inferiore, falita, repressa, inadeguata…”
“Accetta di vedere uno psicologo e presto finirai dallo psichiatra”.
Avete mai letto i commenti sotto post Facebook che riguardano, chessò, adozioni, fragilità, scuola, educazione… quasi sempre, in questo tipo di commenti emerge l’argomento “Psicologo”. E quasi sempre il suddetto, con tutta la categoria cui appartiene, ne esce massacrato. Mi è capitato di leggere di una donna che non riesce ad adottare perché lo psicologo “non vuole”. Quasi che sia un puntiglio personale del professionista che segue la pratica e che sta lavorando, ogni giorno, con l’unico scopo di garantire l’esistenza di un mondo in cui i bambini restino negli Istituti e gli aspiranti genitori aspirino per sempre. Sia chiaro, massima solidarietà ed empatia per la signora in questione, ma perché non anche per lo psicologo?
Perché ne parlo?
Ovviamente per la vicenda di Draghi.
Libero, che a certe cose ci tiene, l’ha definita “la prima gaffe del Premier” e, per chi in questi giorni si fosse distratto con le immagini di Ingenuity su Marte, la faccenda è questa: in una conferenza stampa dell’Otto Aprile, il Premier, sottolineando l’importanza di vaccinare i più anziani, esorta a smettere di vaccinare i giovani di 35 anni, gli psicologi “perché sono operatori sanitari anche loro, queste platee di operatori sanitari che si allargano (…) con che coscienza un giovane salta la lista?…”
Sgomento.
Lazzari, presidente dell’Ordine degli Psicologi, non ha tardato a far notare che l’obbligo vaccinale per gli psicologi è stato stabilito da un Decreto del 1 Aprile, che si chiama, guarda un po’, Decreto Draghi. Del resto, non è difficile fare caso al fatto che tra le professioni in contatto con le categorie più fragili, nel pubblico come nel privato, in prima linea ci siano anche gli psicologi. E l’obbligo vaccinale, pena la sospensione dell’esercizio professionale fino al 31 Dicembre… anche per chi ha 35 anni (articolo 4 del suddetto Decreto), ha proprio lo scopo di proteggere, non tanto il “furbetto” trentacinquenne, ma la persona fragile con cui costui verrà in contatto.
Non mi risulta che, ad oggi, Draghi abbia ritenuto necessario scusarsi o rettificare quanto detto.
O magari rileggere i suoi Decreti prima di renderli pubblici.
Sia chiaro. Non è mia intenzione difendere un Ordine professionale, ma la mia propensione a sintetizzare mi ha fatto riflettere su quale sia veramente la percezione che oggi, in Italia, abbiamo di una professione come quella dello psicologo. Draghi ha dato l’impressione di pensare che oggi il bisogno psicologico dell’individuo sia in secondo piano rispetto a quello sanitario in senso stretto. E sicuramente se pensiamo all’attività di un Pronto Soccorso non possiamo che essere tutti d’accordo. Ma restiamo nel nostro quotidiano. Cosa stanno affrontando gli Italiani, da soli, in casa, nella quotidianità sballata degli ultimi 13-14 mesi? E i bambini? E, appunto, le categorie più fragili, i caregiver, i bambini con bisogni speciali? Come ci sentiamo a un anno dalla pandemia?
Draghi, in pochi secondi davanti alle telecamere, ha dato gran voce a tutti quelli che pensano che la Colpa, quella primordiale, sia sempre dello psicologo. Ebbene sì. Siamo in ritardo con le vaccinazioni. Per colpa dello psicologo.
Il paradosso è che lo stesso Draghi, nel suo discorso di insediamento, aveva ribadito l’importanza dell’assistenza psicologica in questo delicato momento storico.
Ridicolo che, ad oggi, stiamo ancora a sottolineare questo concetto.
Che dire ancora? Sarebbe interessante capire cosa si nasconde dietro tutto questo astio, ma, appunto, ci vorrebbe uno psicologo… e non saprei se fidarmi.
La Fionda è una rivista di battaglia politico-culturale che non ha alle spalle finanziatori di alcun tipo. I pensieri espressi nelle pagine del cartaceo, sul blog online e sui nostri social sono il frutto di un dibattito interno aperto, libero e autonomo. Aprendo il sito de La Fionda non sarai mai tempestato di pubblicità e pop up invasivi, a tutto beneficio dei nostri lettori. Se apprezzi il nostro lavoro e vuoi aiutarci a crescere e migliorare, sia a livello di contenuti che di iniziative, hai la possibilità di cliccare qui di seguito e offrirci un contributo. Un grazie enorme da tutta la redazione!