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I rischi che si affollano intorno all’Unione Europea e si insinuano nelle maglie dell’euro: il caso di Target2


22 Apr , 2021|
| 2021 | Visioni

La Brexit ha rappresentato, per l’Unione Europea, un vulnus che ne ha scosso le fondamenta senza tuttavia provocare, almeno per ora, danni strutturali. Passata la nottata, oggi rimangono ancora però diversi, ed altrettanto rilevanti, elementi di tensione che minacciano l’Unione.

Tra questi, alcuni hanno un peso assai marginale e ridotta visibilità, altri hanno un peso superiore e visibilità maggiore, tuttavia ve ne è qualcuno che ha ridottissima visibilità ma un peso potenzialmente dirompente.

La gestione dei vaccini potrebbe essere annoverata tra le vicende di rilievo e di grande visibilità che hanno evidenziato diverse debolezze nella gestione dell’Unione, tanto che alcuni partner hanno intrapreso una strada autonoma. Paradossalmente, nonostante la sua indubbia portata, non è però la più pericolosa. Infatti, appartenente all’ultima classe, quella dei rischi poco visibili ma potenti, pende un problema potenzialmente più grande, celato nel meccanismo di funzionamento dell’Unione Monetaria: riguarda il sistema di regolamento Target2 ed il regolamento delle transazioni tra le banche degli stati partner.

Il punto è che, come evidenzieremo oltre, Target2, di fatto, agevola le autorità nazionali di vigilanza e regolamentazione nel ridurre la pressione sul sistema creditizio derivante dai crediti inesigibili in essere e, possibilmente, anche da quelli futuri. Un inceppamento di Target2 potrebbe portare a significative difficoltà nella posizione finanziaria delle banche commerciali.

“E come?”, si dirà. Ecco un semplice esempio. consideriamo un produttore tedesco di automobili (A) che utilizza come banca Deutsche Bank e un’azienda italiana (B) che ha come banca, ad esempio, Monte dei Paschi di Siena (MPS). Nella transazione, per come il sistema dei pagamenti è attualmente strutturato, sono coinvolte anche la banca centrale tedesca (Bundesbank), la banca centrale italiana (Banca d’Italia) oltre ovviamente alla BCE (visto che entrambe le due BCN (Banche Centrali Nazionali) sono parte dell’Eurosistema.

Quindi, A vende 1000 € di beni a B, ma B non ha i soldi per pagare questi beni. Così B prende in prestito 1000 € da MPS. MPS, a sua volta, ordina il pagamento movimentando il suo conto di rifinanziamento con la Banca d’Italia di 1000 euro (cioè, prende in prestito 1000 euro dalla banca centrale italiana). I 1000 euro vengono trasferiti tramite Target2 alla Bundesbank. La Bundesbank riceve un credito di 1000 euro dalla BCE e la Banca d’Italia registra un debito. La Bundesbank trasferisce 1000 euro alla Deutsche Bank che, a sua volta, riduce il suo rifinanziamento con la Bundesbank (vale a dire, riceve un credito di 1000 euro verso Banca la centrale tedesca). Deutsche Bank accredita il conto di A con 1000 € e la transazione si chiude. Insomma, l’importazione di beni dalla Germania verso l’Italia – determina o aumenta sia un avanzo di conto corrente in Germania sia un disavanzo di conto corrente in Italia – è stata finanziata da MPS creando liquidità sotto forma di un prestito, depositato, alla fine della catena, sul conto bancario di B. La creazione di liquidità comporta un debito Target2 per la Banca d’Italia e un credito Target2 per la Bundesbank.

Supponiamo che B non rimborsi mai il suo prestito di 1000 € a MPS – che, ad esempio, non riceva alcun accredito utile da altra controparte, commerciale o meno, a favore di B – ciò che accade è che Target2 registra un addebito permanente contro la Banca d’Italia di 1000 € e registra un credito permanente per la Bundesbank di 1000 €. Certo MPS può ricevere, in uno scambio di segno contrario tra un operatore tedesco ed uno italiano, un pagamento analogo od, eventualmente, stanziare un maggiore quantitativo di BTP come collaterale per un maggiore indebitamento temporaneo, ad esempio come le operazioni di rifinanziamento, verso la Banca Centrale Nazionale. In questo modo le sue riserve libere presso la banca centrale torneranno a livello precedente ma si tratta, nel primo caso, di un’operazione diversa, che solo “compensa” la prima rimasta zoppa, nel secondo l’operazione ha, per definizione, natura temporanea (anche se poi, in realtà, il rifinanziamento “ad libitum” è possibile, ed attualmente assai probabile, in caso di necessità).

Comunque, dal momento che le riserve delle banche centrali sono percepite come “l’ultima risorsa sicura”, tutti sono felici: il consumatore italiano è contento perché utilizza beni che, alla fine, “non vengono mai pagati”. MPS è contento perché è stato, nella sostanza, “salvato” grazie alla Banca d’Italia dall’impatto sulla liquidità di un ennesimo prestito in sofferenza. La Banca d’Italia ha una passività nei confronti della BCE che non sarà mai estinta. La Bundesbank detiene, indirettamente, un’attività garantita dall’appartenenza della Banca d’Italia all’Eurosistema, che quindi – per definizione – non presenta rischi. Da ultimo, la Deutsche Bank ha pagato l’esportatore tedesco per i suoi splendidi sforzi volti ad aumentare, ancora una volta, il surplus commerciale della Germania.

Ora, nel 2021 la situazione della qualità del credito bancario appare destinata a deteriorarsi a un ritmo potenzialmente più rapido rispetto al 2020. Ciò a causa delle conseguenze economiche del blocco ripetuto dell’attività produttiva provocato dalla pandemia. Una situazione che, peraltro, rischia di trovare una soluzione dilazionata in carenza di vaccinazioni, rinviando il ritorno alla normalità.

Diversi osservatori notano che in questo contesto è oggettivamente cresciuto il rischio di un inceppamento dell’ordinato regolamento delle transazioni via Target2. Un evento che – per quanto accennato – potrebbe mettere in seria difficoltà sia la BCE che le banche centrali nazionali, accrescendo i rischi per l’Euro.

Un potenziale “equivoco monetario” alla base del concetto di UE

In linea con il suo basso profilo politico nell’immediato dopoguerra, la Germania ha dato seguito, senza particolari ostacoli, all’evoluzione del progetto europeo da blocco commerciale in Unione Monetaria. Il punto è che, in una certa misura, la realizzazione del progetto di Unione Monetaria ha di fatto “socializzato” – attivando un meccanismo di sovvenzione indiretta – il profilo di rischio assai contenuto degli Stati del Nord Europa, a tutto favore dei membri dell’Europa meridionale, spesso meno sviluppati, traducendosi in un bel vantaggio in termini reputazionali e di rischio paese per questi ultimi.

L’euro ha, in effetti, rappresentato il baricentro su cui fare leva, per consentire a nazioni come l’Italia, la Spagna e la Grecia di beneficiare del livello estremamente favorevole del rating attribuito al debito pubblico outstanding della Germania. La logica sottostante è che l’emissione di debito pubblico da parte di una qualsiasi nazione sovrana partner dell’Unione rimane comunque vincolata ad una moneta comune e ad un unico sistema di regolamento: in questi termini ci dovrebbe essere poca differenza, in una situazione ottimale di rispetto della convergenza, tra possedere un titolo del debito sovrano tedesco o un titolo italiano o, ancora, greco.

I rischi che si affollano intorno all’Unione Europea e si insinuano nelle maglie dell’euro: il caso di Target2

In assenza di convergenza, invece, le conseguenze sono che, attraverso gli intermediari finanziari bancari e non bancari, i risparmiatori tedeschi sovvenzionano, direttamente ed indirettamente, il debito dei paesi partner con profilo di rischio più elevato, poiché questo viene emesso – e detenuto – a tassi inferiori rispetto a quelli che il mercato imporrebbe altrimenti, in assenza dello “scudo” rappresentato dall’Euro. Il grafico precedente illustra l’andamento del rendimento sui treasury italiani a 10 anni in un’illuminante prospettiva storica.

Nel periodo immediatamente precedente all’introduzione dell’euro, le regole del Trattato di Maastricht non sono state di fatto applicate, altrimenti il livello di debito sovrano dell’Italia ne avrebbe impedito la partecipazione all’Unione. Nel 1992, quando è entrato in vigore il trattato di Maastricht, che stabiliva le condizioni per l’adesione all’Unione monetaria, il tasso di mercato dei titoli di Stato italiani a 10 anni era al 12,4%. L’equivalente benchmark tedesco rendeva l’8,3%, con un differenziale di oltre 400 bps. Ad inizio 2021 il benchmark tedesco rendeva circa il -0,6% e il decennale italiano circa l’1,0%. Non solo lo spread era sceso sotto il 2,0%, ma  ciò è accaduto mentre nel frattempo il rapporto debito/PIL per il nostro Paese è salito oltre il 150% alla fine del 2020. Insomma, connettendo i due punti, si ha l’immagine di un mondo dove più ci si sposta verso il disequilibrio dei conti più si viene premiati: meraviglioso, ma certamente poco coerente con lo spirito fondativo di Maastricht. Esempi simili possono essere fatti per gli altri GIPS – Portogallo, Grecia e Spagna. È chiaro che i mercati non stanno valutando il rischio sovrano come dovrebbero e i rendimenti sono fortemente compressi.

Le prospettive per i disavanzi di bilancio in questi paesi sono attualmente, per dirla eufemisticamente, “assai complicate”. La situazione era simile anche prima del COVID-19 e senza neppure considerare le ipotesi, profilate anche da esponenti politici di spicco, secondo cui la BCE dovrebbe cancellare almeno una parte dell’ingente quantitativo di debito pubblico dei GIPS nel suo portafoglio. Detto ciò, alla luce della serie di elementi succitati, raccolti in un quadro organico, sembra possibile focalizzare il problema fondamentale dell’Eurosistema: non è affatto un progetto supportato da un’asettica teoria economica alla sua base ma è, piuttosto, semplicemente, una costruzione politica per realizzare obiettivi politici.

La BCE: un mandato pressoché impossibile?

Nell’introduzione si è sottolineato l’assenza di preparazione ed “urgenza burocratica” nelle vicende legate agli appalti per i vaccini ed alle campagne vaccinali ed il conseguente disorientamento, talvolta sconfinato in panico, diffusosi a Bruxelles. Al contrario, l’attuale Presidentessa della BCE ha ricoperto il ruolo di Presidentessa del FMI e in precedenza ha ricoperto diversi ruoli nel governo francese, tra cui il ministro dell’Economia e delle Finanze. È stata quindi nominata a capo della BCE come personalità degna di assoluta affidabilità. Purtroppo, in questa sua nuova veste, ha ereditato una posizione assai difficile da gestire, perché non ha il mandato politico per moderare o modificare le politiche inflazionistiche che ha ereditato.

Più precisamente ha, in realtà, ereditato due vere e proprie “mission impossible”. La prima è quella di continuare a distribuire “ad libitum” i risparmi nazionali della Germania per sostenere i GIPS, e la seconda è quella restituire una forte dinamicità, risanando completamente le parti più traballanti, ad un sistema bancario che presenta difficoltà crescenti. Tanto che alcuni osservatori qualificati azzardano a definire “zombie” alcuni intermediari continentali di indubbia rilevanza. La tabella 1 mostra, nello specifico, alcuni multipli per le banche G-SIB in Eurozona:

I rischi che si affollano intorno all’Unione Europea e si insinuano nelle maglie dell’euro: il caso di Target2

 

Ora, G-SIB è l’acronimo che indica l’importanza sistemica a livello globale di una banca. Quest’ultima è obbligata in tale veste, dalle autorità di Vigilanza, a disporre di riserve di capitale supplementari, che dovrebbero garantire la copertura, o comunque circoscrivere, il rischio di controparte. Per definizione, è pertanto implicito dover considerare le banche più piccole come “meno sicure”, visto che le G-SIB dell’Eurozona dovrebbero essere capitalizzate meglio e disporre di livelli di liquidità più elevati e, quindi, più “rassicuranti”. A quanto pare però ciò non sempre accade.

Il punto è che, quando si vanno ad osservare i multipli suesposti, si può agevolmente verificare come, ad esempio, la capitalizzazione di mercato di Société Générale fosse intorno a metà 2020 pari a solo il 21,1% del patrimonio netto contabile e come gli azionisti sopportassero un market value leverage pari a 101,4 volte. Peraltro, nel considerare il livello dei prestiti in sofferenza reale – senza quindi l’impatto mitigante delle moratorie e della classificazione meno stringente concessa dalle autorità di Vigilanza – si dovrebbe considerare in modo assai prudenziale anche la situazione delle eventuali passività fuori bilancio. Altre G-SIB dell’Eurozona presentano un grado di leverage inferiore, a tutto vantaggio degli azionisti, ma non c’è dubbio che i loro rating sul mercato ci indichino come, dopo aver tenuto conto in modo prudenziale degli NPL, molte di loro sono al limite – se non pienamente dentro – dell’insolvenza tecnica, e forse non dovrebbero essere neppure considerate banche commerciali.

Il nocciolo del problema risiede infatti, proprio nella massa degli NPL (prestiti deteriorati od in sofferenza). È ormai prassi corrente per le autorità nazionali di vigilanza considerare parte di essi adeguati, ovviamente prima che vengano classificati tra i deteriorati, a poter fungere da garanzia per i prestiti concessi dalla banca centrale nazionale, in qualità di appartenente all’Eurosistema. Essi, se vengono stanziati prima di essere classificati tra i prestiti deteriorati (od entrare in sofferenza) e corrispondono ovviamente ad un pagamento transitato per Target2, si perdono successivamente nel sistema di regolamento, vengono dimenticati, e miracolosamente la banca commerciale risulta, grazie alla liquidità implicitamente ottenuta dalle banche centrali nazionali, che non chiudono il debito corrispondente con la BCE, nuovamente solvibile. Il problema è che Target2 viene progressivamente costellato, in quota crescente, di tali debiti. Ciò nel tempo crea degli squilibri anche in virtù del loro accumulo, come mostra il prossimo grafico:

I rischi che si affollano intorno all’Unione Europea e si insinuano nelle maglie dell’euro: il caso di Target2

Per tale via i risparmi nazionali della Germania vengono, di fatto almeno in parte, redistribuiti a favore dei GIPS. Alla fine di dicembre 2019, la Bundesbank tedesca era infatti “creditrice” per 1.136 miliardi di euro, un importo che è aumentato del 26% nel 2020. Allo stesso tempo, i maggiori debitori, Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, hanno aumentato il loro debito combinato di 242 miliardi di euro a 1.180 miliardi di euro.

I rischi che si affollano intorno all’Unione Europea e si insinuano nelle maglie dell’euro: il caso di Target2

Il deterioramento più rapido e cospicuo è quello della Grecia: con un saldo negativo più che raddoppiato a 54,6 miliardi di euro, dai 25,7 miliardi di euro a fine 2019. Pure il disavanzo della Spagna sta aumentando a un ritmo preoccupante: è passato da 392,4 miliardi di euro a circa 500 miliardi di euro, mentre quello del l’Italia cresce da 439,4 miliardi a 516 miliardi di euro.

Nel sistema Target2, se una banca centrale nazionale presenta un deficit rispetto alle altre banche centrali, è perché ha prestato denaro alle sue banche commerciali per coprire i trasferimenti di pagamento, invece di farli passare attraverso il sistema di regolamento ordinario. I prestiti alle banche commerciali del suo paese appaiono come un’attività nel bilancio della banca centrale nazionale, che è compensata da una passività della Banca Centrale nei confronti dell’Eurosistema della BCE attraverso Target2 – da cui derivano i disavanzi di GIPS. Ma secondo le regole, se il sistema di Target2 fallisce, i costi sono ripartiti dalla BCE sulla base delle quote di capitale che corrispondono alle quote di proprietà delle azioni BCE da parte delle banche nazionali (capital key).

La stessa BCE ha un deficit di 342 miliardi di euro derivante dal mancato trasferimento di obbligazioni acquistate dalle banche centrali nazionali per suo conto, ciò riduce i deficit registrati statisticamente tra i debitori e “nasconde”, sempre nelle registrazioni statistiche, quanto dovuto alle altre BCN, come ad es. la Bundesbank. In altre parole, la mancata “visibilità statistica” di questo saldo negativo della BCE corrisponde ad una sottorappresentazione della gravità della situazione raffigurata dalle statistiche ufficiali.

Di fatto è, oggettivamente, nell’interesse di una banca centrale nazionale riuscire a gestire un disavanzo maggiore rispetto allo schema di ripartizione del capitale (capital key), sostenendo surrettiziamente le banche insolventi nel suo Paese, dove ha in effetti giurisdizione. In tal modo, se il sistema Target2 ipoteticamente dovesse fallire, la cancellazione del debito in essere risulterebbe superiore al contributo al capitale della BCE, con un vantaggio finanziario notevole per il Paese d’appartenenza.

Insieme al Lussemburgo, la Germania è ovviamente la parte che perderebbe potenzialmente in misura maggiore in tale situazione. La partecipazione azionaria della Germania alla BCE è pari al 26,38 per cento del totale delle banche nazionali dell’area dell’euro. Se Target2 crollasse, quindi, la Bundesbank perderebbe i miliardi di euro che le sono dovuti dagli altri e dalla stessa BCE, e inoltre dovrebbe pagare fino a 400 miliardi di euro di perdite nette, sulla base degli squilibri correnti. Si tratta attualmente di un costo nozionale per la Bundesbank di almeno 1,536 trilioni di euro, un importo che cancellerebbe il suo bilancio.

Per capire come e perché il problema si pone, dobbiamo tornare alla precedente crisi bancaria europea, dopo il crack di Lehman Bros., che ha plasmato le attuali pratiche normative a livello nazionale. Se l’autorità nazionale di vigilanza bancaria ritiene che i prestiti siano in sofferenza, le perdite rimangono un problema bancario nazionale. In alternativa, se l’autorità di vigilanza ritiene che essi possano essere ancora mantenuti in bonis, seppur con una prospettiva significativa di entrare a far parte dei deteriorati, essi sono ammissibili per le operazioni di rifinanziamento presso l’Eurosistema. Quindi una banca commerciale può utilizzare tali prestiti come garanzie reali per prendere a prestito dalla banca centrale nazionale, che a sua volta prende in prestito con la copertura dell’Eurosistema, effettuando i pagamenti nel sistema di Target2. I flussi corrispondenti ai prestiti delle controparti divenute poi insolventi sono pertanto “trasferiti” (rimossi?) dai sistemi bancari nazionali dei GIPS e, sostanzialmente, “confusi” (persi?) nell’Eurosistema.

Nel caso dell’Italia, il livello molto elevato dei prestiti in sofferenza ha raggiunto il 17,1% nel settembre 2015, ma a metà del 2020 si era ridotto significativamente calando al 6,5% (meno della metà). Dati gli incentivi per l’autorità di regolamentazione a “trasferire” il problema dei prestiti in sofferenza dall’economia nazionale all’Eurosistema, sarebbe quasi “miracoloso” se l’intera riduzione degli NPL si fosse effettivamente realizzata per motivi “non tecnici”. Inoltre, con tutte le chiusure di attività produttive a seguito del Covid-19, appare assai difficile che gli NPL non torneranno a salire nuovamente e gran parte di questo aumento deve ancora emergere nei bilanci.

Ufficialmente, non vi è alcun problema, perché la somma algebrica delle posizioni BCE e di tutte le posizioni di Target2 della banca centrale nazionale sono pari a zero, e la contabilità reciproca tra le banche centrali del sistema mantiene un saldo nullo per definizione. Un fallimento sistemico di Target2 è quindi inconcepibile per i suoi architetti. Tuttavia, per il meccanismo illustrato, la crisi di Covid-19 rischia di accrescere ulteriormente ed in misura eccessiva gli squilibri, minacciando di incrinare, in modo irreversibile, il tessuto del sistema di regolamento.

Come già detto, il problema più grande, tra i membri dell’Eurosistema, è della Bundesbank tedesca, che attualmente è creditrice di oltre un trilione di euro attraverso Target2. Il rischio di perdite potenziali è destinato ad aumentare rapidamente nei GIPS dopo i ripetuti cicli di lock-down causati dal Covid. La Bundesbank ha diverse ragioni per essere seriamente preoccupata. Come rilevato dal professor Hans Werner Sinn, decano degli economisti tedeschi:

“… La questione di Target2 è balzata alla ribalta sui mezzi di comunicazione quando il nuovo Presidente della Bundesbank tedesca, Jens Weidmann, ha espresso le sue preoccupazioni sulla posizione Target2 della Bundesbank in una lettera al presidente della BCE Mario Draghi. Nella lettera, Weidmann chiedeva non solo criteri di valutazione dei rating più stringenti, per le garanzie fornite a fronte di prestiti di rifinanziamento, ma anche garanzie sui crediti che la Bundesbank vanta in Target2. Weidmann ha scritto la sua lettera dopo diversi mesi di silenzio della Bundesbank, durante i quali è stata condotta un’ampia analisi interna sulla questione. Questa lettera è importante perché segna un cambiamento assunto da Weidmann rispetto alla precedente posizione della Bundesbank, secondo cui i saldi di Target2 sarebbero stati sostanzialmente irrilevanti e avrebbero rappresentato un normale “sottoprodotto” della creazione di moneta nel sistema monetario di Eurozona”.

Quindi Weidmann sembrerebbe conoscere perfettamente il rischio che viene qui tratteggiato e ripreso, dopo essere stato portato alla ribalta da diversi osservatori. In qualità di meccanismo che permette implicitamente ai GIPS di “proteggere” i prestiti deteriorati in quantità crescenti, la struttura di Target2 appare viziata sin dal suo esordio. E ora, dopo che il Covid-19 ha esercitato un impatto economico devastante, i rischi di un inceppamento del meccanismo e di un suo blocco sono cresciuti in misura esponenziale. A fronte del suo attivo di bilancio, la Bundesbank ha passività di 2.227 miliardi di euro nei confronti del suo sistema di banche commerciali ed un capitale proprio insufficiente per assorbire eventuali cancellazioni dei crediti che essa vanta nei confronti di Target2. Né le banche centrali dei GIPS hanno il capitale per onorare eventualmente questi crediti. In altre parole, se Target2 si blocca e va in default, tutte le banche centrali dell’Eurozona – inclusa la BCE – subiranno danni irreparabili. Fino a quel momento, Target2 rimane un patto mefistofelico, da mantenere in una situazione di limbo, che non è nell’interesse di nessuno infrangere, a meno che non si riesca a condurre in porto una complessa e difficoltosa ristrutturazione di Target2 che, per ora, non sembra avere una strada facile di fronte a sé.

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