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Conosci i tuoi diritti? Una campagna di marketing virale su salario minimo, diritto al riposo e ferie retribuite
In questa estate torrida, l’Appello per un’esistenza libera e dignitosa e i post della campagna social di supporto (da implementare durante il prossimo autunno) sono la classica ventata di aria fresca di cui c’era (e c’è) davvero un gran bisogno. Questo uno dei passaggi più significativi:
«Una paga minima che garantisca a tutti un’esistenza libera e dignitosa. Riposo settimanale e ferie annuali retribuite. Sono norme di protezione sociale minima per chi lavora, che possono essere ulteriormente rafforzate da un reddito minimo garantito e da un sistema pubblico di formazione e inserimento nel mercato del lavoro a condizioni dignitose. Sono diritti fondamentali dei quali è giunto il tempo di pretendere la concreta attuazione».
Abbiamo chiesto ai tre admin del gruppo Facebook di coordinamento del progetto – Giuseppe D’Elia (GDE), Marco Giustini (MG) e Gaetano Salemi (GS) – di darci qualche ulteriore ragguaglio sugli obiettivi e sulle finalità di questa campagna di comunicazione virale.
Vi definite “Un gruppo di persone che condividono l’esigenza e l’urgenza di fare egemonia su alcuni temi sociali, che sono stati completamente messi ai margini dal sistema politico italiano”. Bello. Ma come pensate di poterci riuscire?
Guarda, l’idea è semplice a dire ma tutt’altro che facile a farsi. Lo abbiamo scritto chiaramente nel gruppo di coordinamento, fin dal primo post, e ne siamo del tutto consapevoli. Però, in un certo senso, la sfida è quella di provare a sconfiggere il capitalismo, usando le sue stesse armi. (GDE)
Cioè?
Per certi versi ci siamo ispirati alle campagne di comunicazione che hanno avuto molto successo in altri Paesi. In USA, l’avanguardia del capitalismo delle corporations, recentemente il Presidente Biden ha dichiarato pubblicamente che se i datori di lavoro non trovano persone disposte a lavorare, c’è una soluzione molto semplice: “Pagarli di più”. Se questo accade, lì, è anche per il peso specifico di campagne mediatiche di enorme successo come “Fight for 15$”. Quindici dollari l’ora, come paga base, sono più di 12 euro e mezzo, al cambio attuale. (MG)
In Italia invece molti ritengono accettabile che si debba lavorare anche per cifre più basse, giusto?
Esattamente. E guarda che ci sono dei contratti collettivi che prevedono appunto una paga misera, che è pari anche alla metà di quanto preteso dal movimento americano. Sui media si è parlato molto della questione dei rider, ma la tendenza al ribasso dei salari è ormai diffusissima. (GS)
La polemica continua sul Reddito di cittadinanza è un altro tassello di questa continua svalutazione del lavoro, no?
L’art. 36 Cost., vero e proprio pilastro di questa nostra campagna comunicativa, afferma che la retribuzione debba essere, non solo proporzionata alla qualità e alla quantità di lavoro prestato, ma “in ogni caso sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa”. Questa istanza e i corollari del diritto al riposo e alle ferie retribuite sono garanzie minime di protezione sociale che possono essere molto rafforzate da un reddito minimo garantito e da un sistema pubblico di formazione e inserimento nel mercato del lavoro a condizioni dignitose. Se il mercato comprime il salario fino a farlo diventare una paga misera, deve essere il settore pubblico a intervenire e a fare da argine. E non è solo una questione di divieti e sanzioni. La stessa legge sul salario minimo di per sé rischia di essere insufficiente. È necessario infatti che sia lo Stato a presidiare economicamente queste istanze, con un sostegno concreto. Reddito per chi è senza lavoro e percorsi di inserimento che portino chi è in grado di lavorare a farlo in condizioni dignitose, con una giusta paga e con un significativo recupero del tempo di vita. (GDE)
E torniamo al punto di partenza. Tutto giusto e condivisibile ma come realizzarlo in concreto?
Vedi, l’idea di sconfiggere il capitalismo con le sue stesse armi non è solo uno slogan a effetto. Noi stiamo cercando di utilizzare internet e i social network per dare ampia diffusione a un messaggio che, con tecniche di marketing virale, potenzialmente è in grado di arrivare a centinaia di migliaia di persone. Questo può succedere anche in un tempo relativamente breve. Se ognuna delle persone che aderiscono alla campagna, si attiva, riuscendo a coinvolgere, ogni volta, almeno altre due persone, la crescita che si può realizzare è tanto più rapida quanto più il tema è sentito e condiviso. Abbiamo scelto, proprio per questo, di cominciare con un tema di vitale importanza: il diritto a un’esistenza libera e dignitosa. Un tema che la Costituzione tratta con un linguaggio semplice e immediato. Le domande che accompagnano i vari post sono altrettanto elementari: conosci i tuoi diritti? Lo sai che paga minima, riposo settimanale e ferie annuali retribuite sono diritti costituzionali? Le risposte sono conseguenziali: attivati e pretendi che i tuoi diritti costituzionali siano finalmente rispettati. (GDE)
Che riscontri state avendo in questa fase iniziale?
Il nucleo base di attivisti lo abbiamo costruito in poche settimane e solo col passaparola. Siamo ormai circa duecento ed è già un mezzo miracolo perché, da anni, su queste tematiche c’è un clima di sfiducia generale che è il prodotto di una vera e propria egemonia culturale di tipo aziendalista che, come è già stato ipotizzato altrove, va completamente ribaltata e capovolta. La sensazione è che la pandemia abbia smosso qualcosa. Le persone hanno dovuto modificare rapidamente molte delle proprie abitudini e questo improvviso e imprevisto cambiamento, forse, apre uno spazio per provare a fare qualcosa di nuovo e di diverso dal solito. (MG)
Da chi è composto questo nucleo base di attivisti?
Io ho coinvolto sopratutto persone che, come me, sono già molto attive in ambito sindacale. Confrontandoci con gli altri, ci siamo resi conto che, fin qui, la maggior parte di quelli che hanno aderito convintamente sono persone con una forte coscienza politica e che tendenzialmente si definirebbero “di sinistra”, ma sappiamo bene che questo è un terreno scivolosissimo nel nostro Paese. (GS)
In che senso?
Nel senso che la vera sfida è quella di riuscire a parlare alle masse che non sono (più) politicizzate. E questa per noi è appunto una questione tematica. Abbiamo detto, e continueremo a dire sempre, che queste campagne servono appunto a ribaltare e capovolgere il senso comune che purtroppo coincide, da troppi anni, con l’unico punto di vista che viene rappresentato nei media: quello aziendalista. A noi non interessa fondare nuovi partiti. A noi interessa che tutti i partiti debbano dare risposte alle nostre istanze. È questo il senso ultimo del progetto: costruire una nuova egemonia. Come è possibile che i diritti costituzionali vengano completamente cancellati e rimossi? Come è possibile che si continui a raccontare la favola del debito pubblico che ci impedisce di fare politiche sociali, quando la ricchezza privata accumulata è più del triplo del debito stimato? Non è un problema economico: è un problema politico. Mancano del tutto le politiche redistributive. Si è letteralmente smantellato il settore pubblico negli ultimi decenni. Noi cominciamo dalle istanze più vive e vitali. Se ci sarà una diffusa presa di coscienza di quali e quanti sono i diritti costituzionali negati, forse, finalmente riusciremo a invertire la rotta e arrestare il declino sociale di questo Paese. (GDE)
Come mai l’appello è senza promotori e prime firme?
Ci piace molto l’idea che l’appello sia di tutti quelli che lo condividono e non di chi lo ha elaborato e proposto. Siamo tutti promotori: “Attivista sei tu, attivista siamo noi”, abbiamo scritto nel sito e nelle pagine social. Ovviamente ognuno di noi, poi, condividendo i post nei propri canali social, ci mette la faccia e una parte significativa del proprio tempo. La difficoltà che diamo per scontata è proprio questa: i ritmi di lavoro sono tali da lasciare pochissimo tempo libero a ciascuno di noi. Tuttavia l’impegno richiesto per questo tipo di campagna di mediattivismo è veramente minimo. Una frazione del proprio tempo libero da dedicare alla condivisione e alla diffusione del progetto è un sacrificio davvero piccolissimo. Soprattutto se si considera che, se le istanze della campagna trovassero riscontro politico concreto ed effettivo, il risultato finale sarebbe appunto quello di migliorare le condizioni di vita e di lavoro di ciascuno di noi. Investi una frazione minima del tuo tempo, per migliorare in prospettiva la tua vita e quella di tutti. Ne vale senz’altro la pena, no? (GS)
C’è una data per la partenza ufficiale della campagna? Vi siete dati anche un termine?
Non abbiamo date precise. Per questo autunno confidiamo di riuscire a portare il nucleo base di attivisti almeno sopra quota mille. Ci pare il minimo indispensabile per riuscire a fare numeri significativi con azioni mirate e concordate. Magari saranno in tanti a leggere questa intervista e questo ci permetterà di crescere anche più rapidamente. Gli obiettivi sono chiari e ci sembrano molto desiderabili e ampiamente condivisibili. Chiunque può dare una mano per la riuscita dell’iniziativa. Il termine della campagna ovviamente è legato agli obiettivi stessi che ci siamo dati. Continueremo fino a quando i nostri diritti costituzionali verranno sistematicamente ignorati e calpestati. (MG)
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