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I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse sono pronti alla carica negli USA
Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le evidenze che il mercato azionario statunitense – e quindi la maggior parte dei mercati azionari globali nei paesi sviluppati, eccetto la Cina – si trovano in una situazione di bolla. Peraltro questa bolla sarebbe in stato avanzato e, probabilmente, costituirebbe la più grande bolla azionaria di tutti i tempi.
In realtà la bolla non interessa solo il mercato azionario ma, in primis, parte dal mercato treasury che la Fed ha manipolato, portandolo a livelli stratosferici, utilizzando oltre 2 trilioni di USD grazie al Quantitative Easing (QE) negli ultimi 18 mesi.
I titoli di stato in parola sono oggigiorno l’asset più senior nel sistema finanziario statunitense. I loro rendimenti rappresentano il tasso di rendimento “senza rischio” rispetto al quale vengono valutate tutte le attività rischiose (incluse le azioni). Quindi, quando la Fed ha generato questa bolla sul mercato Treasury, stava preparando la strada, e successivamente ha dato il via, ad una bolla su tutti gli altri principali mercati degli asset finanziari e reali (in quest’ultimo caso facciamo riferimento, in particolare, alle materie prime).
Naturalmente, la domanda pratica immediata, che viene spontaneo porsi, è: …… quando scoppierà questa bolla?
Fonte: Stockcharts.com
In altre parole, quando accadrà quanto prospettato nel grafico precedente?
Prevedere la settimana effettiva di un crollo del mercato azionario, per non parlare del giorno, è quasi impossibile. Tuttavia, ci sono alcune condizioni chiave necessarie che devono essere soddisfatte affinché ci sia la possibilità che il mercato crolli.
Possiamo pensare ad esse come a spie di avvertimento CHIAVE o, in modo più immaginifico, ai “QUATTRO Cavalieri” che precedono un’apocalisse, in questo caso del mercato azionario. Di esse sostanzialmente tutte sono oggi verificate.
In primis, alcune delle società con ponderazione più elevata hanno già iniziato a seguire un trend cedente, con improvvisi crolli delle quotazioni solo parzialmente recuperati. Tecnicamente, l’S&P500 è infatti composto da 500 società, che però non hanno lo stesso peso all’interno dell’indice. Alcune aziende hanno invece un peso sproporzionato, fornendo un impatto assai maggiore delle altre all’andamento dell’indice complessivo.
Per questo motivo, per avere un crollo, è necessario che le azioni con peso maggiore segnino cedimenti gravi, rompendo il precedente trend favorevole. Anche se la maggior parte delle 500 aziende nel mercato complessivo fossero in tendenza ribassista, se le azioni più ponderate NON cambiano intonazione, è praticamente impossibile che il mercato nel suo complesso (rappresentato dall’indice S&P500) crolli. Altri segnali di particolare rilevanza sono più tecnici e quindi non li affronteremo in questo luogo, basti solo rilevare che un indicatore in particolare, il cd. “Hindenburg Omen” (composto a sua volta da una serie di condizioni specifiche), presente prima di tutti i crash azionari degli ultimi 40 anni, negli ultimi mesi si è attivato più volte.
Pertanto, le condizioni per un crollo ci sono e la FED dovendo scegliere se “lasciar andare” il mercato dei Treasury od il mercato azionario, per motivi di stabilità, non esiterà senz’altro al lasciar andare quest’ultimo – l’azionario – cercando di salvare invece il ben più importante mercato dei titoli di stato, sotto i colpi di un’inflazione che potrebbe scappare di mano in assenza di una maggiore rigidità dei tassi a breve. Un innesco alternativo potrebbe poi essere costituito da un evento cosiddetto “idiosincratico”, ad esempio il default di una società di particolare importanza a livello globale – sulla falsariga del caso “Lehman Brothers” negli USA – ed in questo caso si può facilmente rivolgere lo sguardo verso la Cina.
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