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G20: il gabbiano, la cornacchia e i pavoni
Scena 1. In una Fontana di Trevi deserta, un gabbiano si pavoneggia (sic!). Accanto a lui, il cadavere sventrato e mangiucchiato di una cornacchia.
Scena 2. In una Fontana di Trevi popolata di giornalisti e fotografi, venti pavoni ocheggiano (sic!) lanciando alle spalle una moneta da un euro (“coniata per l’occasione”, ci fanno sapere).
Abbiamo pensato a Omero, ai segnali dell’Olimpo, ai sacrifici, agli aruspici, ma Afrodite non ha avvolto la fontana con un velo, a proteggerla dal lancio.
Abbiamo pensato all’uccelletto di Trilussa, ma di vergognose ghiottonerie lussureggianti non abbiamo veduto traccia.
Abbiamo pensato a Gogol’ e al realismo magico, ma di (iper)realismo ce n’era fin troppo, e di magia poca.
Abbiamo pensato a Federico Fellini, ça va sans dire, ma di Anita Ekberg non v’era traccia, e meno che mai di Mastroianni.
Abbiamo pensato a Totò, ma lui la fontana provava a venderla, e invece andrà a finire che la regaleranno per qualche moneta da un euro (coniata per l’occasione).
Abbiamo pensato a Nino Manfredi, ma popolani rissaioli non avevano cittadinanza nella scena.
Abbiamo pensato a Pier Paolo Pasolini, ma il corvo è stato divorato da un bel pezzo, e il gabbiano s’è accontentato della cornacchia.
Infine, abbiamo pensato a Paolo Sorrentino, e abbiamo capito d’averla finalmente pensata giusta.
Venti pavoni a ridere bea(o)ti come un gruppo di cafoni arricchiti nel post-aperitivo, davanti al monumento-cartolina più inflazionato della Terra, e poi magari una pizza surgelata con condimenti offensivi, uno stornellatore orbo col mandolino, due spaghetti bolliti. E poi, magari, un ballo sulla terrazza di un attico in centro, con Raffaella Carrà fino all’alba, e la solitudine del gabbiano che pavoneggia sulla Fontana tra le luci artificiali e il buio della notte. E dietro, dietro alla Fontana di Trevi, dietro alla cartolina, le nostre macerie.
E sopra, qualcuno che continua a ballare.
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