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Contro la Prima della Scala
La Scala, l’opera, i teatri: tutte cose magnifiche nelle quali si è magnificamente realizzato il genio italiano. Ma non ho mai gradito la prima della Scala, anzi l’ho sempre detestata. Nella mia avversione non c’è alcun ideologismo, anche se comprendevo le ragioni di chi, anni fa, manifestava pubblicamente contro questa kermesse: era (ed è) come se la gente della prima ostentasse a bella posta, insieme, potere e ricchezza a fronte di tutto il Paese, dando l’impressione di voler marcare le differenze dalla gente comune, spesso in difficoltà economica, preoccupata del futuro proprio e dei propri figli, dal popolo, sì il popolo che lavora e che non ha proprio nulla da esibire se non la fatica del vivere quotidiano.
Si capisce che a questo popolo – che poi è il popolo tout court – la prima della Scala risultasse irritante: sarebbe stato bene, per dovere di rispetto, che questa kermesse, se proprio non se ne fosse potuto fare a meno, non attirasse più le pruriginose attenzioni di televisioni e giornali, ora anche dei social. Per ottenere questo risultato, ricondurre alla normalità una prima teatrale, sarebbe stato necessario e sufficiente che le autorità cominciassero a non voler presenziare, si astenessero, lasciassero che quest’evento fosse quello che è, uno spettacolo, un bello spettacolo, ma nulla più.
Invece no, le nostre autorità, di centro, di sinistra, di destra, non ne sono state mai capaci: non ne sono state capaci le persone investite dei vari poteri e non lo sono state fondamentalmente per vanità o conformismo. Contro le diseguaglianze e per la redistribuzione delle risorse avrebbero continuato (inutilmente) a dire in un altro giorno o, anche, violentando la coerenza, lo stesso sette dicembre. Ma alla prima della Scala si sarebbe dovuto comunque far la comparsata. Lo si è fatto anche l’altro giorno: filmati e fotografie, li abbiamo visti, l’immagine di un mondo a sé, del tutto avulso da quello che si ama definire il Paese reale (le cui frange blandamente tumultuarie sembrano anche essersi arrese perché nessuno ha pensato di organizzare una benché minima protesta di fronte ai vip bardati scintillantemente per l’occasione).
Quelle immagini di ieri l’altro, dagli interni della Scala e anche dall’esterno, dai palchi come dagli arrivi al portone d’ingresso, le facce soddisfatte o comprese, le posture istituzionali o smaccatamente borghesi, quelle immagini sono incongrue rispetto a uno Stato che ha la forma di una repubblica democratica. Le autorità colà convenute hanno dimostrato, come sempre, di non rendersene conto; o, se per avventura se ne siano rese conto, debbono aver risposto interiormente con un’alzata di spalle. Ciò è grave o gravissimo: è così obliata tutta una tradizione repubblicana che eleva la moderazione, anzi la frugalità, a somma virtù, da coltivarsi rigorosamente da governanti e dirigenti politici. Lo aveva sottolineato e raccomandato fin uno come il barone di Montesquieu, uomo di cariche, castelli, gran patrimoni, suo e della moglie: l’amore della repubblica non si può realizzare se non sia diffuso l’amore per la frugalità e in questa dimensione devono introdursi senza deviazioni gli uomini che aspirano al governo o che sono al governo.
Allora andiamoci a rivedere il film della serata del 7 dicembre 2021 alla Scala di Milano: riconosceremmo, credo, la nostra Repubblica, ormai tradita e, dunque, abnorme. Non siamo riusciti a trovare una festa nazionale capace di unirci; la prima della Scala è quasi una festa nazionale, con gli uomini e le donne che contano a celebrare. Ma a celebrare cosa? Perché di istituzionale in questo spettacolo non c’è veramente nulla, né vi può essere. Anche da questa parte scaturisce la cifra della confusione: chi è al potere non sa precisamente dove si trova, non ha un campionario di azioni corrette da compiere anche nella funzione rappresentativa, fa fatica a percepire la differenza tra pubblico e privato. I vip della Scala l’altra sera hanno invocato insistentemente il bis; e il mainstream giornalistico ha considerato ciò un segnale rilevante. Ma rilevante di cosa? Politicamente che conta la gente della prima? Credo nulla: un ambiente particolare, un pubblico selezionato e ridotto, una rappresentazione teatrale …
Il problema è anche, forse soprattutto, culturale: di cultura istituzionale. Si capisce che, se questi sono gli esempi, anche i cittadini confondono, si sbagliano, deviano. A proposito, il barone auspicava che, in una repubblica, si debba introdurre un limite, non necessariamente basso, ma comunque un limite alla ricchezza privata: forse, forse, anche così si potrebbe sperare di costruire una repubblica bene ordinata.
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