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Mattarella bis: il tempo di un Presidente
Queste poche righe vengono buttate giù nel momento in cui il parlamento in seduta comune si appresta a rieleggere Sergio Mattarella alla guida della Presidenza della Repubblica, facendo di lui ‘forzato’ inquilino del colle più importante di Roma per altri sette lunghi anni.
Già qui si potrebbe esprimere un pensiero di massima, e cioè che quest’elezione, dall’esito tanto sofferto per le traversie dei partiti, insieme a quella del 2013 che determinò analogo risultato, con il rinnovo della carica dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, segna un indirizzo che i costituenti, in maniera più o meno tacita, intesero censurare ovvero promuove rafforzandolo nella prassi del precedente l’istituto della rielezione che di fatto rischia di tramutare il capo dello Stato in un vero e proprio monarca repubblicano.
E tutto questo diciamo subito non è affatto un bene per un paese dal fragile tessuto democratico come il nostro.
In politica e nella vita delle istituzioni la forma è sostanza: accogliere con giubilo (da destra a sinistra) il rinnovo della carica di Mattarella significa far finta di non vedere che tale rinnovo, che si aggiunge a quello di Napolitano di 9 anni fa, in qualche modo tenderà nel tempo a ‘forzare’ il profilo della presidenza della Repubblica: le istituzioni, infatti, e le personalità che sono chiamate a ricoprirle, serbano un ‘ciclo vitale’ che è iscritto nella costituzione formale (e materiale) del Paese, e questo ciclo vitale nel caso dell’inquilino del Colle è come detto di 7 anni che sono un tempo infinito nella realtà iperattiva di oggi.
Allungare questo ciclo portandolo a 14 anni, significa non solo tradire il disegno dei costituenti ma di fatto attribuire un altro significato e peso alla massima figura istituzionale del nostro Paese.
Sergio Mattarella è un servitore dello Stato e non si sottrarrà di certo all’appello di una politica tanto debole quanto all’occhio di chi la osserva inconcludentemente boriosa in tanti dei suoi comportamenti; ciononostante egli sa bene – come disse anche in tempi non sospetti un suo illustre predecessore come Ciampi – che l’essere riconfermati nella carica di capo dello Stato rappresenta comunque una distorsione della carica stessa, oltre che, aggiungiamo noi, il paravento di una classe dirigente incapace di indicare una personalità in grado di guidarla. Insomma è anche (se non soprattutto) il tempo limitato, la durata circoscritta, a definire l’ontologia politico-istituzionale della figura di presidente (della Repubblica) ancor più che rispetto alle altre massime cariche politiche dello Stato.
A dare forza a questo discorso, ci sia permesso evocare alcune considerazioni di un illustre costituzionalista come Carlo Esposito, il quale, riferendosi proprio al potere del capo dello Stato, scriveva come tale potere “è legato a tempo a una persona che non cessa dalla carica per determinazione o mancanza di fiducia di altre persone” come i vari politici di oggi schiavi di un consenso drogato dai mezzi di comunicazione, essendo tra l’altro il capo dello Stato “una persona che decide dibattendo nell’interno della propria persona, e non tra una pluralità di persone il pro e il contra delle varie soluzioni”.
Ebbene, sulla scia delle riflessioni di Esposito, si potrebbero elaborare trattati sulla “solitudine del Presidente”, soprattutto oggi che esso sembra l’unico in grado di tenere unita la Nazione!
Ciò detto speriamo che Mattarella non sia lasciato troppo solo, nei prossimi 7 anni, ma che sia accompagnato nella sua funzione da una classe politica finalmente matura del suo ruolo e soprattutto capace di camminare sulla proprie gambe senza aver bisogno continuamente di ‘padri’ (o patrigni) severi a dirle cosa fare…
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