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Il green pass e le sue implicazioni
Il recente articolo di Riccardo Mazzetti, apparso su questo sito[1], mette in luce come l’interpretazione personalistica della dottrina sociale della Chiesa abbia portato a una costituzione che mette lo stato al servizio dell’individuo e non viceversa: in quest’ottica l’interesse collettivo di per sé non basta a costituire un obbligo per la persona. L’altro criterio guida – l’ago della bilancia, come lo chiama la giudice di Pisa[2] che di recente ha emesso la sentenza di annullamento di reati contestati in base alla legislazione d’emergenza – è la dignità della persona, come sancito per i trattamenti sanitari dall’ormai attualissimo articolo 32.
È anche vero tuttavia, come cercavo di argomentare in un precedente articolo qui pubblicato[3], che senza la società di massa non si sarebbe mai avuto un soggetto politico in antitesi dialettica rispetto allo stato, prima come popolo e poi come classe e movimento dei lavoratori. Chi ha preso questo movimento unicamente come leva di instaurazione di un nuovo potere statale ne ha tratto delle conclusioni; chi lo ha visto anche come leva per l’emancipazione dei singoli e della loro capacità associativa ne ha tratte altre. Nello stesso intervento cercavo di argomentare che la dignità della persona umana impone dei limiti all’esercizio del potere quando questo pretende di legittimarsi come potere etico, moralizzante e ordinante la cultura della società.
Vi è un altro aspetto di questo tema che andrebbe esaminato. Abbiamo spesso sentito equiparare, anche da eminenti giuristi e accademici, il green pass alla patente di guida e i no green pass a un movimento neoliberale anti-stato. Queste equiparazioni – sbagliate – sottintendono altri temi molto più vasti e consistenti, per quanto non nuovi, che non sono stati approfonditi abbastanza.
Anzitutto giova far notare che il green pass è un certificato rilasciato in seguito a un trattamento sanitario. Implicando degli obblighi positivi, di primo acchito sembrerebbe invadere l’ambito delle cosiddette libertà negative proprie del liberalismo (le libertà da una costrizione derivante dall’autorità): la libertà di movimento, quella di non essere arrestato arbitrariamente ecc. È anche noto tuttavia che il neoliberalismo ha poco a che vedere con il liberalismo politico delle origini, in quanto di obblighi positivi ne impone eccome per mezzo della burocrazia (celebre è l’esempio delle dimensioni degli ortaggi nella legislazione comunitaria), al punto che lo stato odierno è uno stato iper-regolato. In quest’ottica, a ben vedere, il movimento no green pass si oppone e non accompagna la tendenza del neo-liberalismo.
Con ciò non vogliamo dire affatto che lo stato non possa imporre obblighi positivi ai cittadini. Questo è necessario a garantire la civile convivenza e la dignità di tutti, nonché a realizzare il principio di uguaglianza. Tuttavia, obbligare a un trattamento sanitario non è lo stesso che obbligare un lavoratore a indossare le scarpe anti-infortunio e l’elmetto, o obbligare un guidatore ad avere la patente, o obbligare uno sportivo a esibire un certificato medico per l’attività agonistica. La differenza, che dovrebbe essere auto-evidente, sta nel fatto che questi sono tutti interventi esterni al corpo umano e non lo influenzano in alcun modo; un trattamento sanitario, al contrario, agisce sul corpo dall’interno ed è generalmente irreversibile. Non si tratta neanche di dare o togliere la vita, di dare o togliere la libertà, cose che purtroppo i poteri costituiti – inclusi quelli religiosi – hanno sempre fatto in modi anche cruenti; si tratta di entrare nel sancta sanctorum dell’essere umano per modificarlo. Se tale macroscopica differenza non è evidente a tutti non è per malafede, bensì perché la mentalità strumentale e razionalista impostasi con la modernità ha cambiato il modo di pensare l’uomo.
E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».[4]
È per avere dimenticato questa lezione che è tanto facile oggi equiparare l’uomo all’animale o alla pianta, mentre si fa sempre più fatica a distinguerlo persino dalle macchine. Chi infatti non distingue tra uomo e natura, disponibile questa all’attitudine trasformativa dell’homo faber (nella quale Marx individuava proprio l’essenza del lavoro, quindi della natura umana), non può neanche distinguere tra ciò che è prodotto dall’uomo e ciò che è creato.
Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!».[5]
L’ateismo nasce anche dall’offuscamento di quella lezione. Infatti, a cosa serve pensare Dio se salta la distinzione tra prodotto del lavoro umano e creazione su cui l’uomo è impotente? Si finisce con l’equiparazione del corpo umano a un utensile qualsiasi che può essere modificato a piacimento come le selci nel neolitico. Ciò non vuol dire che non si possano mettere le mani nel e sul corpo, ma il limite dovrebbe risiedere almeno nel consenso della persona, probabilmente anche in altri criteri; allo stesso tempo non vuole dire neanche che sulla natura, che non ha facoltà di esprimere o negare consenso, l’uomo possa fare ciò che vuole.
Nell’enciclica Laudato si’ il papa parla della ragione tecnocratica derivante dall’antropocentrismo, esortando a mettere un limite e una direzione a questo tipo di razionalità che vuole strumentalizzare tutto. I cristiani, in generale i credenti, hanno gli strumenti per dare una risposta a questo problema. Gli atei dovrebbero sforzarsi allo stesso modo di argomentare una spiegazione della ragione umana che metta in salvo la persona e la sua dignità, dandole un posto che non sia omogeneo a quello di un albero, di un animale, o peggio di una macchina: il contrario porta agli esperimenti del dottor Mengele.
[1] https://www.lafionda.org/2022/02/28/la-persona-e-lo-stato-per-una-critica-del-green-pass/
[2] https://www.youtube.com/watch?v=TFxDepB7YUM
[3] https://www.lafionda.org/2021/12/20/non-siamo-legni-storti/
[4] Gn, 1, 26-28.
[5] Gn, 3, 19.
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