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Mentre in Ucraina si combatte, l’apparato di Kiev si spacca?


9 Mar , 2022|
| 2022 | Visioni

Mentre in Ucraina si continua a combattere, lunedì 7 marzo si è svolta in Bielorussia la terza tornata delle trattative tra le rappresentanze di Kiev e quelle di Mosca. Modesto, come prevedibile, il risultato prodotto dai colloqui: sostanzialmente nessuno sul piano politico e militare. Nella stessa giornata è stato annunciato un incontro tra il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e quello ucraino Dmytro Kuleba previsto per giovedì 10 marzo in Turchia.

A ridosso dell’ultima tornata di colloqui, svoltisi nella foresta di Bielowiza, è stata diffusa la notizia dell’uccisione ad opera dell’SBU – una delle agenzie di sicurezza ucraine – di Denis Kireyev, uno dei membri della delegazione ucraina durante le primissime trattative svoltesi nei dintorni di Gomel (Bielorussia). I riflettori dei media si sono rapidamente allontanati da questa vicenda, benché le sue implicazioni risultino tutt’altro che trascurabili. L’argomento addotto dall’SBU per giustificare l’omicidio di Denis Kireyev avvenuto nel centro di Kiev, è stato quello di una sua presunta attività clandestina a vantaggio di Mosca: nella sostanza per l’SBU Denis Kireyev avrebbe lavorato in favore del Cremlino operando come doppiogiochista. L’accusa mossa dall’SBU a giustificare la sua eliminazione non è stata, almeno per il momento, comprovata da alcuna evidenza.

Nella decisione di eliminare fisicamente Denis Kireyev, e nelle modalità adoperate per farlo, sembra scorgersi non solo l’intento di sabotare i negoziati o almeno di ostacolarli. Il momento, le modalità e vari risvolti dell’omicidio di Denis Kireyev suggeriscono alcune riflessioni: si può ipotizzare che se Denis Kireyev fosse davvero stato un uomo al servizio del Cremlino, Kiev avrebbe potuto arrestarlo ed eventualmente negoziare con Mosca la sua liberazione. Anche decidendo di eliminarlo, l’SBU avrebbe potuto attribuire a terzi la responsabilità dell’omicidio, o almeno eseguirlo suscitando meno clamore. La scelta di eliminare Denis Kireyev nel centro di Kiev ed assumersi pubblicamente la responsabilità dell’omicidio sembra dunque costituire un atto di aperta ostilità da parte dell’SBU nei confronti dell’agenzia di sicurezza militare ucraina – il GUR – struttura di cui Denis Kireyev era membro:  a conferma di quest’ipotesi c’è il fatto che a poche ore dalla notizia del suo omicidio, l’agenzia ha scritto sul proprio sito e sulle proprie reti sociali che Denis Kireyev “è morto da eroe difendendo l’Ucraina”. Una presa di posizione decisamente incompatibile con la versione fornita dall’SBU.

E’ lecito dunque immaginare che a muovere l’omicidio di Denis Kireyev sia stata una spaccatura netta, e forse a questo punto punto insanabile, tra le due principali agenzie di sicurezza ucraine. Il controllo esercitato dagli Stati Uniti sulle agenzie di sicurezza ucraine appare dunque non sufficiente a scongiurare questa contrapposizione, per giunta nel peggiore dei momenti in cui  – per Kiev – avrebbe potuto palesarsi. Considerando il ruolo svolto da Washington in Ucraina dal 2014 ad oggi, si potrebbe anche immaginare la contrapposizione tra SBU e GUR come il riverbero di un conflitto tra le diverse agenzie di sicurezza statunitensi.

Quel che appare tragicamente evidente, è che se gli Stati Uniti avessero davvero voluto evitare la guerra guerreggiata in Ucraina, poco sarebbe bastato per scongiurarla, così come per farla finire velocemente. Non c’è alcun dubbio che gli effetti della guerra economica dichiarata a Mosca siano destinati ad avere pesanti conseguenze economiche e sociali negli equilibri interni della Federazione Russa e dei suoi alleati più stretti, come la Bielorussia. Tuttavia, una consapevolezza adeguata di quelli che nell’Europa occidentale sono destinati ad essere gli effetti delle controsanzioni e del tentativo senza precedenti di isolare la Federazione Russa sembra mancare del tutto: e paradossalmente, in Europa occidentale potrebbe prefigurarsi uno scenario peggiore di quello con cui faranno i conti i russi.

Il carattere delle misure antirusse sembra non intendere limitarsi alla transitorietà o al breve periodo: la nuova Cortina di Ferro che sta calando sul continente appare destinata a stravolgere gli equilibri geopolitici ed economici dell’Europa occidentale, con implicazioni epocali ed in buona misura poco auspicabili. ll tentativo di isolare la Federazione Russa costringerà Mosca a riorientare gran parte della propria economia verso la Cina e tutti gli altri paesi contrari al suo isolamento economico: come prevedibile, alcune banche russe stanno per svincolarsi dai sistemi di pagamento Visa e Mastercard appoggiandosi al sistema cinese UnionPay. Mentre anche gli Stati Uniti sembrano essere già alle prese con riverberi economici interni delle sanzioni da loro stessi promosse, l’Italia sembra quantomai vulnerabile e quantomai lontana da una politica coerente con le proprie necessità.  

L’attacco russo all’Ucraina ha messo la Germania nella condizione di poter annunciare il proprio riarmo presentandolo come una necessità: un fatto quasi passato in sordina rispetto alla sua valenza epocale ed i rischi potenziali che porta con sé. Escludendo la possibilità di un intervento diretto della NATO o della guerra nucleare, la sconfitta militare dell’Ucraina appare sostanzialmente come una questione di tempo. In questo quadro la maggior parte molti paesi europei ha deciso di inviare armi a Kiev: una decisione che inevitabilmente finirà per aumentare l’ostilità russa verso l’Europa occidentale, anche quando il conflitto in Ucraina sarà terminato.

Oltre ad essere incompatibile con qualsivoglia volontà mediatrice, l’invio di armi all’Ucraina si profila sostanzialmente ininfluente rispetto agli esiti generali del conflitto. A questo dato di fatto si aggiungono gli enormi rischi di una massiccia quanto incontrollata diffusione di armi oltre i Carpazi: rischi reali per la sicurezza di tutta l’Europa. La volontà di far pagare ai russi il massimo tributo di sangue per l’Ucraina sembra destinata a far pagare agli ucraini un tributo di sangue altrettanto alto, per giunta invano.

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