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Quello che Emmanuel Macron ha fatto alla Francia
All’indomani del primo turno delle elezioni presidenziali francesi e dell’affermazione di Emmanuel Macron, pubblichiamo un testo apparso di recente sul quotidiano Marianne International a firma di Mathieu Slama, autore di Adieu la liberté. Saggio sulla società disciplinare (Presses de la Cité, Paris, 2022), in cui fa il punto sul macronismo.
L’autore ci aiuta a capire come Macron non costituisca affatto un’alternativa progressista e di sinistra, quale spesso appare agli occhi della stampa e dei cittadini italiani, ma «una controrivoluzione manageriale dagli accenti profondamente reazionari e autoritari». Salma evidenzia come l’affermazione di Macron al primo turno, con più del 27% dei voti, e con un consenso proveniente in larghissima parte dai quartieri più ricchi delle grandi città e per il 41% da un elettorato benestante di oltre 65 anni, non rappresenti in alcun modo l’alternativa di un mondo giovanile, tanto propagandata mediaticamente, ma il radicamento di interessi e benefici di una classe agiata, che trova nel candidato delle élite il custode di posizioni di rendita.
Salma ci mostra, infine, come i cinque anni trascorsi della presidenza Macron abbiano rappresentato l’uscita della Francia da una piena democrazia, subappaltata a società di consulenza private che aggirano la volontà popolare e in cui il Parlamento non è altro che un leggittimatore passivo della volontà politica del governo, ma orfano della proprie prerogative legislative. Macron ha rappresentato l’uscita da un pieno stato di diritto, un regime in cui la libertà è stata subordinata al potere di un’autorità che può sospendere o autorizzare i diritti a seconda dell’emergenza di turno, una società in cui i doveri morali imposti, non per legge, ma mediaticamente dal Presidente, vengono prima dei diritti costituzionali e inalienabili.
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Mathieu Slama
Pubblicato il 07/04/2022
«La coesione della nostra società sarà raggiunta riunendo, reinventando le nostre stesse organizzazioni, non rinunciando a nulla di ciò che ci costituisce, i nostri principi, i nostri valori universali, la nostra solidarietà, la nostra fraternità, ma essendo profondamente coraggiosi, ambiziosi, nuovi. Questa è la rivoluzione che dobbiamo guidare oggi, questa è la rivoluzione democratica che chiedo». Queste le parole del candidato Emmanuel Macron in un discorso elettorale nel novembre 2016.
Ma qual è il risultato, cinque anni dopo, di questa promessa di rivoluzione democratica? Cosa ricordare del mandato di Emmanuel Macron? Che cosa ha fatto alla Francia?
1 – EMMANUEL MACRON E IL SOCIALE
Emmanuel Macron rappresenta innanzitutto la metodica distruzione del nostro modello sociale e del nostro stato sociale. Addio al principio di solidarietà, benvenuti nella “decrescita”, nell’abolizione dell’ISF [l’imposta sulla fortuna, sui grandi patrimoni n.d.r], nella flat tax a favore dei più ricchi, nella riforma del diritto del lavoro che facilita la cassa integrazione e indebolisce i diritti dei lavoratori, nella riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione con conseguente perdita, per alcuni beneficiari, di oltre 200 euro netti al mese… E che dire, ovviamente, di questa famosa riduzione dell’APL [gli aiuti economici statali per il pagamento degli affatti per i redditi bassi o bassissimi n.d.r.], misura indegna che consiste nel risparmiare qualche milione sulle spalle dei più poveri e precari? “Non deciderò mai di risparmiare a danno dei francesi più precari, più modesti” ha dichiarato con forza il capo dello Stato durante la sua grande riunione elettorale alla Defense Arena di pochi giorni fa: una formula strana, poiché è stata proprio la politica economica e sociale quella che ha perseguito in questi cinque anni di mandato.
In cinque anni il tenore di vita dei più poveri è diminuito mentre il reddito dei più ricchi è salito alle stelle e gli studenti sono stati costretti a fare la fila per gli aiuti alimentari. E per i prossimi cinque anni, il presidente-candidato annuncia una RSA [reddito minimo di solidarietà n.d.r.] subordinata a un’attività (quindi la fine dell’idea stessa del reddito minimo sociale) o addirittura alla pensione a 65 anni (età in cui il 25% del 5% più povero sarà già… morto).
2 – EMMANUEL MACRON E GLI AFFARI
Questi cinque anni di macronismo sono anche un numero record di scandali, dall’affare Richard Ferrand all’affare Pénicaud passando per l’affare Delevoye, l’affare Benalla e l’affare McKinsey. Ogni volta, questo stesso sentimento di impunità di un’élite piena di fiducia e orgoglio, e questa mescolanza di generi tra pubblico e privato, questa invasione dei metodi corporativi nel cuore stesso della politica. Perché al di là del business, c’è il vero problema del macronismo: in questa mancanza di differenziazione pubblico/privato, in questa managerializzazione della politica e in questa sorta di colpo di stato degli imprenditori che ora decidono la nostra vita con PowerPoint e altri strumenti manageriali. Emmanuel Macron e il suo team hanno finito per distruggere la politica sostituendola con la gestione, questa visione utilitaristica e tecnocratica del potere in cui ci sono soluzioni di buon senso da implementare e francesi da educare.
Lo storico Pierre Rosanvallon ha riassunto perfettamente questo in una recente intervista rilasciata a Liberation : «Per Emmanuel Macron, i francesi hanno idee arcaiche nella testa. Bisognerebbe quindi prenderli per mano, “spiegargli” le cose e dargli una pacca sulle nocche di tanto in tanto». Il macronismo non ha nulla a che vedere con la democrazia: non le interessa, non è assolutamente un suo problema. In cinque anni la Francia si è trasformata in una grande azienda da gestire e i francesi in dipendenti da gestire. L’affare McKinsey ha sorpreso solo coloro che erano ciechi di fronte a ciò che il macronismo è sempre stato: la trasformazione dello Stato in azienda e la Management Law eretta a principio supremo di governo. Addio alla politica, dunque, e benvenuti alla dirigenza.
3 – EMMANUEL MACRON E LA DEMOCRAZIA
Lo svantaggio di questa acquisizione di gestione è che è accompagnata da una visione politica profondamente antidemocratica e illiberale. Cinque anni di macronismo sono anche e soprattutto una graduale distruzione di ciò che la Francia ha di più prezioso: il suo stato di diritto, i suoi pesi e contrappesi ei suoi principi fondamentali. Ci siamo abituati a una pratica del potere estremamente autoritaria, dove il leader decide più o meno da solo, dove l’Assemblea nazionale non è più altro che un registro di istruzioni del governo, dove i deputati diventano semplici esecutori, e dove controlli e gli equilibri non svolgono più il loro ruolo.
Le politiche attuate non fanno eccezione. Sorveglianza algoritmica, utilizzo di droni con funzioni di polizia, dottrina del mantenimento dell’ordine e del suo rafforzamento, dell’estensione dell’accesso alle immagini di videosorveglianza… Le leggi sulla sicurezza e le leggi sul’antiterrorismo adottate da cinque anni sono profondamente liberticide e attentatano lo Stato di diritto. La repressione poliziesca dei gilet gialli, una violenza senza precedenti (e senza precedenti nella nostra storia recente), rimarrà come una delle grandi vergogne della Quinta Repubblica, così come il disprezzo che ha accompagnato questa violenza. Arresti preventivi, custodia arbitraria della polizia, repressione delle manifestazioni da parte della polizia, vessazioni sistematiche dei gilet gialli mediaticamente più noti: tutto questo ha anche danneggiato profondamente il nostro modello democratico.
4 – EMMANUEL MACRON E LA CRISI SANITARIA
Ma la distruzione del nostro Stato di diritto non è mai stata così grave e manifesta come durante la crisi sanitaria. Come ha spiegato molto bene il giurista Paul Cassia in un recente illuminante articolo, per due anni le nostre libertà sono state «calpestate selvaggiamente », dalla reclusione totale al coprifuoco, dall’indossare la mascherina obbligatoria in strada, fino al pass sanitario e poi vaccinale. Mostruosi strumenti di ingegneria sociale che ora rendono possibile quasi ogni abuso immaginabile.
La Francia oggi è un campo di rovine democratiche. Abbiamo accettato che il nostro Primo Ministro ci dicesse, in tono marziale, che «il coprifuoco è mantenuto fino a nuovo avviso»; abbiamo convenuto nel vedere condizionata la nostra vita sociale da un QR code attivabile e disattivabile dallo Stato; abbiamo quindi deciso di subordinare la piena cittadinanza allo stato di vaccinazione; abbiamo deciso di essere rinchiusi nelle nostre case sotto la sorveglianza della polizia; abbiamo accettato che lo stesso Capo dello Stato affermasse di aver «voluto tanto far incazzare i non vaccinati fino alla fine», cioè milioni di francesi; abbiamo accettato umiliazioni e discriminazioni insensate. Queste accettazioni non sono cose da poco: sono rinunce, e segnano l’uscita definitiva di un Paese dalla libertà, per entrare in un regime di ordine e disciplina dove il principio della sicurezza permette di aggredire tutte le nostre libertà. È una grande rottura.
La rivoluzione democratica annunciata da Emmanuel Macron nel 2016 è stata infatti una controrivoluzione. «Abbiamo, come cittadini, dei doveri prima dei diritti»: è con queste parole che il Capo dello Stato ha definito la sua ideologia politica. Ed è con le sue parole che si sono conclusi questi cinque anni di macronismo, una vera e propria controrivoluzione manageriale dai toni profondamente reazionari e autoritari, nel completo tradimento dei nostri ideali rivoluzionari e repubblicani. Quindi, a pochi giorni dal primo turno delle elezioni presidenziali, dobbiamo chiederci: ancora cinque anni, davvero?
https://www.marianne.net/agora/tribunes-libres/mathieu-slama-ce-quemmanuel-macron-a-fait-a-la-france
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