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Antiglobalisti di tutti i Paesi, unitevi!


20 Apr , 2022|
| 2022 | Visioni

I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali francesi presentano ai nostri occhi un dato assolutamente oggettivo e inconfutabile, che con ogni probabilità i media del mainstream proveranno a far passare sottotraccia.

Al di là dei falsi trionfalismi di facciata di europeisti, euro-atlantisti e finanzcapitalisti, queste elezioni segnano una pesante sconfitta per il sentimento filo-europeista.

Proprio nel cuore della seconda potenza europea, riportata in auge nello scacchiere del Vecchio Continente dall’opera compiuta da Emmanuel Macron, di costante rafforzamento dell’asse franco-tedesco (a spese, come sempre, del nostro Paese, con buona pace di Mario Draghi e dei suoi fedeli), il partito En Marche raccoglie appena un quarto delle preferenze.

Questo, nonostante la campagna elettorale impostata da Macron abbia progressivamente alzato la posta in palio: dalle elezioni – si è detto negli ultimi giorni – ne sarebbe dipeso il futuro non soltanto della Francia, ma anche della stessa Unione Europea, da difendere a ogni costo dagli attacchi dei barbari.

Questo, nonostante i più recenti eventi abbiano servito al Presidente uscente, su un piatto d’argento, l’arma definitiva per sconfiggere l’avversaria più temuta, Marine Le Pen, puntualmente accusata di essere assestata su posizioni filo-putiniane: quale espediente migliore di Putin, il cattivo dei cattivi dell’odierna narrazione dominante, per far agevolmente crollare le preferenze per la leader del Rassemblement National di una decina di punti percentuali?

Evidentemente, eurofilia e russofobia non sono bastati.

Nel Paese che è ormai divenuto l’abituale compagno di merende della Germania (e che dunque, almeno sulla carta, dovrebbe avere motivi ben più affievoliti, rispetto ai nostri, per far fiorire simili vigorosi sentimenti anti-europeisti), le forze che mi piace definire sovraniste e antiglobaliste rappresentano la maggioranza assoluta: per menzionare i principali, il 23,1% a Marine Le Pen; il 22% a Jean-Luc Mélenchon; il 7,1% a Éric Zemmour che, sommati insieme, ammontano per l’appunto al 52,2%.

Se scendiamo nell’analisi sociologica del voto, lo scenario per gli eurofili si fa ancora più desolante: come sorprendentemente ammesso dal Corriere di Washington, rectius della Sera, «il presidente Emmanuel Macron primeggia col 41% delle preferenze tra gli over 70, ne ottiene il 30% tra i 60-69 anni, mentre scende sensibilmente, sotto il 25%, dunque meno della soglia del 28% ottenuta nel complesso, nelle categorie 50-59 (24%), 35-49 (24%), 25-34 anni (23%) e 18-24 anni (20%).Dunque il leader di En Marche! l’ha spuntata al primo turno grazie all’effetto trascinamento del voto degli over 60 in cui stacca l’avversaria Marine Le Pen. In tutte le altre fasce d’età la tendenza s’inverte: Macron insegue la candidata di Rassemblement National»[1].

Dunque, Macron vince grazie agli over 60. L’Unione Europea resiste all’invasione barbarica grazie agli over 60. Al cui voto, beninteso, dev’essere riconosciuta la medesima dignità e sacralità di ogni altro. Ciò che emerge, però, è che la difesa dello status quo è stata strenuamente portata avanti da quelle fasce di popolazione meno interessate al cambiamento o, comunque, meno afflitte dallo sconcertante mutamento che i diktat neoliberali stanno progressivamente attuando nei più disparati settori delle nostre esistenze, mutamento enormemente catalizzato, come noto, dal periodo emergenziale che stiamo vivendo.

I giovani, al contrario, guardano in tutt’altra direzione: che abbiano votato per Marine Le Pen o per Jean-Luc Mélenchon, il futuro francese ci parla di sovranismo, euroscetticismo e antiglobalismo, evidentemente identificati quali ingredienti chiave per salvare la nation dall’oppressione dell’oligarchia neoliberista.

È chiaro però che questo risultato, seppur straordinario, non basta. La legge elettorale francese è, ovviamente, al servizio del sistema, e al ballottaggio Macron avrà tutte le carte per confermarsi.

A proposito di ballottaggio, i risultati di questo saranno per gran parte influenzati dagli elettori di Mélenchon. Personalmente ritengo che tale occasione avrebbe potuto rappresentare un (forse irripetibile?) banco di prova per testare la possibilità di unire, per la prima volta, forze senz’altro distanti su tanti temi, ma mai quanto oggi vicine nel modo di intendere la democrazia, la sovranità e i diritti sociali.

Non posso pertanto nascondere la mia delusione di fronte alle parole pronunciate da Mélenchon immediatamente dopo la comunicazione dei risultati elettorali del primo turno: «Nemmeno un mio voto a Le Pen»[2].

Certo, i sostenitori del candidato della sinistra radicale non si trovano di fronte a una scelta semplice. Ma se consideriamo l’ideologia de La France insoumise, partito, come detto, fondato su antiglobalismo, sovranismo ed euroscetticismo, il grande nemico dovrebbe invece essere Emmanuel Macron. E non è un caso se, almeno stando ai sondaggi, un terzo degli elettori di Mélenchon ignorerà l’appello a non votare Le Pen[3].

In attesa degli esiti del ballottaggio, non ci è consentito effettuare ulteriori analisi.

Chissà, però, che gli elettori non arrivino là dove l’eletto non ha voluto osare. D’altra parte, è sulle nostre teste che il giogo neoliberale insiste. E quando diventa insopportabile, giocoforza ci porta a guardare oltre ad antiche divisioni che, almeno in parte, possono ritenersi oggi superate.

Questo dovrebbe valere, a mio avviso, anche per l’Italia.

Qualcuno potrebbe chiamarlo rossobrunismo. Io preferisco chiamarla Resistenza antiglobalista. E credo possa essere, se non l’unica, una delle poche vie d’uscita dalla situazione attuale.

Probabilmente i nostri politici non sono pronti per un salto di tali dimensioni, e il fattore culturale osta irrimediabilmente contro la percorribilità di una simile strada.

Qualcuno potrebbe anche obiettare che si tratta di unire forze e partiti troppo distanti, incapaci di governare insieme. Ma se assistiamo a governi di (asserita) unità nazionale, all’interno dei quali troviamo di tutto e di più (M5S e Forza Italia, PD e Lega), perché mai non potremmo fare lo sforzo di unire tutte le forze antiglobaliste allo scopo – quanto mai vitale, direi, per il nostro futuro – di arginare la deriva neoliberale e antidemocratica della nostra società?

Da elettori, vi sentireste pronti? O non ve la sentite di navigare in mare aperto per agganciare la trasversalità?


[1] https://www.corriere.it/esteri/presidenziali-francia/notizie/macron-vince-solo-gli-over-60-piu-giovani-melenchon-pen-voto-elezioni-francia-eta-6df46d18-b96b-11ec-8b83-29e83193a24c.shtml

[2] https://www.repubblica.it/esteri/2022/04/10/news/macron_le_pen_melenchon_ballottaggio-344982409/

[3] https://www.huffingtonpost.it/esteri/2022/04/11/news/elettori_di_melenchon_gia_divisi-9154352/

Di:

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