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La crisi dei trent’anni: sogni e speranze dei trentenni di oggi
Il primo pensiero davanti alle trenta candeline di una bella torta di compleanno è sempre lo stesso: “Cosa voglio fare da grande? Mi sento realizzato?” soprattutto quando all’ultimo giro di orologio prima della mezzanotte si crea quella piccola tensione tra amici perché c’è chi scherza, chi fa il vago, chi ti guarda per strappare dai tuoi occhi un’emozione e chi si diverte a fare battute a volte simpatiche, altre volte antipatiche. Ci siamo passati e ci passeremo un po’ tutti, anche quando al primo appuntamento con una ragazza o un ragazzo arriva la fatidica domanda “Che fai nella vita? Vivi con i tuoi o sei indipendente?” o peggio ancora “E adesso? Che cosa pensi di fare della tua vita?”.
Perché la viviamo un po’ così dopo aver spento le trenta candeline, tra un pensiero smisurato e un dubbio che non trova una risposta nonostante libri e citazioni lette sulla vita a trent’anni. Italo Calvino diceva “Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane” e in effetti tra sogni e speranze sono moltissimi i giovani che superata la soglia dei trent’anni non si sentono completi, ma che hanno una sensazione negativa della vita, a volte inoccupati, profondamente disoccupati, sentimentalmente randagi e in cerca di lavoro senza una prospettiva limpida e chiara.
I nostri genitori – perché chi vi parla è un trentenne di belle speranze, e non solo giornalistiche – sono sempre con le stesse parole in bocca “Alla tua età avevo già due figli a carico, un lavoro fisso e una casa…” ma i problemi esistevano anche trent’anni fa, solo che arrivati ai giorni nostri questi problemi non solo sono rimasti – come trovare un lavoro a tempo indeterminato ad esempio – ma sono addirittura peggiorati. Basti pensare alle attuali relazioni sentimentali tante, troppe volte schiave della modernità e dei social network, figlie di tutte queste app di incontri che ormai hanno preso il sopravvento in una società sempre più spaesata e spaventata da un futuro prossimo incerto e senza troppe sicurezze.
C’è chi come Jean Paul Belmondo sosteneva che “le donne sono al loro meglio dopo i trent’anni, ma gli uomini che hanno più di trent’anni sono troppo vecchi per rendersene conto” oppure chi come Oriana Fallaci aveva un pensiero netto e deciso: “Sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perché è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni!”
Ma immedesimarsi nella vita di un trentenne di oggi nel bel mezzo di una pandemia non è affatto facile, alla costante ricerca di sé stesso con tutte le sue crisi interiori di chi sa bene che il tempo passa in fretta inesorabile e non lascia spazio a troppi voli pindarici. Lo sa bene Giulia che a 32 anni dice: “Non posso dire di sentirmi felice, al contrario, mai come in questi ultimi due anni mi sono trovata a parlare di pressioni sociali, ansie e paure. Nemmeno nel periodo universitario ho sperimentato così tanta paura verso il futuro – e aggiunge – inoltre ho compiuto 30 anni con il Covid già alle porte praticamente, quindi mai come in questo periodo tutto è rallentato o è stato gestito con un’attitudine diversa”.
Sicuramente sono altri anni e altri stili di vita diversi dai mondi di Jean Paul Belmondo e Oriana Fallaci, anche Ambra a 30 anni spiega: “Ci sono poche opportunità e poche strade percorribili, le possibilità di carriera sono davvero pochissime. Ambirei a qualcosa di più, vorrei prospettive lavorative più gratificanti che mi diano possibilità di crescita professionale, e spero di riuscirci”. Invece Alessio a 30 anni si accontenta delle piccole cose: “Forse accontentarsi è un parolone, diciamo che inizi ad apprezzare le piccole gioie, gli amici, la famiglia. Cominci ad apprezzare la vita, quello che faccio comunque non mi soddisfa, non mi aspettavo di trovarmi ancora sui libri e cambierei delle scelte che ho fatto a livello di studi. I miei sogni sono quello di realizzarmi professionalmente e di portare avanti la famiglia ma piedi per terra, niente voli pindarici”.
Quindi si comincia a perdere un po’ di speranza, le fantasie di realizzarsi verso una passione comincia a venire meno e si cerca più concretezza soprattutto nella prospettiva di un futuro prossimo. Nicola, 31 anni, da la colpa alla crisi sistematica dell’Italia: “Viviamo in un Paese che lascia ognuno a sé stesso, artefice del proprio destino, con meno o più speranze e meno o più fortune. Nella vita vorrei più leggerezza, perché in fondo non siamo al centro di niente o padroni di nulla, solo dei nostri sentimenti, solo di noi stessi”. Benedetta, 34 anni, non si sente soddisfatta: “Non sono una persona che ha da sempre avuto un obiettivo unico nella vita ma questo non vuol dire che io mi senta realizzata. Sarebbe meglio avere accesso più facilmente a un tipo di lavoro con un contratto a tempo indeterminato senza tempi biblici. Future e speranze per un futuro prossimo? La stabilità mentale, perché è questa che ti fa stare bene”.
“La mia vita mi piace e mi sento appagato – spiega Riccardo, 32 anni – ma se potessi tornare indietro nel corso della mia vita spingerei di più sullo studio e trasformerei i vari imprevisti che ho avuto nella mia vita in probabilità e possibilità. Adesso a 32 anni sono diventato più pratico e concreto nella vita di tutti i giorni anche se le ambizioni purtroppo sono venute meno”.
A trent’anni si impara a convivere con uno stress mentale differente da una vita adolescenziale, si dorme poco perché dormire diventa un lusso con una vita piena zeppa di impegni e di responsabilità. Tra pensieri, idee e sogni si fa una profonda confusione perché se a vent’anni si pensava di portare avanti con facilità determinati progetti adesso è tutto più faticoso e alcuni li perdi e non li ritrovi più.
“Alla soglia dei 35 anni mi aspettavo di poter avere una famiglia e di essere realizzato, invece non è così – dice Roberto, 34 anni – per un periodo ho consegnato le pizze, ora sto prendendo l’abilitazione per l’insegnamento dopo due lauree, un master universitario e altri dieci esami per potermi iscrivere a una graduatoria dove, se riesci, un giorno potresti essere chiamato a fare le supplenze nelle scuole”. E se Tommy, 32 anni, sostiene che essere nato negli anni ’90 significa essere nato in anni piacevoli “dove per uscire con una ragazza dovevi superare l’ostacolo dei genitori, si usava il telefono o il citofono per uscire con gli amici, oggi non è più così”, Eleonora a 32 anni spiega come si immaginava una vita ben diversa a trent’anni “con una famiglia mia, un compagno, dei figli, una casa di proprietà e un lavoro ben retribuito. Negli ultimi anni invece ho cambiato due lavori, con molta incertezza e contratti da pochi mesi. Al momento mi spaventa tutta la situazione attuale di noi giovani, quello che i nostri genitori avevano a trent’anni noi non lo abbiamo”.
Ma se da una parte la grande maggioranza dei trentenni è pronta a lamentarsi di un lavoro precario e di sogni infranti o speranze vane anche nel costruire una propria famiglia, dall’altra parte c’è chi si ritiene soddisfatto come Alessandro, 32 anni, che spiega: “La mia vita mi piace, la mia realtà mi soddisfa perché ho la mia casa, la mia compagna, il mio lavoro che mi garantiscono la felicità anche se non sono un calciatore o un’astronauta. Certo, vorrei essere ricchissimo con una Ferrari e una casa enorme con la piscina ma la mia vita non la cambierei affatto. I miei sfizi? Cose semplici come andare allo stadio a vedere una partita, una vacanza o uscire con gli amici”.
Sicuramente bisogna apprezzare quello che si ha e cercare di guardare sempre il bicchiere mezzo pieno nonostante i tanti problemi giornalieri tra le finestre appannate dalle mille incertezze, come dice ottimisticamente Rasul a 32 anni: “Per tutti è impossibile fare un pronostico e la vita può prendere strade strane, l’unica speranza e l’unica salvezza sono la salute mentale e la salute fisica, finché ci sono queste due cose per me c’è tutto”.
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