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Scuola: il decreto che verrà…non sarà l’ultimo
Dallo stato di emergenza al decreto punitivo del ministro Bianchi
Chi ha il diritto di insegnare? Solo chi obbedisce? Ma insegnare è un lavoro. Chi ha diritto ad un lavoro e a una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia unʼesistenza libera e dignitosa? Solo chi obbedisce?
Con il decreto N.24 del 24 marzo scorso è stato comunicato il programma del cosiddetto “ritorno alla normalità” dopo i due anni vissuti in regime di stato d’emergenza, imposto durante la pandemia Covid-19 per ragioni politico-sanitarie sulla base del “Codice della Protezione Civile” (decreto legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018).
In senso giuridico, lo stato d’emergenza introdotto, non previsto precisamente dal nostro ordinamento, rientra nella macroarea dello stato d’eccezione, definito come una particolare concezione del potere politico che impone sospensione delle leggi scritte per dedicarsi con tutte le forze al superamento della situazione che lo ha generato-giustificato. Tale particolare stato si contrappone allo “Stato di diritto”, proprio perché si configura come una situazione in cui il diritto è sospeso. Con il silenzio assenso della Corte Costituzionale, la formula ha legittimato la sospensione dell’ordinamento giuridico in forza di una necessità, che ha il senso di un’urgenza che minaccia l’integrità della vita dello Stato.
Dopo il 1 aprile 2022, siamo formalmente fuori da questa emergenza e quindi lo stato di diritto, a quanto si dice, ritorna ad essere attivo e a decidere i nostri rapporti civili e sociali.
Tuttavia, la proroga di alcuni dispositivi e limitazioni verso certe categorie legate all’uso del lasciapassare verde, base o rafforzato, pone più di un dubbio sulla compatibilità di queste norme con un pieno stato di diritto.
In particolare si desidera con questo contributo evidenziare ciò che è successo nel mondo della scuola e come alcuni provvedimenti, non supportati da motivazioni di urgenza ed eccezionalità, stiano ad oggi creando disagi ai docenti sospesi e alle altre categorie coinvolte, costituendo di fatto un attacco frontale al diritto al lavoro di costoro.
La scuola, fin dall’inizio, ha subito un impatto enorme a causa della pandemia. I minori sono stati identificati come vettori privilegiati del contagio e quindi sulla scuola si è abbattuta, in momenti diversi, con grande determinazione, un’operazione di contenimento del contagio che ha portato l’introduzione di nuovi dispositivi, dalla DDI alle mascherine obbligatorie, dalla limitazione degli spazi ricreativi e di relazione ai banchi a rotelle ed a una serie di casi e sottocasi normativi in cui perdersi per differenziare tra chi poteva andare a scuola a fare “laboratori” e chi doveva stare a casa a fare lezione, tra chi godeva alcuni diritti e chi non ne godeva, in un contesto in cui la discriminazione è stata profonda e palese.
E’ importante individuare diverse fasi temporali dell’emergenza. Una prima fase in cui senza vaccino e protocolli efficaci, con un sistema sanitario a pezzi, si è navigato a vista in assenza di un piano pandemico ben costruito. Una seconda fase, con il vaccino a disposizione e una superiore conoscenza della malattia, in cui si potevano fare scelte maggiormente consapevoli. Tutte e due le fasi sono state però contraddistinte da una sovrabbondanza di dati contraddittori e da un approccio propagandistico che dovrebbe ormai sollevare alcuni interrogativi da parte di tutti i cittadini.
Le cose da scrivere sarebbero molte, ma concentrandosi sul comparto della scuola e sulla fase più rilevante dal punto di vista del diritto al lavoro, si può dire che l’anno scolastico 2021-2022 sarà ricordato per essere stato un anno in cui la scuola ha subito alcune distorsioni che non possono essere taciute e su cui ora, fuori dallo stato di emergenza, è giusto riflettere.
Il 15 ottobre 2021, a 20 mesi dall’inizio della pandemia e dopo quelle che si definiscono tre “ondate Covid-19”, entra in vigore il decreto che istituisce l’utilizzo esteso del cosiddetto “Green Pass” per prevenire il contagio e garantire la frequentazione di ambienti “covid free”. Il dispositivo impatta nel mondo della scuola in modo profondo sin da settembre. Alcuni docenti si rifiutano di eseguire i test a pagamento, 15 € a botta, per accedere agli istituti, ma è dopo il 15 ottobre, data di inizio di questa sperimentazione sociale, che tutti i docenti devono presentare il lasciapassare verde per andare a lavorare. Il ricatto è stato fin da subito evidente: il governo non si prende la responsabilità politica di un obbligo vaccinale tardivo ed inutile per la diffusione del contagio e ricatta economicamente i docenti che non vogliono procedere ad una vaccinazione non immunizzante ed evidentemente legata ad una protezione individuale. I dati ISS sono eloquenti e vale la pena ricordarli. I positivi dal 2020 sono stati 15,4 milioni in Italia, erano 5,4 milioni fino a dicembre 2021, di questi coloro che hanno avuto esiti critici e severi da ottobre ad oggi, sono prossimi allo 0% tra 0 e 59 anni[1]. Il Covid-19 genera problemi per persone fragili e per i cittadini con età superiore ai 60 anni. Oltre a quei 15 milioni di cittadini, prendendo per buoni i dati ISS, il resto della popolazione italiana non è stato contagiato o ha passato la malattia in modo asintomatico, probabilmente a prescindere dal vaccino (questa cosa è difficilmente dimostrabile in entrambe i versi).
La quarta ondata e la situazione vissuta a gennaio/febbraio 2022, con l’endemizzazione di una versione più leggera, la Omicron, dimostra chiaramente che non erano i non vaccinati, testati ogni 48 ore, i responsabili di un fenomeno normale di diffusione di un virus che è avvenuto nonostante una campagna vaccinale diffusa e totale.
Oltre ai dati che dimostrano la scarsa efficacia di queste misure nella scuola, gli effetti negativi sui minori sono stati anche ben descritti dal garante per i minori di Trento Dott. Fabio Biasi che ha esplicitato, nonostante l’avversione di molti medici, attraverso alcune lettere alle Istituzioni reperibili in rete, le problematiche che la gestione del Covid-19 ha introdotto nel mondo dei minori. Mascherine, green pass sui trasporti, per entrare a svolgere attività extra scolastiche e mille altre limitazioni che per molti giovani hanno significato un ricatto implicito o un’adesione di convenienza, imposti con il paternalismo di chi si richiama ad una prima sconosciuta responsabilità collettiva.
Tornando all’iter normativo, alcuni docenti dal 15 ottobre 2021 vengono sospesi senza stipendio e senza provvedimenti disciplinari, in quanto non disposti all’uso ricorrente e costoso del tampone antigenico e della certificazione digitale. Molti altri ritengono di procedere testandosi e proseguendo l’attività scolastica.
Con il decreto legge del 26 novembre 2021 però il quadro cambia ancora e l’obbligo vaccinale colpisce anche la scuola a partire dal 15 dicembre 2021. L’obbligo vaccinale entra in gioco senza reali motivazioni vista la situazione ormai meno emergenziale. A gennaio i docenti si dividono quindi in coloro che hanno accettato l’obbligo vaccinale, coloro che sono guariti, i docenti con fragilità e coloro che hanno accettato la sospensione dovuta al rifiuto dell’obbligo vaccinale.
La situazione a gennaio e febbraio negli istituti è critica, mancano docenti tra sospesi e ammalati, molte le classi in quarantena a causa di calcoli creativi individuati nei decreti ministeriali, molti studenti si contagiano e accedono alla DDI.
Il 17 marzo però cambia tutto e tra le pompose dichiarazioni di Draghi e Speranza, viene presentato il decreto “Misure urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19”, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza fissato al 1 aprile 2022. Il discorso di Draghi è stato chiaro: non illudetevi, questi dispositivi sono stati introdotti per restare. In conferenza stampa Draghi ha infatti detto: “[…] uno degli scopi del provvedimento di oggi è proprio quello di non smantellare tutta la struttura esistente anche perché noi siamo consapevoli del fatto che un’altra pandemia potrebbe rivelarsi importante anche tra un qualche tempo. Vogliamo costruire una struttura permanente di preparazione a reagire a questi fenomeni. […] Non smontiamo la struttura ma gradualmente questa struttura perde i caratteri di emergenza e acquista quello di ordinarietà.”
In particolare nel dettaglio dell’art. 8 comma 4 del decreto, riferito agli obblighi vaccinali, si prevede l’estensione dell’obbligo vaccinale del personale scolastico al 15 giugno 2022 oltre il termine dello stato di emergenza del 31/03/2022. La vaccinazione diventa “requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni da parte dei soggetti obbligati” e “solo avendo adempiuto all’obbligo vaccinale si riacquista il diritto di svolgere l’attività didattica”.
I docenti sospesi, quindi, per come è previsto dalle circolari ministeriali, dovranno accedere al luogo di lavoro con certificazione lasciapassare verde base, ma non potranno andare in classe e faranno attività di supporto alla didattica, con orario doppio rispetto all’orario lezioni previsto da contratto a parità di salario. I supplenti che hanno sostituito i sospesi rimangono in aula creando un sistema ridondante che porta inevitabilmente anche ad un ingiustificato spreco di risorse economiche pubbliche.
La contraddizione principale è evidente e si concretizza nel fatto che ai docenti sospesi l’autunno scorso o dopo l’obbligo di dicembre, in pieno stato di emergenza, bastava un tampone per far lezione. Adesso che lo stato d’emergenza è finito, il tampone non è più sufficiente per avere diritto ad insegnare e ci vuole obbligatoriamente la vaccinazione per “andare a contatto” con gli studenti.
Il rientro alla normalità è quindi posticipato e porta distorsioni e incertezze in mille ambiti creando un limbo in cui i docenti si vengono a trovare. Rimangono validi gli obblighi vaccinali, evidentemente inefficaci a vedere gli esiti dei mesi invernali, nelle scuole, dove del resto, ribadendo la cosa più assurda, se sei testato ogni 48 ore sei evidentemente più controllato di altri colleghi vaccinati che svolgono normalmente attività didattica. Una contraddizione logica che risulta così evidente da far sorridere.
Quindi rimangono gli obblighi per sanitari (31 dicembre), forze dell’ordine e docenti (15 giugno), introducendo altre storture come la condizione essenziale della vaccinazione per avere “il diritto di svolgere attività didattica”. I docenti sospesi, a questo punto, il primo di aprile sono tornati a scuola ma non in classe, svolgendo una non ben definita attività di supporto al limite del demansionamento, con un raddoppio dell’orario di lavoro a parità di salario, introdotto grazie ad una forzatura normativa sulla condizione di “temporanea inidoneità” del personale docente non vaccinato.
Il ministro Bianchi per voce del ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Inca il 30 marzo dichiara senza vergogna:
“[…] Il Consiglio dei ministri ha unanimemente deciso di mantenere, fino al 15 giugno, l’obbligo vaccinale. Nello stesso tempo, però, ha ritenuto di eliminare la sospensione dal servizio per coloro che non ottemperano l’obbligo, superando la severa implicazione di non riconoscere neppure il cosiddetto assegno alimentare. Peraltro, sottrarsi all’obbligo vaccinale per gli insegnanti ha una peculiare conseguenza: la vaccinazione costituisce un requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni. Di qui l’utilizzazione del docente non vaccinato in attività di supporto alla istituzione scolastica, quali le attività anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione e la conseguente sostituzione, per l’attività didattica, con supplenti. La motivazione di tale disposizione risiede nella speciale rilevanza che la figura del docente ricopre nella comunità educante. La disposizione coniuga, infatti, due esigenze: quella di attenuare le conseguenze di inadempimento all’obbligo vaccinale senza deflettere, però, rispetto al principio di responsabilità dei docenti dinanzi agli alunni. La violazione di un obbligo non può restare priva di conseguenze. Si tratta dunque di un messaggio forte e coerente, che si è voluto dare ai nostri giovani. Gli insegnanti inadempienti disattendono il patto sociale ed educativo su cui si fonda la comunità nella quale sono inseriti. Il puro e semplice rientro in classe avrebbe comportato un segnale altamente diseducativo. Per questo si è dovuto trovare un ragionevole equilibrio tra il diritto dei docenti non vaccinati di sostentarsi e il loro dovere di non smettere mai di fornire il corretto esempio.”
Il rientro dei docenti sospesi è quindi un segnale diseducativo per la comunità educante che nulla ha a che vedere con la problematica sanitaria, un’idea inquietante che sottende una visione bigotta e paternalista della scuola, che nasconde anche un attacco profondo al diritto al lavoro dei docenti rimasti a casa senza reddito e alla libertà di insegnamento in sfregio degli articoli 33 e 36 della nostra Costituzione. È evidente che per la prima volta nella storia della Repubblica una vaccinazione diventa uno strumento ideologico che rende inidonei i docenti perché hanno disatteso un fantomatico patto sociale ed educativo (li mantenessero loro i patti sociali), sono un cattivo esempio e quindi devono essere puniti e allontanati dalle classi. Mai prima d’ora era avvenuto un tale grave affronto alla libertà di insegnamento e al diritto al lavoro e sicuramente costituirà un precedente. Oggi l’elemento ideologico in questione è il vaccino, domani cosa sarà? L’anno scolastico in corso sarà ricordato anche per questa dichiarazione moralistica che ben rappresenta la deriva elitaria, conformista e omologante che da anni ha colpito la nostra scuola.
Dietro a quei numeri, dietro a quelle sospensioni, ci sono famiglie, cittadini, figli, persone che hanno visto sospeso il proprio stipendio, hanno provato difficoltà economiche, hanno vissuto frustrazione e disagio psicologico legato ad una condizione ricattatoria che mai potrà essere definita “una libera scelta”, come molti affermano, e che non possono essere ridotti moralisticamente a “cattivi esempi”.
Qui è necessario fermarsi un attimo a riflettere. In questi giorni, molte volte è stata ipotizzata l’incostituzionalità del decreto. Sull’obbligo vaccinale sono già stati inviati alla Corte Costituzionale per un pronunciamento alcuni ricorsi giunti ai tribunali amministrativi di Sicilia e Lazio.
Le evidenze di incostituzionalità sono lì da recepire, elefanti nella stanza, ma cos’è oggi la nostra Costituzione? Patto sociale valido e biunivoco o bunker fumante ormai conquistato dalle forze più reazionarie del nostro paese? Diritti reali o diritti fatti a pezzi da azzeccagarbugli che grazie ad atti ormai tanto incomprensibili quanto ridicoli nascondono volontà politiche contrarie alla maggioranza della popolazione? Costituzione da difendere o da ricostruire? L’art. 1 , l’art. 4, l’art. 33, l’art. 36 sono stati stati scardinati grazie al grimaldello dell’art. 32, usato come bastone senza nessun rispetto del principio di proporzionalità e precauzione, con ferma volontà di trasformare i rapporti civili e sociali di questo paese.
È tempo di tornare ad affrontare i problemi sanitari in modo ordinario togliendo tutti i dispositivi che lo stato di emergenza ha introdotto con tutte le contraddizioni logiche palesi e assurde che sono state portate fin nei minimi dettagli nella quotidianità di milioni di cittadini. È tempo di investire in sanità, in scuola e non in armi.
È tempo di rivendicare il vero senso progressivo della nostra Costituzione, gettando fuori i mercanti dal tempio e riprendendoci il nostro Stato, le nostre istituzioni, barbaramente vendute agli interessi di pochi. La scuola deve tornare ad essere luogo di crescita di nuovi cittadini, di relazioni e socialità, di sano confronto senza ipocrisie e condizionamenti, luogo di studio e di sapere, di costruzione di senso civico e di approccio veramente scientifico alla realtà. Fuori dall’emergenza, e fuori dalle false polarizzazioni. Lontano da questo inquietante moralismo ministeriale che fa calare brutte ombre su tutto il mondo della scuola.
[1] REPORT ESTESO ISS COVID-19: SORVEGLIANZA, IMPATTO DELLE INFEZIONI ED EFFICACIA VACCINALE Aggiornamento nazionale del 06/04/2022 pag.11 Fig.6 e 20/04/2022 pag.11 Fig.6
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