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Washington: prove tecniche di disgelo con Cuba?
Come è facile intuire, le operazioni militari in Ucraina hanno modificato lo scacchiere geopolitico in modo, forse, irreversibile. Le conseguenze della guerra si riverberano in ogni continente ed è del tutto naturale che l’attenzione si sposti anche su quei paesi che, per motivi diversi, hanno storicamente con Mosca dei legami molto stretti. È questo il caso di Cuba, un paese che ha sperimentato sulla propria pelle che cosa significa non essere graditi alla Casa Bianca.
Notizia di questi giorni è che il presidente americano Joe Biden ha preso la decisione di revocare la stretta imposta dal suo predecessore Donald Trump nei confronti di Cuba. Con la revoca sarà più facile per le famiglie visitare i parenti che si trovano a Cuba e anche per i viaggiatori americani autorizzati avere rapporti con il popolo cubano o condurre ricerche. Il dipartimento di Stato americano ha anche annunciato la reintroduzione del programma di riunificazione familiare e il rafforzamento dei servizi consolari.
Questo tentativo di “disgelo” si sviluppa anche attraverso la volontà di Biden di togliere il tetto di 1000 dollari per trimestre alle rimesse familiari e di voler sostenere “rimesse” di donazioni a imprenditori cubani con l’intento di “rafforzare le famiglie nel sostegno reciproco”, come spiegato nel dettaglio dal portavoce del dipartimento di Stato Ned Price. Riprenderanno anche i voli commerciali per Cuba e, secondo l’Amministrazione Biden, questa decisione dovrebbe facilitare le “connessioni educative” tra i due Paesi. Gli americani del resto hanno anche sottolineato il loro impegno nell’“ampliamento dell’accesso internet”.
L’Avana da parte sua ha commentato queste misure prese dagli americani in modo solo cautamente positivo. In particolare il ministero degli Affari esteri cubano (Minrex) si è rammaricato che l’Amministrazione Biden non abbia eliminato l’embargo economico che ormai resta in piedi senza interruzioni sin dal 1962. Per quanto quindi i rapporti tra Cuba e Usa restino tesi, il governo cubano ha descritto queste misure prese dagli Usa come un “piccolo passo nella giusta direzione”. Il Minrex, per bocca del ministro degli Esteri Bruno Rodrìguez, ha comunque chiarito che questa decisione americana “non modifica il blocco, l’inclusione fraudolenta nella lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo, né la maggior parte delle misure coercitive di massima pressione di Trump che ancora colpiscono il popolo cubano”. Rodrìguez ha anche rimproverato agli americani di non aver cambiato in alcun modo obiettivi e strumenti principali della loro “politica fallimentare contro Cuba”. Il governo cubano sostiene che la decisione di Biden risponda in realtà anche alle richieste della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi e di quasi tutti i paesi membri delle Nazioni Unite.
L’amministrazione Biden starebbe anche pensando di invitare una rappresentanza cubana al Summit delle Americhe che si terrà negli Stati Uniti. Il motivo di questa apertura va ricercato soprattutto nelle pressioni ricevute da altri paesi che hanno anche minacciato di boicottare l’evento. Per il momento gli Usa hanno rifiutato di comunicare quali saranno i paesi invitati e quindi non è possibile sapere con certezza se le delegazioni di Cuba, Nicaragua e Venezuela saranno incluse. A questo proposito un crescente numero di leader politici, con il presidente messicano Obrador in prima fila, hanno apertamente minacciato di non partecipare al Summit se non verranno inviati tutti i paesi della regione senza distinzioni.
Gli Stati Uniti sono particolarmente attenti alla buona riuscita del Summit delle Americhe, che si tiene ogni 3-4 anni, in quanto vorrebbero utilizzarlo come occasione per riaffermare il loro impegno nell’area. Ned Price, portavoce del Dipartimento di Stato americano, ha tentato di correggere il tiro dichiarando che si starebbero ancora valutando ulteriori inviti, ma l’amministrazione Biden da settimane parla di voler escludere Cuba, Nicaragua e Venezuela con le solite accuse di mancato rispetto della democrazia. A questo riguardo Cuba ritiene che gli Usa stiano facendo degli sforzi incessanti per imporre il proprio volere all’intero continente determinando quali paesi possano essere invitati e quali no.
Obrador comunque, così come il presidente della Bolivia, Luis Arce, ha subito fatto capire di aver intenzione di disertare il summit se Cuba, Venezuela e Nicaragua non venissero invitate e anche il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, dovrebbe disertare l’incontro senza, però, aver adotto una motivazione a riguardo. A sua volta il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha comunicato di non avere interesse a essere coinvolto nel summit.
Il Summit delle Americhe (SOA) è un incontro internazionale che unisce i leader dei paesi dell’OAS (Organizzazione degli Stati Americani). Tutti i paesi hanno inviato i loro rappresentati agli incontri con la significativa eccezione di Cuba, espulsa dall’OAS sotto le pressioni degli Stati Uniti dopo la Rivoluzione del 1959. Cuba ha comunque partecipato al summit di Panama e ha inviato il ministro degli Esteri nel successivo summit tenutosi in Perù nel 2018.
Difficile capire quale sarà l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti di Cuba, la sensazione di molti è che queste “aperture” di Biden non vadano prese realmente sul serio, anche perché gli Stati Uniti continuano a considerare Cuba uno dei “Paesi che patrocinano il terrorismo” e non hanno alcuna intenzione di rimuovere l’embargo che rappresenta una spina nel fianco nell’economia del Paese socialista. La “distensione” decisa da Washington con L’Avana e Caracas andrebbe vista all’interno di uno scacchiere più ampio, che vede gli Usa maggiormente impegnati al confronto con la Russia in Ucraina e ad arginare la Cina nel Sud-Est Asiatico. Del resto, Biden, con le sue recenti dichiarazioni relative all’impegno americano nella difesa di Taiwan, ha mostrato in modo plastico dove saranno le attenzioni del suo paese nel prossimo futuro.
Fonti
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