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Attenti al pacifista!


22 Giu , 2022|
| 2022 | Sassi nello stagno

C’è una nuova categoria che suscita scalpore nel dibattito pubblico italiano. Si tratta del “pacifista”. Assimilato al “putiniano/filorusso” – categoria che pure rappresenta una componente reale, ma oggi minoritaria, dell’opinione –, il pacifista viene guardato con sospetto, tacciato di esser mosso da secondi fini e, in ogni caso, accusato di esprimere opinioni non in buona fede, non per reale convincimento, bensì per loschi interessi. E così, che si tratti una filosofa come Donatella Di Cesare, di un giornalista come Michele Santoro o di artisti come Fiorella Mannoia, Elio Germano e Ascanio Celestini, il loro punto di vista è indubbiamente viziato dalla coltivazione di un tornaconto personale. Nel turbinio della polarizzazione necessariamente dicotomica, non vi è, dunque, spazio per il dubbio e la libera discussione, ma i portatori di posizioni “medie” vengono immediatamente assimilati ai vari Alessandro Meluzzi, Diego Fusaro e Mario Adinolfi, questi sì, effettivi sostenitori di lunga data dell’inquilino del Cremlino e delle sue politiche. La bandiera arcobaleno, storico simbolo del pacifismo italiano, è ormai assimilata all’uso deprecabile della Z, simbolo dell’aggressione russa.

La narrazione polarizzante ha l’effetto di ridurre il dibattito a scontro tra tifoserie e rimuovere le complessità. Così l’opinionismo filo-atlantista ha dovuto abbracciare un integralismo ai limiti del ridicolo, fino all’estrema conseguenza dell’imbarazzata (e imbarazzante) difesa dell’ideologia del battaglione Azov da parte di commentatori democratici e antifascisti, come se una dichiarazione del tipo “Sosteniamo pienamente il diritto alla resistenza del popolo ucraino, ma esprimiamo preoccupazione per il peso che stanno assumendo alcune formazioni di estrema destra” o “Condanniamo l’aggressione russa, ma non rimuoviamo quanto accaduto in Donbass dal 2014 ad oggi” fossero troppo difficile e poco netta per poter esser metabolizzata dal dibattito pubblico. E da qui una serie di altre rimozioni su argomenti controversi e difficilmente integrabili nella narrazione del “bellicismo progressista”: i tanti ucraini maschi che sono stati costretti a lasciare l’Italia e il lavoro per rispondere alla leva obbligatoria in patria, o quelli ai quali viene impedito di lasciare l’Ucraina per unirsi, come profughi, alle proprie famiglie, o, ancora, lo stesso impedimento per molte persone trans in quanto non riconosciute come donne, o, in ultimo, la dichiarazione di Papa Francesco in merito all’allargamento della NATO ad Est come causa del conflitto, tesi sostenuta da tanti critici della narrazione vigente – prontamente bollati come “putiniani” – ma lasciata scivolare in un imbarazzato silenzio quando pronunciata dall’amato Pontefice.

Ma i cortocircuiti non finiscono qui. Il paradosso più enorme è che in questa caccia alle streghe unilaterale si finisce per perdere di vista quelle che potrebbero essere realmente opinioni non oneste e disinteressate. Partendo, infatti, dal presupposto che tutto l’opinionismo pro-guerra è puro e tutto quello pro-pace torbido, viene sedata ogni possibile riflessione critica sui sostenitori della guerra. Per cui, ad esempio, in alcun modo la posizione a favore dell’aumento della spesa militare e dell’invio di armi all’Ucraina, come quella che Marco Minniti sostiene serenamente in TV, susciterà dubbi di compromissione, eppure basterebbe poco a notare come potrebbe non esser dettata esclusivamente da un nobile intento umanitario. Da febbraio 2021, infatti, l’ex-ministro dell’Interno è alla guida di Med-Or, una fondazione della Leonardo, principale azienda italiana produttrice ed esportatrice di armi, terza in Europa per grandezza. Dallo scoppio della guerra in Ucraina le azioni della Leonardo sono cresciute del 33%[1]. Inoltre, secondo il Sole 24 Ore, la crescita di Leonardo in questi mesi avrebbe ancora un altro effetto sulla società. Le due controllate di Leonardo che producono carri armati (Oto Melara) e siluri (Wass) sono entrambe cresciute in valori azionari dall’inizio della guerra. Ciò permetterebbe a Leonardo, anziché limitarsi alla cessione delle due aziende alla joint venture franco-tedesca Knds, interessata da tempo all’acquisto, di partecipare direttamente al progetto, con una quota di minoranza (fino al 15% circa)[2].

Eppure, nella narrazione dominante è considerata più legata ad interessi nascosti, a secondi fini, la posizione pacifista che quella bellicista, come se la guerra non fosse sempre stato strumento di dominio geopolitico e di profitto economico, sulla pelle dei popoli.


[1] Preso in considerazione il periodo tra il 24/02 e il 31/05

[2] https://www.ilsole24ore.com/art/leonardo-top-2-anni-guerra-ucraina-e-riassetto-oto-melara-AEdhp3GB

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