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“Migliori” erano Borsellino, Falcone, Moro


19 Lug , 2022|
| 2022 | Sassi nello stagno

Sono tante le linee che uniscono le stragi di Falcone e Borsellino al caso Moro. Non solo i tanti misteri, la verità impossibile (e indicibile), i depistaggi e i silenzi di chi sa. I due magistrati vengono sacrificati, monumentalizzati post-mortem (prima erano stati ferocemente osteggiati), per essere rimossi e archiviati, esattamente come accadde con il martirio di Aldo Moro. Per questo le annuali celebrazioni “istituzionali”, che grondano retorica, sono odiose e offensive della loro memoria.

Dovremmo chiederci: come mai al potere, nella magistratura, negli ultimi vent’anni vanno sempre di piu gli allievi e gli eredi di Giammanco (il capo della Procura di Palermo che ostacolò in ogni modo Falcone e Borsellino)? Personaggi molto rassicuranti, allineati ai dettami delle convenienze, e proprio per questo incensati dalla stampa mainstream ma anche da chi, prima, utilizzava la magistratura dall’opposizione per lottare contro il “sistema di potere”.

Probabilmente non ci sono solo Berlusconi e Dell’Utri, nella vicenda che accompagna il “Grande Riassetto” del ’92/’93, alla ricerca di un nuovo modus vivendi tra mafia e Stato, poteri occulti, interessi finanziari e pezzi di “apparati”. Certo, Forza Italia mira a ereditare politicamente il ruolo della DC e in Sicilia si sintonizza su certe frequenze, Dell’Utri in particolare si muove come un nuovo Lima.

Ma purtroppo presumibilmente c’è di più, nel seno delle istituzioni. Cosa accade veramente, durante la Trattativa (e il parallelo, immane depistaggio su Borsellino, di cui in un Paese serio non si dovrebbe mai smettere di occuparsi, e che invece è oggetto di un singolare silenziamento)?

Colpisce, in generale, il silenzio e l’assenza della stampa d’inchiesta (tranne rare eccezioni), così come degli intellettuali. Come a rivelare un imbarazzo rispetto a ciò da cui, si sa, è meglio tenersi il più possibile distanti. Secondo la generale adozione della logica del bunker, che è l’effetto culturale conseguente dell’orizzonte dell’Italia del vincolo esterno dell’ultimo trentennio. L’allontanamento dalla democrazia, dalla Costituzione, dalla stessa autonomia politica (realisticamente possibile) del “Belpaese” ne è il prodotto inevitabile.

Chi ha preteso di salvare l’Italia (ma in realtà, cinicamente, se stesso e un “sistema” di potere), sul sacrificio degli innocenti e su una grande ipocrisia, l’ha condannata alla subalternità e alla perenne opacità del potere.

Almeno contro i poteri occulti negli anni Settanta e Ottanta si poteva lottare. Contro l’opacità di sistema, che in modo osceno pretende pure di rivendicare​ moralisticamente un “primato”, è molto più difficile anche solo valicare il muro dell’indifferenza. L’Italia antidemocratica di Draghi, dei presunti “Migliori”, che grottescamente​ rettori, sindaci, CGIL ed esponenti della “mezza cultura” difendono e invocano, è figlia del Britannia. E in perfetta continuità con la livida ipocrisia dei sepolcri imbiancati, che omaggiano a parole Moro, Falcone, Borsellino, ma si tengono accuratamente lontani dal loro esempio​ e dalle loro idealità, restando ben allineati a quel “potere” che custodisce le verità indicibili sulla storia dell’Italia del vincolo esterno auto-imposto.

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