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La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica


20 Ago , 2022|
| 2022 | Visioni

In politica economica i ritardi hanno sempre giocato un ruolo centrale. La letteratura in merito è assai nutrita, anche se il tema ultimamente, con il mito del “just in time” generalizzato, è stato forse un po’ accantonato. Salvo riemergere con forza nelle trame della crescita mondiale, specie oggi in una fase storica in cui le catene di fornitura globali stanno esercitando un’influenza assai marcata nel direzionare le sorti dell’economia planetaria. Il riferimento diretto è all’ “effetto frusta”, ovvero il fenomeno, caratteristico del sistema distributivo, per cui la stima previsionale della domanda di consumo genera inefficienze lungo le catene di approvvigionamento, influenzando le scorte con oscillazioni crescenti via via che si sale nella “piramide” di approvvigionamento (dal retail verso la produzione) passando per i vari stadi del commercio all’ingrosso.

In base all’”effetto frusta”, la cui esistenza è verificata empiricamente da uno stuolo di analisi, la risposta a cambiamenti relativamente piccoli nella domanda dei consumatori tende a tradursi in ampi cambiamenti dell’offerta e ad una crescente volatilità delle scorte lungo la pipeline. Le ampie ricerche empiriche sul tema ci dicono che una fluttuazione del 5% nella domanda di consumo potenzialmente può dare luogo, risalendo lungo la catena di fornitura fino alla produzione, ad una stima di variazione della domanda complessiva di dimensione prossima al 40%. Da qui la similitudine con la frusta: un piccolo movimento della mano/polso, corrispondente al cambio della domanda, si traduce in un ampio e grande movimento della parte finale della frusta, la risposta dei fornitori/produttori.

Il problema appare nella sua rilevanza se osserviamo la ripida impennata nel rapporto inventario/vendite del sistema distributivo (sino al dettaglio) negli USA:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

Nel 2021, i punti vendita finali, specie nelle grandi catene, hanno registrato un’impennata delle vendite, cosa che li ha spinti a sopravvalutare la domanda prospettica di breve termine e ad effettuare, ai loro fornitori e grossisti, ordini più ampi ed eccedenti il normale utilizzo del magazzino. Questi ultimi, a loro volta, si sono comportati in modo analogo, mandando ordini proporzionati – in eccesso rispetto all’effettivo turnover del magazzino, per accrescere le scorte prudenziali, dopo essere rimasti scottati dall’improvviso aumento della domanda – ai loro rispettivi fornitori, e così via sino ai produttori. L’effetto di risonanza lungo le catene di fornitura ha portato quindi ad una significativa differenza tra domanda effettiva dei consumatori e scorte complessivamente disponibili nei vari magazzini. Gli “inventari troppo dilati” di Walmart (WMT), Target (TGT), Gaps (GPS) ed altre grandi catene di distribuzione al dettaglio, rilevati nella prima metà dell’anno in corso, sono esempi tangibili di questo “effetto frusta”.

Il punto è che un simile comportamento del livello di scorte, se non insostenibile, risulta incompatibile con un adeguato livello di redditività e liquidità del sistema distributivo, specie negli USA dove la concorrenza è assai elevata. Quindi queste scorte in eccesso alla fine devono essere messe sul mercato a forte sconto, o comunque liquidate/eliminate in modo relativamente rapido nei mesi successivi, con effetti depressivi sulla redditività.

Quali sono i driver delleffetto frusta?

Ad inizio 2021 avevamo già accennato come la domanda repressa avrebbe impattato in misura assai repentina e marcata sull’offerta con un effetto di surriscaldamento. Esauritasi la spinta della domanda repressa accumulatasi durante i loock-down, sostenevamo che sarebbe stato logico attendersi un improvviso raffreddamento. Negli USA, proprio per evitare questo effetto “doccia scozzese”, l’amministrazione Biden ha approvato un pacchetto di incentivi da 1,4 trilioni di USD, inviando il “terzo giro” di assegni alle famiglie. Il fatto è che: quando lo stimolo fiscale dei trasferimenti raggiunge i consumatori, questi spendono fondi ricevuti piuttosto rapidamente, il che porta a un’accelerazione improvvisa “da doping” dell’attività economica. Uno stimolo quindi che, per sua natura, può assomigliare ad un “fuoco di paglia”. Il meccanismo di trasmissione che “attiva la frusta”, sul lato della domanda, si articola come segue:

  1. I consumatori utilizzano i fondi per effettuare acquisti necessari o discrezionali, creando domanda.
  2. In previsione della domanda, le aziende aumentano le “scorte” come anzidetto.
  3. L’aumento delle “scorte di magazzino (inventario)” aumenta il fattore di scala della produzione.

“Si realizza così la fase di aumento di scala della produzione e quindi dei magazzini (e relativi ‘inventari’)”.

Nondimeno, sul lato dell’offerta:

  1. Le aziende sapendo che lo stimolo è “temporaneo”, non fanno piani di assunzione e d’investimento a lungo termine e si limitano a fare più scorte.
  2. L’aumento della domanda di scorte porta a un aumento dei loro prezzi. Le aziende hanno però difficoltà a trasmettere ai consumatori il maggior onere di approvvigionamento, riducendo in una certa misura i margini di profitto.
  3. Infine, poiché le aziende sanno che lo stimolo è temporaneo, optano per “soluzioni più efficienti”, quali l’outsourcing e l’automazione, per abbassare i costi di manodopera e produzione. 

Come è facile verificare dal grafico seguente, nei fatti l’ondata di liquidità dello stimolo fiscale ha preceduto sia la ripresa economica che, come atteso, il momento di più intensa manifestazione della fiammata inflattiva:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

Vi è infatti, come abbiamo accennato sopra, un’importante conseguenza indesiderata nella crescita guidata da stimoli fiscali: l‘aumento dell’attività, di consumo e produzione, indotta dagli stimoli, porta, attraverso la competizione sulla produzione esistente per accaparrarsi le maggiori scorte ritenute necessarie, a forti pressioni sui prezzi di acquisto – a catena – dei fattori produttivi disponibili, generando, in aggregato, un vigoroso spunto inflattivo. Spunto che le aziende hanno però difficoltà a trasmettere integralmente ai consumatori, riducendo alla fine, necessariamente, i margini di profitto.

Una volta che l’effetto dello stimolo si è esaurito (i fondi dei trasferimenti sono stati spesi e sono finiti), i consumatori affrontano inoltre un costo della vita più elevato. Cosa che peggiora ulteriormente il loro tenore di vita: esattamente come dopo una corsa sostenuta solo dall’effetto temporaneo di un dopante. Siccome però il Governo USA (come del resto gli altri Esecutivi che hanno scelto una strada analoga) non è in grado di fornire uno stimolo continuo: una volta che la “corsa spinta dal doping” della liquidità si è esaurita, la crescita economica torna su un sentiero di minore vivacità.

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

L’aumento “artificiale” dei consumi, guidato dal massiccio stimolo fiscale diretto a favore delle famiglie, si traduce solamente in un’accelerazione dell’inflazione (grazie anche alla domanda eccessiva in un contesto di offerta limitata, causa interruzioni – di produzione, spedizione, consegna, etc. – generate dalla Pandemia). All’inversione della domanda, da crescente a decrescente, consegue poi il riequilibrio, che è però “deflazionistico” – anche perché amplificato dall’effetto frusta delle scorte in senso inverso – rappresentando un problema significativo per la FED. L’inefficacia – e inefficienza – della crescita guidata dagli stimoli sui consumi non è una novità, come si può verificare nel grafico:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

NOTA: un tasso di crescita inferiore al 2% non è abbastanza elevato da assorbire la crescita della popolazione. È bene notare che anche se prima del 2000, un tasso di crescita economica del 2% era considerato “pre-recessivo”, al fine di giustificare la spesa in eccesso e gli interventi del governo, la crescita del 2% è ora invece considerata un “successo” della politica”.

L’impennata del PIL nel 2021 è, a tutti gli effetti, una continuazione della “corsa dopata” dagli interventi monetari succedutisi a partire dalla GCF del 2008. La linea nera tratteggiata corrisponde alla crescita media annua del PIL dal 2007, pari ad appena l’1,7%. (escludendo il 2021 il tasso di crescita effettivo fino al 2020 sarebbe solo dell’1,3%). Ecco che tocchiamo quindi il punto centrale: la stragrande maggioranza della crescita negli Stati Uniti nell’ultimo decennio è dovuta a una varietà di input artificiali che non sono sostenibili indefinitamente. In primis dall’aumento delle spese federali:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

Insomma, una litania di “salvataggi”, che sono poi l’effetto e causa dell’aumento di debiti e deficit oltre che dei massicci interventi monetari.

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Quindi, mentre potrebbe “sembrare” che l’economia sia cresciuta “anche in modo autonomo” nel periodo considerato, in realtà senza gli aumenti di debito la crescita economica sarebbe stata invece “negativa”. Il grafico seguente mostra quale sarebbe stata la crescita effettiva, depurata dell’aumento del debito federale:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

Dopo oltre un decennio di interventi monetari e fiscali per un totale di oltre $ 37 trilioni, l’economia rimane ANCORA sulla “linea di sopravvivenza” e ci sono voluti in media circa $ 12 di supporto per generare $ 1 di crescita economica.

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

La definizione di un’economia solida si fonda oggi sostanzialmente sull’aumento della spesa per consumi, un risultato che è però solo un miraggio prodotto dall’aumento dei “benefici sociali”.

Un altro punto particolarmente rilevante è che le misure di sostegno non producono un livello di maggior benessere per le classi medie, medio-basse e basse. Anzi – con riferimento alle ultime misure – lo riducono una volta passato il loro effetto temporaneo. È possibile verificare la tesi con alcuni grafici:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

Nel grafico precedente sembra che i redditi disponibili delle famiglie traggano beneficio dell’impatto dei trasferimenti fiscali sull’economia. La realtà è invece molto meno rosea. Se eliminiamo i “pagamenti relativi ai trasferimenti operati dal governo”, nonostante la ripresa dell’economia, il reddito disponibile reale rimane al di sotto dei massimi precedenti. In particolare, degli $ 1,9 trilioni di stimolo, solo circa $ 900 miliardi affluiscono alle famiglie senza generare un aumento del reddito: 

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

Insomma, il benessere reale delle famiglie non è migliorato significativamente se depuriamo i redditi (ex post) dal sostegno governativo in trasferimenti. Ecco perché, anche con una crescita economica intorno al 2%, quasi 1 famiglia USA su 3 continua a dipendere da qualche forma di sussidio governativo.

Le misure di stimolo impattano però, ed in misura assai apprezzabile, sui mercati finanziari ed in particolare sul mercato azionario, determinando un picco nella “trappola del benessere”. Il punto di leva è la forte e strutturale disconnessione tra il “mercato azionario” e “l’economia reale”. Come abbiamo spesso ricordato in passato, il 10% più elevato dei percettori di reddito possiede quasi il 90% del mercato azionario.

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

L’80% più povero, che guida maggior parte delle spese per consumi personali (PCE), continua invece a lottare per sbarcare il lunario. Ecco perché la dipendenza dall’assistenza sociale ora comprende 1/3 dei redditi totali. Altre statistiche sono altrettanto scoraggianti:

  • 38 milioni di americani vivono utilizzando i buoni pasto pubblici.
  • Secondo il Census Bureau, circa il 50% dei 330 milioni di americani riceve almeno un beneficio federale.
  • Si stima che 63 milioni siano beneficiari della previdenza sociale; 59,9 milioni di Medicare; 75 milioni di Medicaid; 5 milioni ricevono sussidi per la casa e 4 milioni sono beneficiari dei sussidi per veterani.

Questi numeri continuano peraltro a crescere!

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

Senza la generosità del governo, molti individui vivrebbero per strada. Il grafico precedente mostra tutti i programmi di “benessere” varati dal governo e i livelli attuali. Come abbiamo visto, il problema dei “programmi di stimolo” è che, una volta che il beneficio si esaurisce, tende a verificarsi un’immediata contrazione dei redditi disponibili – e quindi un impatto negativo sui consumi. Poiché 1/3 del reddito disponibile dipende dai trasferimenti del governo, non sorprende quindi che l’economia sia in difficoltà: i dollari delle tasse “riciclati” ed utilizzati a fini di consumo non hanno praticamente alcun impatto permanente sull’economia nel suo complesso.

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

In effetti, in questa fase storica, che sempre più sembra tracciare il sentiero di declino dell’economia americana, le famiglie statunitensi stanno ora ricevendo più denaro contante dal governo di quanto non stiano pagando in tasse. Per la prima volta dalla Grande Depressione!

L’impatto sulla politica monetaria

La Federal Reserve si trova quindi ora in corsa contro il tempo. Come abbiamo infatti visto, il problema dell’ “effetto frusta” è che l’inversione della domanda porta al riequilibrio – distorto – dell’offerta: l’onda risale adesso la catena di approvvigionamento in senso inverso. Una recessione è spesso proprio il sottoprodotto del riequilibrio tra domanda e offerta. Questo vuol dire che, sebbene Jerome Powell affermi di essere impegnato a combattere le pressioni inflazionistiche, in realtà l’inflazione – come ci dice il grafico precedente – alla fine si curerà da sola. Insomma: la “cura per i prezzi alti, sono i prezzi alti.”

Powell sa bene che l’inflazione è sempre transitoria, anche se dura a lungo, ma capisce anche che i tassi non possono trovarsi in “prossimità dello zero” quando inizia una recessioneLa Fed deve quindi correre per aumentare il più possibile i tassi di interesse prima che l’economia vacilli, in modo da poter poi tornare a tagliarli per stimolare l’attività economica.

Come illustrato di seguito da Jim Reid di Deutsche Bank, la Fed ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse con un’inflazione significativamente più alta rispetto a quella osservata durante i precedenti cicli. Negli ultimi 70 anni, il primo aumento è arrivato, considerando il valore mediano, quando l’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha raggiunto il 2,5%. Il primo aumento di quest’anno si è verificato a marzo, quando il CPI è finito “in orbita” segnando un picco annuo all’8,5%!

L’unico ciclo di rialzo dei tassi che ricorda quello attuale è iniziato nell’agosto 1980, quando la Fed ha cominciato ad aumentare i tassi di riferimento con un’inflazione al di sopra del 12%.

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

La Fed è quindi molto indietro rispetto alla curva dei tassi di mercato, motivo per cui ora stanno aumentando in modo aggressivo. L’obiettivo è arrivare prima possibile al 3,5%, in modo da avere lo spazio utile per abbassarli quando inizierà la recessione. Il problema è che la politica monetaria è già molto restrittiva. A causa dell’inflazione, dell’aumento dei tassi di interesse a breve e lungo termine e dell’ “effetto frusta”, la crescita economica rallenterà perciò repentinamente. Eventualità già rilevata da molti indicatori e riferita in diversi “economic report”. L’Economic Composite Index in tempo reale e il tasso di variazione a 6 mesi del Leading Economic Index, in particolare, lo confermano:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

“I politici sanno molto bene che l’inflazione, specie il tasso core, nel resto dell’anno rimarrà ‘impermeabile’ alle decisioni sui tassi di riferimento, visto che la politica monetaria funziona con ritardi troppo lunghi rispetto alla scadenza elettorale. ‌La Fed ha però ‘collegi elettorali’ diversi: deve calmare i timori d’inflazione del pubblico, dei mercati e dei politici. Ciò significa che non ha altra scelta che ‘picchiare’ il più duro possibile, perché fa parte della sua missione controllare le aspettative di inflazione” – I. Shepherdson. Un’affermazione assolutamente condivisibile. Tuttavia, questo è anche il motivo per cui la Fed tornerà a tagliare i tassi e riprenderà il QE entro la fine dell’anno – o al più ad inizio 2023 – quando la recessione inizierà a mordere e sorgeranno i primi timori di “instabilità finanziaria”. Come evidenzia il prossimo grafico, la fiducia dei consumatori è significativamente diminuita. Un segnale che, storicamente, anticipa l’esordio di una recessione:

La Fed e l’effetto frusta: come bisticciare con i ritardi in politica economica

La realtà è che sia la Fed che i mercati sono soggetti all’ “effetto frusta” della politica monetaria. L’unica vera domanda è se la Fed può alzare i tassi abbastanza rapidamente da ottenere un risultato tangibile prima che l’onda di marea “deflazionistica” raggiunga il bagnasciuga.

Non sembra esservi alcuna reale alternativa

Il fatto è che non ci sono alternative, a meno che al sistema non sia consentito resettarsi in modo doloroso (distruzione di ricchezza via crollo dei mercati). Sfortunatamente, visto che ormai abbiamo un decennio di esperienza nell’osservazione degli esperimenti monetari e abbiamo verificato che riescono solo a creare un enorme “divario di ricchezza”, forse dovremmo considerare l’alternativa di una politica monetaria molto più moderata, direi “alla Volcker”.

In definitiva, la Federal Reserve e l’amministrazione dovranno affrontare scelte difficili per far uscire l’economia dall’attuale “trappola della liquidità”. La storia mostra però che la politica non fa mai scelte difficili finché non le vengono imposte. La cosa più stupefacente è l’incapacità, degli economisti che sollecitano e sostengono le attuali politiche monetarie e fiscali, di rendersi conto di quanto sia assurdo cercare di “curare un problema di debito con più debito”.

L’idea keynesiana che “più soldi nelle tasche delle persone” aumenterà la spesa dei consumatori e quindi il PIL, è sbagliata. Non succede da oltre 40 anni.

Come osserva giustamente il dottor Woody Brock:

“Siamo veramente in un ‘American Gridlock’, visto che l’alternativa è tra l’austerità’ ed una ‘perdurante espansione’, finanziata però con soldi pubblici dal Governo. La prima porta alla prosperità economica per tutti ma sul lungo termine e a patto di forti sofferenze sul breve, l’altro invece no”.

Insomma, la fase inflattiva in corso, anche se intensa, certamente non durerà a lungo. Alla fine, la morsa del ciclo deflazionistico guidato dal debito riguadagnerà la sua presa asfissiante.

Di:

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