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Un’Italia a sovranità limitata
Carovita, deregolamentazione del prezzo del gas, guerra, invio di armi e sanzioni. Molte delle scelte politiche che determinano le vite di milioni di italiani sono state prese ratificando dettami di NATO e UE. Chi decide veramente il nostro destino quindi? La capacità di essere sovrano è un concetto che interessa la teoria politica fin dal XVI secolo ma nel dibattito pubblico, forse anche per aiutare il trasferimento di sovranità fuori dal nostro Paese, è stato introdotto il termine, vuoto e tutto italiano, di “sovranismo”, che esplicita una visione regressiva della sovranità che invece nella propria accezione popolare e nazionale è fondamentale per ogni popolo.
C’è sempre un sovrano. Può essere il re, il popolo nello Stato democratico, un’oligarchia oppure i cosiddetti “mercati”, con cui definiamo una ventina di protagonisti del mondo finanziario capaci di comprarsi un carota oppure tutto il mercato ortofrutticolo.
Indipendenza economica e sovranità ebbero negli anni Settanta un’importanza enorme nel processo di decolonizzazione del Terzo Mondo e furono al centro di interessanti dibattiti internazionali che videro protagonisti anche il padre costituente Lelio Basso e altri importanti membri del Tribunale Russell.
Uno di questi, il professor Chaumont, meglio di chiunque altro ha dimostrato come il concetto di sovranità sia uno strumento di lotta al servizio dei popoli, definendo la sovranità come “il diritto dei popoli al suo stadio di realizzazione”, non un concetto statico, ma un concetto dinamico che richiede continua rivendicazione e vigilanza.
Ci sono infatti molti modi di offendere la sovranità di uno Stato.
Quando le società straniere realizzano a spese dello Stato, delle sue risorse naturali e della sua mano d’opera, dei profitti favolosi che anche divisi in parte con la classe dirigente locale, non avvantaggiano quasi affatto il Paese.
Quando le sue società economiche e la sua classe dirigente raggiungono uno sfruttamento vergognoso della popolazione, riducendola ad un livello di vita precario alle soglie della povertà.
Direi che tornare a porre la questione della sovranità oggi, dopo l’impoverimento portato in trent’anni dalla partecipazione all’UE e dopo la guerra cercata con il lanternino con l’allargamento continuo ad est della NATO, tutti vincoli esterni non immutabili, dovrebbe essere il dovere di tutti i partiti politici che agiscono nel solco della Costituzione Repubblicana. Uscire dalla condizione di paese a sovranità limitata è una priorità per poter affrontare la sfida di un mondo ormai multipolare con apertura e capacità di mediazione tra mondi diversi.
Candidato al Collegio Camera Plurinominale Rovereto
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