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Sul precipizio dello Stato: tre spunti da attenzionare


3 Nov , 2022|
| 2022 | Visioni

Nel corso degli ultimi due anni, segnati dalla psico-pandemia, dall’interventismo bellico e dalle più recenti speculazioni energetiche, si è assistito a una vera e propria escalation liberticida nel rapporto tra autorità istituzionale e società civile. La direzione assunta dallo Stato è oramai evidentemente autoritario-impositiva più che pedagogico-propositiva, pertanto non solo inamovibile nel suo operare (stretta com’è nelle morse della finanza, dell’ideologia atlantista, nell’assenza di eticità), ma anche impermeabile a qualsivoglia opinione di matrice civile. Questo presunto mutamento di direzione, dalla responsabilizzazione dei cittadini alla loro coercizione, ha comportato che quel rapporto di fiducia reciproca, assolutamente fondamentale in ogni forma rappresentativa di governo, sia venuto drasticamente meno, mettendo fine al patto implicito su cui si fonda lo Stato. L’altissimo tasso di astensione registrato alle ultime elezioni politiche italiane, dimostrando una disillusione completa rispetto a qualsiasi tipo di governo, ne è del resto la prova più felice e matura. Forse in virtù di una maggior volontà partecipativa, certamente a causa del superamento di ogni decenza politica, risultano oggi ancora più evidenti le forzature paradossali assunte da un tale rapporto violento e asfissiante, che si spinge molto più in profondità del semplice “uso della forza” istituzionalizzato (nonostante anche di questo si possano trovare esempi molto recenti).

Per tentare di comprendere meglio l’ideologia alla base di questo inasprimento politico credo sia utile attenzionare quelli che ritengo essere i risvolti più eclatanti di tale mutamento radicale. Il primo è la questione premiale-creditizia. La novità più evidente di questo Stato meramente impositivo – nuova almeno nel mondo occidentale – è quella che riguarda una concezione mercantile di diritti (crediti) e doveri (debiti). I diritti individuali si riducono a essere null’altro che fugaci momenti di premialità elargiti ad intermittenza dallo Stato al cittadino, ma solo in conseguenza dell’accettazione passiva e insindacabile da parte di quest’ultimo di gravose imposizioni, nonché, all’occorrenza, di limitazioni sul piano sociale e personale. Ma perché la necessità di tale oppressione? Subordinare tutti i diritti, compresi quelli fondamentali, all’adempimento di certi doveri, fossero anche i più ragionevoli di questa terra, non è solo un approccio autoritario e puerile di amministrare i propri cittadini, ma anche, da un certo punto di vista (forse quello più interessante) un modo capitalistico di intendere la cittadinanza, trattata alla stregua di un investimento redditizio. Come a dire: solo in virtù della tua mansuetudine sociale, nonché accondiscendenza intellettuale, ti sarà possibile acquisire tutti i diritti necessari al buon vivere, ovverosia i crediti da poter spendere per la tua libertà all’interno dei confini dello Stato; in caso contrario saranno i debiti, cioè la tua negligenza, la tua testardaggine, la tua mancanza di senso civico, che ti impediranno qualsiasi attività, portandoti al fallimento, non solo economico, ma anche del “cittadino fallito”. Lo Stato, in quest’ottica, ti cede una certa quantità di libertà solo dopo aver saggiato la tua indole sottomissiva: il tuo “costo base” di cittadino (istruzione, salute, infrastrutture, ecc.) diviene un investimento di cui lo Stato si fa carico solo a patto che il capitale anticipato sia in qualche modo garantito. Garantito da cosa? Dalla tua futura sottomissione incondizionata.

Come già accennato en passant, il secondo punto da porre in rilievo riguarda l’intrusione istituzionale nella sfera privata dei propri cittadini. L’evaporazione dei diritti, o, meglio, la loro “messa a rendita”, cioè la loro gestione in ottica creditizia e debitoria, ha fatto sì che scomparissero tutti i limiti posti a salvaguardia della persona, come è accaduto recentemente da un punto di vista sanitario: non sarebbe possibile essere obbligati a un trattamento sanitario che violi, per l’appunto, «i limiti imposti dal rispetto della persona umana» come cita l’articolo 32 della Costituzione. Ciò comporta che lo Stato, sulla scia di quanto è stato normalizzato negli ultimi decenni dai social media (da Instagram a Onlyfans), si sia arrogato il diritto di disporre impunemente della parte più personale dei suoi cittadini, cioè di quella sfera della vita civile che necessariamente non deve comportare alcuna presenza istituzionale per la sua pratica. Non dovrebbe competere cioè allo Stato decidere quando e se un cittadino incensurato possa uscire dalla propria abitazione, così come non rientra nei suoi compiti informarsi su dove egli vada o per quale motivo lo faccia. Tuttavia è bene ricordare, soprattutto alla luce di quanto alcuni hanno ipotizzato di recente[1], che è esattamente questo che è accaduto durante i lockdown del 2020. Si pensi anche, sulla stessa scia intrusiva, ai lunghi discorsi circa la miglior modalità con cui cuocere la pasta in economia, ripresi anche dall’ex ministro Cingolani[2]. Bisogna aggiungere che a questa caduta fragorosa delle barriere poste a salvaguardia della persona ‒ a cui andrebbero aggiunte in questo senso tutte le innovazioni ministeriali surrettiziamente obbligatorie quali Spid, CIE, ecc. ‒ non è seguito specularmente un coinvolgimento altrettanto minuzioso della persona stessa negli affari dello Stato, se non, ancora una volta, del tutto passivamente (si pensi al D.Lgs. 14-03-2013, n.33, T.U. Trasparenza). Per esempio, non è in alcun modo percepibile a livello politico il fatto che la maggioranza dei cittadini italiani ripudi profondamente l’intromissione indebita italiana nel conflitto in atto, richiamando l’art. XI della Costituzione[3]. Persino la nuova legislatura meloniana, incurante dei risvolti che tale atteggiamento avrà sulla sua permanenza al governo, ha prontamente giurato fede prima di tutto al patto atlantico[4] e a tutto ciò che questo comporta nel conflitto ucraino, prima ancora che dinnanzi al Presidente della Repubblica[5]. Per quale motivo quindi – ma la domanda è retorica – i cittadini non possiedono il medesimo controllo sulle parole, sugli atti, sulle intenzioni delle istituzioni quanto queste ultime ne hanno invece sui primi?

L’ultimo punto da porre in rilievo è quello che si potrebbe definire la proliferazione incontrollata delle “fonti del diritto”. Il massimo grado di violenza possibile per uno Stato, infatti, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non sarebbe tanto quello di legiferare in maniera evidentemente anticostituzionale e quindi illegale, bensì di sospendere e confondere ogni certezza giuridica in un universo di para-norme sovrapposte, sparse, arbitrarie e in contraddizione (nonché in competizione) tra loro – si ricordino i DPCM contiani prima e draghiani poi, già giudicati per questi motivi più volte illegittimi[6]. Ciò comporta una fluttuazione insostenibile di quella linea che deve necessariamente demarcare la liceità certa dal suo contrario: come ha messo bene in luce Giorgio Agamben in un suo intervento pubblico, tale indiscernibilità «è il venir meno di quel principio fondamentale che è la certezza del diritto. Se lo Stato, invece di dare disciplina normativa a un fenomeno, interviene grazie all’emergenza su quel fenomeno ogni 15 giorni o una volta al mese, quel fenomeno non risponde più a un principio di legalità, poiché il principio di legalità consiste nel fatto che lo Stato dà la legge e i cittadini confidano in quella legge e nella sua stabilità» (intervento al convegno “Studenti Contro il Greenpass”, 11 novembre 2021, Ca’ Sagredo, Venezia). Questa certezza del diritto non è semplicemente un cavillo giuridico, ma il fondamento stesso di ogni ordinamento: è il principio costituzionale secondo il quale ogni persona deve essere posta in condizione di prevedere con anticipo tutte le possibili conseguenze del proprio agire. Si tratta, da un certo punto di vista, di quello che ci viene detto nell’art. XXV della Costituzione: «[…] Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. […]». Lo Stato allora diventa massivamente autoritario non solo quando promulga leggi contrarie a ogni buon senso e ragionevolezza, poiché ciò sarebbe comunque sempre impugnabile dinnanzi a un giudice, ma lo è ancor di più quando lascia che siano implicitamente annoverate tra le possibili fonti di un “certo diritto”, per esempio, le opinioni personali dei suoi vari rappresentanti, rilasciate magari di sfuggita in qualche salotto televisivo e poi amplificate ad arte dall’apparato mediatico, o scritte in una manciata di caratteri su Twitter dopo poco cancellate o modificate. Ciò che ne consegue è comunque una confusione deliberatamente messa in opera dall’Istituzione stessa e dai suoi rappresentanti tra la legalità strictu sensu, e ciò che ha quindi forza di Legge, e la mera opportunità o preferibilità: “la tal cosa non è di per sé illegale, tuttavia sarebbe preferibile, sarebbe opportuno, ecc.”.

Il riappropriarsi (doveroso) della nozione di diritto, non assecondare una gestione capitalistica della libertà (accumulativa e speculativa), preservare un certo limite invalicabile della persona (ponendo freno all’intrusività dello Stato e al profitto indebito delle grandi aziende), chiedere che la sola Legge abbia valore di legge (e porre freno alla smania opinionistica dei rappresentanti dello Stato): credo che questi punti siano un buon inizio da cui partire per tentare di smontare, più che frenare, quella macchina impazzita su cui noi tutti, involontariamente, siamo seduti.


[1]G. Romagnoli, Luci spente e orari ridotti, una vita più rallentata ci salverà dalle crisi energetica, La Repubblica, 31/08/2022, https://www.repubblica.it/economia/2022/08/31/news/crisi_energetica_lockdown_smart_working_recessione-363652699/

[2] F. Canino, Si può cuocere la pasta a fuoco spento, parola del Nobel per la Fisica Giorgio Parisi: ecco la ricetta per risparmiare sul gas, Il Fatto Quotidiano, 3/09/2022, https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/09/03/si-puo-cuocere-la-pasta-a-fuoco-spento-parola-del-nobel-per-la-fisica-giorgio-parisi-ecco-la-ricetta-per-risparmiare-sul-gas/6790130/ . Cuocere la pasta a fuoco spento, Cingolani: “Il manuale dell’Enea insegna altro, ma proverò”, La Stampa, 7/09/2022, https://www.lastampa.it/economia/2022/09/07/video/cuocere_la_pasta_a_fuoco_spento_in_acqua_calda_la_promessa_di_cingolani_provero-8594666/

[3]Live guerra in Ucraina. Meloni a Zelensky: “Puoi contare su nostro leale sostegno”, Rai News, 27/09/2022, https://www.rainews.it/maratona/2022/09/live-guerra-in-ucraina-cronaca-minuto-per-minuto-giorno-216-98562d0f-935c-46d8-a50e-b0cceed6f837.html

[4]M. Iasevoli, Meloni: «Atlantismo non negoziabile». Avviso a Fi: se seguite il Cav. siete fuori, Avvenire, 20/10/2022, https://www.avvenire.it/attualita/pagine/meloni-politica-estera-atlantismo-non-negoziabile

[5]Governo, Giorgia Meloni giura al Quirinale e recita la formula a memoria, YouTube, 22/10/2022, https://www.youtube.com/watch?v=mXpuuY3wNJ4

[6]L’ultima sentenza in ordine di tempo a tal riguardo è la n.842 del 2022 del Tribunale di Frosinone. Sentenza del Tribunale di Frosinone: illegittimi stato di emergenza e DPCM Covid, L’indipendente, 14/10/2022, https://www.lindipendente.online/2022/10/14/sentenza-del-tribunale-di-frosinone-illegittimi-stato-di-emergenza-e-dpcm-covid/

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