La Fionda è anche su Telegram.
Clicca qui per entrare e rimanere aggiornato.

La Complessata


30 Dic , 2022|
| 2022 | Sassi nello stagno

Non intendo nominarla. Voglio parlare di ciò che, per limite obbiettivo o vezzo narcisista prezzolato, è inibito alla sua comprensione. Ed è l’unica cosa che conta.

Come Hegel ha compreso, la chiave pre-filosofica per pensare l’infinito nel finito, la presenza dello spirituale anche in una realtà brada, affetta dal male e dalla contingenza, si trova nel cristianesimo. Nel cristianesimo l’assoluto sperimenta la morte e risorge: cioè permane e ritrova se stesso nella suprema negatività. In questo senso, l’incarnazione di Dio nel Figlio e la sua morte umanizzano Dio, ne portano la sacralità nel mondo, avvicinandola all’uomo.   L’interpretazione speculativa dell’incarnazione la colloca a mezzo, come un ponte, tra trascendenza e immanenza. La secolarizzazione di Dio (in senso hegeliano) è cristiana, come matrice, e al contempo meta-religiosa, perché apre la via a un ordine socio-politico autonomo, che ne ha incorporato la spiritualità, ma traducendola in risorsa mondana e combinandola con altre fonti di senso laico. Nel mistero speculativo della Trinità, è messa in scena una drammaturgia del sacrificio del divino nella figura del Figlio, della sua perdita e del suo recupero trasfigurato, nella forma dello spirito vivente, che è presenza comunitaria. Altro che semplificazione!

La semplicità del Bambino della Grotta di Betlemme è straordinariamente complessa: la sua immediatezza, che ci parla di Origine e Incarnazione, ed è capace di saltare con grazia ogni mediazione farisaica, è sublime complessità. Trascesa nella grazia tranquilla, nella sospensione quasi onirica di una scena familiare umile e arcana, tra pastori e animali, che i saggi di Oriente, messisi in moto avendo colto un segno, hanno subito compreso. Tutti gli animi puri possono comprenderla. Tutti i Lucariello d’Italia. Quel Lucariello inventato da un Genio napoletano, che la Rai ha pensato bene di togliere dalla visione su Raiplay alla vigilia di Natale, perché dovendo finanziare tonnellate di letame confezionato in pacchetti di plastica da spacciare su vasta scala, così da  irretire e cloroformizzare le masse, non può pagare i diritti dei Capolavori, che peraltro essa stessa ha contribuito a realizzare, quando era ancora una vera azienda culturale (nazionalpopolare e perciò, sublime ironia democristiana, gramsciana).   La grandezza più alta, nell’arte come nello sport, e forse nella vita tutta, è riuscire a far sembrare semplici le cose più difficili. Ciò implica una tecnica raffinatissima, acquisita con grande disciplina e fatica, che va introiettata e però trascesa: era l’arte di Maria Callas, che perfezionava i propri difetti (come giustamente notava un altro “fine dicitore”, Carmelo Bene). O di Maradona. O di Caravaggio, che non temeva l’irruzione della luce nella quotidianità dell’esistenza più prosaica, non temeva il vero, perché in esso vi era la possibilità di un’autentica elevazione, cioè di una trascendenza dall’interno dei corpi (ma l’Innominabile, e gli altri sodali, hanno mai visto il Bambino di Caravaggio alla Chiesa di Sant’Agostino in Roma, si sono mai consentiti di esserne toccati? Forse avrebbero compreso cosa nasconde la semplicità).   O di Elsa Morante (per fortuna è esistita), che con apparente semplicità fanciullesca, in realtà con profondità acuta e struggente, sa raccontare forse come nessun altro dei bambini e degli animali, cioè delle creature esposte, in cui si sostanzia l’autenticità, e quindi la complessità, del mondo. Per fortuna è esistita, Elsa Morante: non possono non pensarlo i tanti che amano la letteratura (anche quella nella nostra lingua: si potrà dire, o è politicamente scorretto?), e oggi soffrono, quasi si vergognano, guardando la miseria cui il circo mediatico e pseudo-culturale ha ridotto le patrie lettere. Ma, nel sottofondo, voci esistono, e sempre più non solo emergeranno, ma soprattutto rimarranno: vale per la letteratura, come per la musica, il teatro, il cinema, il pensiero in generale. Ne siamo convinti, perché le conosciamo: la Fionda è un porto, un riparo, anche per loro. E poi non è possibile che l’attuale miseria intellettuale e morale veicolata dal mainstream, che non ha più alcuna presa egemonica reale, perché nessuno ci crede, e forse proprio per questo si attacca alle provocazioni idiote, possa perdurare in eterno. Basterà il soffio di un Bambino, per spazzare via queste macerie.

Di:

La Fionda è una rivista di battaglia politico-culturale che non ha alle spalle finanziatori di alcun tipo. I pensieri espressi nelle pagine del cartaceo, sul blog online e sui nostri social sono il frutto di un dibattito interno aperto, libero e autonomo. Aprendo il sito de La Fionda non sarai mai tempestato di pubblicità e pop up invasivi, a tutto beneficio dei nostri lettori. Se apprezzi il nostro lavoro e vuoi aiutarci a crescere e migliorare, sia a livello di contenuti che di iniziative, hai la possibilità di cliccare qui di seguito e offrirci un contributo. Un grazie enorme da tutta la redazione!