Operazione austerità, di Clara Mattei, è un libro che aiuta a riflettere; un libro denso, che richiede impegno nella lettura, ma che arrivati alla fine ti arricchisce.
La tesi è eloquente: le politiche di austerity non sono politicamente neutre e servono al capitalismo per difendere sé stesso quando è minacciato dalla classe subalterna. Clara Mattei ci invita a ricollocare nella giusta posizione il capitalismo e a pensarlo come un ordine sociale regolato da rapporti sociali e non soltanto da rapporti economici.
Il libro mi ha portato a riflettere su diversi aspetti legati ai cosiddetti liberisti italiani che hanno collaborato con il regime fascista e che hanno posto le basi dell’austerità espansiva poi sviluppata da Alesina e dai “Bocconi boys”.
Un aspetto che viene sempre poco considerato e su cui meriterebbe riflettere è il retroterra filosofico dei liberisti italiani, se essi veramente abbiano una propria filosofia politica e come giustifichino la coercizione delle politiche dello Stato sui singoli individui. Non che fossero grandi lettori di opere filosofiche, però possiamo dire che il loro punto di riferimento è Herbert Spencer e quindi l’evoluzionismo. Evoluzionismo come un progresso che incorpora tanto una dottrina dell’affinità tra organismi naturali e istituzioni sociali, quanto una conseguente trattazione dei fenomeni sociali alla stregua di quelli naturali. Da qui l’idea di elaborare leggi e di fare calcoli matematici sui comportamenti individuali e collettivi. Come i positivisti, i liberisti (e in particolare Pantaleoni) intendevano l’ambito delle scienze sociali come un universo matematizzabile e in larga misura prevedibile se se ne fossero scoperte e osservate le leggi. La facoltà di scelta, con le sue implicazioni filosofiche, psicologiche e sociologiche, veniva così ridotta a un calcolo razionale.
Da qui l’edonismo inteso come spinta propulsiva dell’agire dell’individuo[1], la selezione come processo naturale e benefico e di conseguenza la disuguaglianza come premessa della selezione. Così la competizione è da intendere come legge naturale che assicura il progresso e la coercizione diviene il sostituto sociale dell’istinto di sopravvivenza quando vi è conflitto tra interesse individuale e interesse collettivo. Una società che doveva essere necessariamente competitiva come voleva Pantaleoni.
Quindi la dottrina della scienza delle finanze[2] come strumento per cambiare l’animo dell’italiano, per fargli comprendere le “virtù” del sacrifico e del risparmio. Questo è molto visibile in Einaudi.
Einaudi, infatti, si domanda come poter ridurre la coercizione, ciò lo porta a riflettere sull’elaborazione di criteri su come e dove incidere e in quale direzione. Ed inoltre lo portano alla ricerca di una soluzione della difficile e instabile combinazione di efficienza e di giustizia. In altre parole, Einaudi vuole indagare e trovare un fondamento teoretico di una scienza, come quella delle finanze, che imponendo comportamenti ai cittadini, non può considerarsi esente da giustificazioni morali. Anche perché se le giustificazioni economiche debbano primeggiare su quelle morali è pur essa una questione di filosofia politica.
Andando fuori dal panorama italiano le politiche fasciste di austerity sono attenzionate da Müller-Armack, se vogliamo il fondatore dell’economia sociale di mercato. L’economia sociale di mercato è un pilastro dell’Unione Europea.
Attraverso la sua concezione attivistica del capitalismo e della storia, Müller-Armack si rifaceva alla lezione di Mussolini e del fascismo italiano. Il duce aveva mostrato come il mito nazionale fosse essenziale nel mobilitare politicamente le masse, nella ristrutturazione dello Stato e dell’economia italiana. «Il tentativo di stabilire dei fini all’azione nella storia» – dice Müller-Armack – «e di eliminare la dose rischio ad essa connessa mediante la previsione dei suoi sviluppi futuri rappresenta una opzione che ha perso la sua forza, come ha dimostrato l’ascesa del fascismo, il quale si è mosso proprio contro questa idea»[3]. Tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta il fascismo italiano rappresentava il principale modello politico ed economico per Müller-Armack. Nella politica di Mussolini nella seconda metà degli anni Venti essi trovavano un chiaro esempio di quell’insieme di elementi che a loro avviso caratterizzavano lo Stato economico nazionale: antipluralismo e antiparlamentarismo, liberismo economico e corporativismo, mobilitazione nazionale delle masse.
L’obiettivo sia dei liberisti italiani che degli ordoliberali tedeschi era quello di spoliticizzare l’economico, de-democratizzare ed estromettere le masse popolari dal gioco politico e quindi concepire l’austerità come strumento di repressione e controllo del lavoro/salario. Röpke sul Mondo di Pannunzio, infatti, scriveva che il socialismo significa politicizzare la vita economica.
Ma il libro di Clara Mattei ci porta anche a riflettere sulle politiche neoliberali e sulle politiche d’austerità da Maastricht in poi.
Se pensiamo all’ormai noto Rapporto della Trilaterale del 1975 che individuava la causa della crisi della democrazia nell’eccesso di pretese che essa aveva generato. Il welfare veniva descritto come non più sostenibile, veniva attaccato duramente il ruolo emancipante dello Stato, che stava facendo emergere chi fino ad allora era rimasto invisibile. Ma pensiamo anche alla retorica thatcheriana del popular capitalism che voleva trasformare gli operai in imprenditori di sé stessi, o alla retorica neoliberale svedese degli anni ’90, dove il futuro premier dei Moderati Sven Rydenfelt fece uscire il pamphlet Il popolo dormiente, in cui affermava che le politiche di welfare e i sussidi statali avevano reso il popolo svedese “handicappato”. Possiamo inoltre dire che l’Europa di Maastricht si è allineata al Rapporto della Trilaterale e alla nuova ideologia neoliberale: non conta la disoccupazione, solo l’inflazione, assurto a nemico principale, e l’inclusione sociale deve lasciare il proprio spazio alla rimunerazione borsistica del capitale.
Pensiamo anche all’Italia recente e a tutta la retorica contro il reddito di cittadinanza e i fannulloni.
Mattei dice, invece, che c’è un’alternativa al capitalismo che «può essere sovvertito da una controazione collettiva»[4] e lo strumento per farlo è tornare a Gramsci!
[1] Vale a dire il perseguimento dell’interesse egoistico guidato dal piacere, quello che porta l’homo oeconomicus a scegliere ciò che gli comporta il massimo grado di soddisfazione e che minimizza la pena.
[2] Per cercare di essere brevi tento di fornire qui in nota un breve quadro esplicativo, poiché le posizioni dei cosiddetti liberisti, appartenenti alla scuola di scienze delle finanze, sono varie. La teoria finanziaria italiana fu fortemente influenzata dalla riformulazione della teoria del valore in termini di utilità soggettiva, che si accompagna agli sviluppi del marginalismo. Le decisioni sull’ammontare dei servizi pubblici da prestare e la loro ripartizione fra i vari settori tendono a riflettere, nella visione degli economisti italiani, le preferenze dei consumatori dei servizi, analogamente a quanto avviene nel settore privato. In sintesi, la stessa quantità di tasse deve essere pagata da tutti anche se il relativo apprezzamento sarà differente, la conseguenza è che, se venisse fissato per tutti i consumatori un prezzo unico, per alcuni di essi l’utilità che otterrebbero dal consumo pubblico sarebbe maggiore del prezzo pagato e per altri minore. Per evitare questa situazione di inefficienza il pagamento richiesto a ciascuno dei consumatori di servizi pubblici deve corrispondere all’utilità marginale che egli trae dal consumo.
Non essendo però applicabile un sistema di prezzi di mercato, spetta quindi all’autorità politica valutare le preferenze individuali, di aggregarle e di prendere le decisioni relative alla quantità di servizi da fornire e di distribuire il loro costo. Se il processo verrà effettuato correttamente sarà raggiunta la massima soddisfazione possibile e l’equilibrio economico verrà raggiunto. Quel che i liberisti reclamano, e per cui si battono, sono quindi l’imparzialità dello stato, la certezza del diritto e la concorrenza economica e sindacale.
[3] A. MÜLLER-ARMACK, Entwicklungsgesetze der Kapitalismus. Ökonomische, geschichtstheoretische und soziologische Studien zur modernen Wirtschaftsverfassung, Berlino 1932, p.215.
[4] C. E. MATTEI, Operazione austerità. Come gli economisti hanno aperto la strada al fascismo, Einaudi, Torino 2022, p. 296.
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