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Una visione sul 10 febbraio


10 Feb , 2023|
| 2023 | Voci

Il 10 febbraio – giorno della firma del Trattato di Pace nel 1947 – troppo spesso è stato usato per ricordare le foibe secondo una prassi condizionata ideologicamente dall’adesione a ideologie neofasciste più o meno mascherate finalizzata a criminalizzare la Resistenza, ma principalmente per ricordare le vittime della guerra da ambedue le parti ed il dramma dell’Esodo Giuliano-Dalmata, effettivamente causato dal Trattato di Pace, che ha imposto un solo anno agli Istriani e ai Dalmati per optare tra cittadinanza italiana e jugoslava.
Il Trattato di Pace, ponendo questa condizione, si è trasformato in un foglio di via per gli Italiani di Istria e Dalmazia.
La commemorazione dei massacri delle foibe non può inoltre prescindere dalla memoria del giorno in cui l’Italia ha iniziato l’aggressione alla Jugoslavia, seguita da stragi da parte dei nazifascisti a danno della popolazione civile jugoslava. Non può infatti esserci alcun dubbio sul fatto che l’aggressione nazifascista ai danni dei popoli della Jugoslavia sia stata la prima causa del successivo esecrabile fenomeno dei massacri nelle foibe.
Dalle testimonianze dei pochi sopravvissuti alle foibe appare chiaro che la condanna a morte fosse prevista solo per i miliziani RSI ed i poliziotti che avevano militato nella RSI, cioè per i soli fascisti. Alcuni “partigiani” jugoslavi, invece, contravvenendo agli ordini, hanno ucciso nelle foibe anche dei civili, come ad esempio Norma Cossetto, dei sacerdoti, delle suore, ecc…
Non si può criminalizzare tutto il movimento partigiano jugoslavo solo per i comportamenti devianti di alcuni gruppi che ne facevano parte, perché è un’operazione scorretta dal punto di vista storico e politico.
Vi è stata inoltre la strumentazione da parte neofascista di alcune dichiarazioni di Milovan Gilas, uno dei principali collaboratori di Tito.
Gilas, per dare la spallata finale al governo comunista jugoslavo, in un’intervista uscita su Panorama nel 1991, disse di essere stato mandato in Istria insieme a Kardelj per organizzare la propaganda anti-italiana:

Gilas: “[…] Ricordo che nel 1946 io ed Edward Kardelj (sic) andammo in Istria a organizzare la propaganda anti-italiana. Si trattava di dimostrare alla commissione alleata che quelle terre erano jugoslave e non italiane: ci furono manifestazioni con striscioni e bandiere”.

Giornalista: “Ma non era vero?”.

Gilas: “Certo che non era vero. O meglio lo era solo in parte, perché in realtà gli italiani erano la maggioranza solo nei centri abitati e non nei villaggi. Ma bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni d’ogni tipo. Così fu fatto” (1).

Partendo da questa “ammissione di responsabilità”, gli ambienti irredentisti accusarono lo stesso Gilas di essere stato responsabile delle foibe.
Lo storico Raoul Pupo in un’intervista al Giornale di Brescia il 9 febbraio 2006, ha affermato che queste affermazioni di Gilas sono false.

Intervista rilasciata da Raoul Pupo al Giornale di Brescia il 9 febbraio 2006:

Intervistatore: “Scusi, ma cosa c’è da scoprire ancora? Non fu Milovan Gilas, uno dei più stretti collaboratori di Tito, ad ammettere pubblicamente, nel 1991, che lui ed Edvard Kardelj furono espressamente inviati nel 1946 in Istria, per costringere ‘con ogni mezzo’ gli italiani ad andarsene?”.
Pupo: “Lei si stupirà, ma è saltato fuori di recente che quella fu una grossa ‘bufala’ sparata da Gilas, che non aveva perso neppure da dissidente la sua nota propensione a raccontare bugie. Una ricercatrice di Lubiana (Nevenka Troha) ha appurato, senza ombra di dubbio, che in quell’anno Gilas non mise mai piede in Istria.”
Intervistatore: “E Kardelj cosa fece?”.
Pupo: “Lui effettivamente ci andò, ma per convincere la gente a restare. Tito voleva dimostrare agli alleati, impegnati nella definizione dei nuovi confini post-bellici, la volontà
‘annessionista’ degli italiani e quindi diede istruzioni affinché fossero invogliati a legarsi al regime e non a espatriare” (2).

Raoul Pupo ci ha spiegato che:
1) Gilas non è stato in Istria nel 1946;
2) Kardelj ha cercato in tutti i modi di convincere gli Italiani a non lasciare l’Istria;
3) Tito voleva che gli Italiani dell’Istria si legassero al governo comunista in vista della progettata creazione nei territori ex italiani della VII Repubblica della Federazione Jugoslava, proclamata l’8 maggio 1945 a Trieste durante l’ occupazione jugoslava ma mai divenuta effettiva, e non espatriassero.

La verità è che Tito e Kardelj, vilmente calunniati da Gilas, non hanno alcuna responsabilità oggettiva nella pulizia etnica che i nazionalcomunisti croati stavano cercando di realizzare in Istria nel 1946 con il preciso intento di far saltare la progettata VII Repubblica, rivendicata dai partigiani italiani in Istria e promessa ad essi da Tito.
Queste considerazioni non diminuiscono in ogni caso la nostra stima per i molti scritti finalizzati alla costruzione di un socialismo democratico pubblicati da M. Gilas, ideatore insieme a Kardelj dell’autogestione jugoslava, quali ad esempio La nuova classe o La società imperfetta, che hanno contribuito in modo notevole a capire quali dinamiche sociali avvenivano nei regimi monopartitocratici dell’Est.
Va ricordato infine come il 10 febbraio sia anche la ricorrenza della morte di Pino Budicin, grande partigiano italiano, assassinato a tradimento dai fascisti il 10 febbraio 1944, come sarebbe successo di lì a poco ad Eustasio Cogliandro e ad altri grandi partigiani italiani in azione in Istria.
La ricorrenza del 10 febbraio, se vuole veramente essere una ricorrenza nazionale che unisca gli Italiani in una memoria condivisa, insieme a quanti sono stati uccisi nelle foibe, tra cui vanno ricordati anche socialisti, comunisti e antifascisti di ogni corrente politica, deve servire a ricordare anche i caduti della Resistenza Italiana in Istria, morti combattendo per la liberazione e l’eguaglianza dei popoli che vivevano in Istria e Dalmazia, e le numerose vittime, anche italiane, della violenza delle milizie fasciste repubblichine e ustascia.

NOTE

(1) Milovan Gilas intervistato da Alvaro Ranzoni, “Se interviene anche l’Islam”, Panorama, 21 luglio 1991.
(2) Per una valutazione degli esuli istriani in merito all’intervista di Pupo cfr. https://www.google.com/amp/s/amp.giornaledibrescia.it/lettere-al-direttore/ben-vengano-altre-voci-sulla-vicenda-1.169040.

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