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L’anarchico Cospito e il ricatto della mafia


17 Feb , 2023|
| 2023 | Visioni

Il caso di Alfredo Cospito, che dopo più di 100 giorni di sciopero della fame ha ripreso ad assumere potassio e attende la sentenza della Cassazione, si è inserito come un cavallo di Troia nel tentativo della mafia di ricattare la destra di governo, i tre partiti che compongono la maggioranza e in particolare Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Diversamente dalle deliranti accuse in Parlamento del pupillo della Meloni, Donzelli, sulla base dell’uso incauto di informazioni sensibili da parte del sottosegretario alla Giustizia Delmastro, è la destra che nelle prossime settimane dovrà dirci da che parte sta, se dalla parte dello Stato o dalla parte della mafia. E questo la mafia lo sa benissimo. Per gli antichi rapporti con i “protettori politici” che militano o hanno militato dentro Forza Italia, condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, e per i tanti indagati dentro Fratelli d’Italia, soprattutto per ‘ndrangheta.

La posta in gioco è l’abbattimento del 41-bis (vecchio pallino della mafia e di Totò Riina), strumento imprescindibile per contrastare le mafie, per evitare che dal carcere boss e detenuti pericolosi diano ordini alle organizzazioni, e l’ergastolo ostativo, quello cioè senza sconti e benefici.

Per capire quello che sta succedendo bisogna mettere in fila i fatti come si uniscono i puntini che formano un disegno. Lo scorso 14 dicembre viene condannato a 6 anni per concorso in associazione mafiosa e va in carcere Antonio D’Alì, sottosegretario agli Interni dal 2001 al 2006 ed ex senatore di Forza Italia, “figura a disposizione di Matteo Messina Denaro” secondo i giudici. Esattamente un mese dopo viene arrestato Messina Denaro. Ma un paio di mesi prima, nel novembre del 2022, Salvatore Baiardo, uomo di fiducia e favoreggiatore della latitanza dei fratelli Graviano, dichiara in un’intervista tv: “Chi lo sa che magari non arriva un regalino? Che magari presumiamo che Matteo Messina Denaro sia molto malato e che faccia una trattativa lui stesso per consegnarsi e fare un arresto clamoroso? E che così, arrestando lui, possa uscire qualcuno che magari è all’ergastolo ostativo senza che ci sia clamore?”. Dimostrando con queste dichiarazioni di saperne molto e soprattutto che ne sappiano molto per il suo tramite e attraverso la sua voce i fratelli Graviano, nonostante siano proprio in regime di 41-bis e in teoria non dovrebbero avere contatti con l’esterno. Dopo l’arresto di Messina Denaro, Baiardo ritorna in televisione, facendosi in qualche modo “portavoce della mafia” in diretta, cosa giornalisticamente interessante ma che dovrebbe bastare per immortalare il Paese al rovescio che siamo. A tutto questo aggiungiamo che il 25 settembre scorso le destre vincono le elezioni e che a ottobre s’insedia un ministro della Giustizia che in passato aveva parlato di ritorno dell’immunità parlamentare, di riduzione delle intercettazioni telefoniche e ambientali, perché “se si crede che i mafiosi parlino al telefono, si ha della mafia una visione infantile”.

È la maggioranza di destra che nel suo Gotha presenta personaggi come Dell’Utri e D’Alì, condannati per mafia, Totò Cuffaro, condannato per favoreggiamento al boss Guttadauro e che alle ultime regionali ha sostenuto Schifani, oltre a diversi esponenti di Fi condannati per concorso esterno (Matacena, Cosentino). Soprattutto ci sono gli antichi rapporti del fondatore del centrodestra, il “patto di protezione” tra Berlusconi e Cosa Nostra risalente agli anni ’70, quando il Cavaliere allora imprenditore finanziava l’organizzazione mafiosa. Fino al racconto di Spatuzza, il presunto incontro del ’94 con Giuseppe Graviano e della sua confessione “abbiamo il Paese nelle mani”. L’arresto dei due fratelli Graviano avverrà il giorno dopo l’ufficializzazione dell’ingresso in politica di B.

Fratelli d’Italia è adesso il partito di maggioranza relativa “figlio” di quel centro destra, esprime la leader che ha il più alto consenso nel Paese e ha di sicuro più peso del partito di Berlusconi, ma è anche il partito italiano con il record di arrestati tra le sue fila per ‘ndrangheta. Da Domenico Creazzo, ex consigliere regionale calabrese arrestato nell’ambito di un’operazione antindrangheta, ad Alessandro Nicolò, capogruppo di FdI sempre in regione Calabria e arrestato per associazione mafiosa; dai casi di Roberto Rosso, ex assessore regionale in Piemonte che intratteneva rapporti con gli ‘ndranghetisti della cosca Bonavota di Vibo Valentia insediatasi in Piemonte, agli arresti di Giuseppe Caruso, ex presidente del consiglio comunale di Piacenza, ed Enzo Misiano, ex consigliere comunale di Ferno (Varese), finiti in carcere per inchieste legate alle infiltrazioni ‘ndranghetiste nella pubblica amministrazione. Un’opposizione in Parlamento un filo filo più efficace avrebbe ricordato questi fatti in risposta al linciaggio politico del duo Donzelli-Delmastro.

Ora dalla cattura di MMD è trascorso più di un mese e dai covi, dalle abitazioni non sono venute fuori né carte né documenti, niente di niente sui segreti delle stragi, sui profili estranei alla mafia e sugli ultimi trent’anni di misteri italiani, solo notizie di gioielli, vestiti, viagra. Non è difficile immaginare che i segreti che MMD si porta dietro verranno usati come “arma di ricatto” nei confronti di chi, dall’interno dello Stato e delle istituzioni, sapeva e ha quantomeno taciuto. Non è difficile immaginare che proprio nelle prossime settimane e sulla scia del caso-Cospito, la mafia busserà alla porta del governo e della maggioranza, in che modo lo vedremo.

Se Fratelli d’Italia vuole dirsi un partito antimafia, come sostiene da sempre la premier Meloni, il modo per dimostrarlo starà nelle sue prossime scelte. Sull’abolizione del 41-bis e sulla conferma del carcere ostativo, su cui il governo ha già preso una decisione ma su cui grava la sentenza della Consulta che estende a tutti i detenuti i benefici di legge.

Per tutti questi motivi lascia sconcertati il modo in cui è stata gestita la vicenda Cospito, probabilmente a cominciare dalle scelte del precedente governo. Ma soprattutto risultano assurde, irricevibili e irresponsabili le pretese del detenuto Cospito, che non sta facendo una lotta contro il 41-bis per la sua persona, che pure sarebbe discutibile ma legittima, ma contro il 41-bis per tutti.

Se Cospito debba restare o meno al 41-bis, se la sua sia una pena “sproporzionata” rispetto al reato, è una valutazione tecnica che va lasciata ai giudici e in ultima istanza al Ministro. È vero che essendo un anarchico non appartiene a strutture verticistiche, è un fatto che secondo gli esperti di gestione penitenziaria nel suo caso si potrebbe applicare anche il regime di alta sicurezza, mantenendo un controllo sui suoi eventuali rapporti con l’esterno. È quello che richiedono peraltro l’Antimafia e il Pg della Cassazione.

Ma un conto è tutelare la salute del detenuto, affermando che siamo in uno stato di diritto, un conto è valutare la revoca del 41-bis limitatamente al suo caso, un altro conto è dire – come ha fatto Cospito – che il suo obiettivo non è “uscire dal regime del 41 bis” ma che l’intero regime del carcere duro sia “completamente abolito”. Discutendo di questo con mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti nel carcere di Sassari e invitando, sempre come ha fatto in carcere, i quattro parlamentari del Pd in visita a parlare prima coi boss. Insomma, un ricatto irricevibile.

Alfredo Cospito è un terrorista che ha sparato alle gambe di Roberto Adinolfi, dirigente dell’Ansaldo Nucleare, e ha piazzato due ordigni temporizzati davanti la Scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, ordigni che esplosero senza provocare fortunatamente né morti né feriti. Per quest’ultimo reato, la Corte d’appello di Torino ha chiesto l’intervento della Corte costituzionale per chiarire se sia possibile applicare l’attenuante della “tenuità del fatto”.

È esponente di una particolare, scellerata e criminale formazione, la Federazione anarchica informale. Di matrice anarchica in Italia risultano quattro aree, la sua è l’unica che ammette attentati contro le persone. Anche la FAI, la Federazione anarchica italiana, i veri seguaci del pensiero di Malatesta, ne presero le distanze fin dal 2003, una settimana dopo la prima apparizione della sigla a cui appartiene Cospito, con un comunicato in cui si affermava “la propria condanna di bombe, pacchi bomba e ordigni, che possono colpire indiscriminatamente, e comunque paiono più che altro funzionali alle logiche della provocazione e della criminalizzazione mediatica del dissenso”.

Anche “A-Rivista Anarchica” (quella che veniva finanziata da Fabrizio De André con i suoi concerti) nel febbraio del 2004 pubblicava un commento intitolato «Bombe e imbecilli», in cui si legge che “gli anarchici lottano alla luce del sole, organizzano scioperi, editano libri e giornali, si battono per i diritti delle minoranze, propugnano l’autogestione e fanno tante altre cose. I pacchi-bomba e i cassonetti della spazzatura li lasciamo volentieri ai servizi segreti e agli imbecilli che vogliano collaborare con loro, gratis o a pagamento poco ci interessa”.

Cospito è un violento che in seguito ai suoi attentati scriveva e delirava: “con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore”, “In una splendida mattina di maggio ho agito e in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita” e altre farneticazioni.

Suscita perplessità, in aggiunta, il dibattito a sinistra sulla ragionevolezza o meno del 41 bis nel suo insieme, come stanno facendo autorevoli parlamentari, giuristi e intellettuali di area progressista, che rischiano di far passare Cospito come una vittima e di confondere in questo delicato frangente storico la sua posizione con quella dei mafiosi al 41-bis.

Tra tutti, mi ha colpito in modo particolare l’intervento di Zerocalcare, Michele Rech, un artista che stimo immensamente e che tante volte ci ha fatto compagnia con la sua arte e le sue storie. Nel suo fumetto/invettiva a favore di Cospito, Zerocalcare sostiene che “strage contro la sicurezza dello Stato non l’hanno data nemmeno per piazza Fontana, la stazione di Bologna o per Capaci”. Condivisibile.

Poi però anche lui confonde i piani e accosta il 41-bis addirittura alla tortura. Si chiede se sia “accettabile che per una categoria il sistema giudiziario abbia solo il volto della vendetta. Va bene annientarli psicologicamente e fisicamente? Perché il 41 bis a questo servetemo che siamo a un passo dalla tortura”. Tortura? Ma lo sa Zerocalcare che Giuseppe Graviano ha messo incinta la moglie mentre in teoria era al 41-bis? E che dire di Messina Denaro che astutamente aggirerà il 41-bisparlando e quindi dando ordini direttamente al suo avvocato, cioè la sua nipote diretta. Ha presente Zerocalcare cos’erano le carceri prima del 41-bis? Le descrive meravigliosamente la canzone Don Raffae’ di Fabrizio De André (lui sì, un vero libertario, un vero anarchico, capace di scuotere le coscienze con le parole e la poesia, non un vile attentatore), in cui lo Stato impersonato da un secondino si sottomette a Raffaele Cutolo. A Palermo l’Ucciardone era soprannominato ‘Grand Hotel’, a Poggioreale è diventata leggenda la mattanza che un Cutolo in vestaglia ordinò ai suoi uomini la notte del terremoto dell’80. Per non parlare dei casi più recenti, come quello del boss dei Casalesi Giuseppe Setola che nel 2008, grazie a dei falsi certificati medici, prima ottenne i domiciliari a Pavia e poi evase, tornando nel casertano e cominciando una lunga serie di delitti e stragi.

Togliere il 41-bis? Semmai lo rinforziamo e non ci facciamo prendere in giro da questi tagliagole. Vogliamo costruire più edifici penitenziari, creare più spazio, dare la possibilità ai detenuti al carcere duro di leggere dopo il vaglio della censura, scrivere, avere in cella le foto dei propri cari?  Benvenga qualunque forma di umanità, anche verso chi mai l’ha avuta e mai l’avrà. Non scherziamo però con una misura come il 41-bis che ci ha permesso di scoprire preziose informazioni dalle audizioni intercettate per esempio di Riina e in un Paese del tutto particolare come l’Italia che presenta 4 organizzazioni criminali di stampo mafioso, unicità estranea ai Paesi europei e anglosassoni.

E ancora, sempre nella sua storia a strisce, Zerocalcare definisce il 41-bis “un regime di detenzione che hai dei tratti financo incostituzionali, se pensi alla funzione rieducativa”. Ma la Costituzione dice che la pena debba “tendere alla rieducazione del condannato”. Tendere, non obbligare, anche perché è difficile obbligare uno che ha sciolto i bambini nell’acido e ha già messo in conto che non parlerà mai. Vogliono i benefici i boss mafiosi che stanno al carcere duro? Parlino, collaborino con la giustizia, dicano quello che sanno sull’agenda rossa di Borsellino e sulle stragi, anziché mandare il loro portavoce in televisione.

Zerocalcare ricostruisce anche la difficile e spesso indegna situazione delle carceri: “Nel 2022 finora nelle carceri italiane si sono suicidate 80 persone. Gli agenti di polizia penitenziaria indagati per tortura sono più di 200”. Giusto, ma cosa c’entra con il 41-bis? Nessuno dei suicidi e degli agenti indagati riguarda il 41-bis.

Per tutti questi motivi Cospito, mettendo a repentaglio la sua stessa vita, sta facendo un grave errore ponendo sullo stesso piano la sua situazione con la richiesta di abolizione del 41-bis per tutti. Per questo, oltre al fatto di non poter essere un interlocutore democratico, perché uno che spara alle persone e mette in pericolo decine di vite non lo è, dimostra di non sapere nulla di mafie. E per questo cari studenti di Lettere della Sapienza, con tutta la simpatia, non avete capito niente.

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