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Domenico De Masi: ennesimo esempio di intellettuale contro il lavoro


31 Mar , 2023|
| 2023 | Sassi nello stagno

Ho letto con profondo stupore le dichiarazioni di Domenico De Masi a Radio Cusano Campus e riportate da Il Fatto Quotidiano. Il prof. De Masi qualifica come demenziale il comportamento di molti italiani e il loro approccio nei confronti del lavoro. Premetto che tra noi non c’è molta simpatia: una volta in TV me ne disse di tutti i colori, ma vi assicuro che non è il rancore a muovere la mia penna oggi.

Ecco io credo che questa si un’opportunità davvero ghiotta e da non lasciar sfuggire per rimarcare come di demenziale (mi limito a riprendere la sua espressione) qui ci sia solo l’atteggiamento di chi, come De Masi, prova a descrivere il mondo del lavoro non avendo con esso alcun rapporto concreto e diretto. Insomma noi siamo pieni di professori che pensano di poter parlare di lavoro senza confrontarsi con chi sul lavoro si rompe la schiena, magari rilasciando commenti da un ufficio all’interno di un prestigioso ateneo.

Non si può parlare a così di lavoro, non è davvero accettabile perché anche dal lavoro deriva la dignità della persona umana e soprattutto la gente sul lavoro oggi in Italia soffre. De Masi, riporto dalla stampa, avrebbe detto che «da noi soprattutto i manager e i quadri [quindi non solo loro, n.d.r.] restano al lavoro per altre 2 o 3 ore non retribuite magari nella speranza di avere una promozione o un aumento di stipendio. E intanto così tolgono lavoro ai giovani». Insomma, stando alle parole di questo osservatore, gli italiani sul lavoro sarebbero un branco di leccaculo che pur di ottenere qualcosa in più in busta paga sono disposti a rinunciare alla propria dignità e, soprattutto, a levare il pane alle giovani generazioni.

Io rappresento molte lavoratrici e molti lavoratori e non ho alcuna intenzione di consentire che certe affermazioni vengano in scioltezza pronunciate senza reagire: mi piacerebbe peraltro che non venissero ascoltati con la riverenza con la quale ci si rivolge a un oracolo.

Era il 2017 quando uno studio de La Sapienza (lo stesso ateneo che ha riconosciuto l’emeritato a De Masi, a quanto mi risulta) certificava come l’82% degli impiegati di banca, ad esempio, soffrisse di ansia e che circa il 30% di essi facesse uso di psicofarmaci. Davvero numeri spaventosi che faticano a migliorare: basta leggere i comunicati sindacali (non solo nel settore del credito) per evincere come le pressioni commerciali che i lavoratori subiscono siano al limite del sopportabile e come da esse derivi malessere profondo nei dipendenti e, conseguentemente, nei clienti.

In molti articoli e anche nei miei libri ho sempre posto l’accento su comportamenti al limite dell’irrazionale e ho anche sottolineato come a uno sguardo rude e grossolano potessero apparire inspiegabili: ad esempio il fatto che molte persone siano disposte a lavorare gratuitamente diverse ore ogni giorno. Appare strano: chi vorrebbe mai lavorare gratis? E tuttavia basta scavare un pochino per comprendere che una spiegazione c’è eccome ed è assolutamente razionale: di certo non è quella assai poco fantasiosa e raffinata scovata da De Masi.

Per sfuggire alla sciatteria di un ragionamento elementare basterebbe confrontarsi con le persone, quantomeno per rispettare la dignità di chi soffre. E la ragione è semplice: i lavoratori italiani sono ricattabili. Lo sono per via della debolezza strutturale nel mercato, a causa dell’eccesso di offerta rappresentato dalla fortissima disoccupazione, ma anche per l’altissimo tasso di precarietà che contraddistingue il sistema Italia. Precarietà imperante notoriamente nello stock in ingresso al mondo del lavoro, ma non solo: è stato sdoganato il controllo a distanza, il demansionamento, il licenziamento illegittimo.

Insomma, ve lo immaginate un impiegato (esposto ai rischi di cui sopra, tra i quali quello di essere demansionato o licenziato senza speranza di reintegra) fare la voce grossa con l’imprenditore che gli chiede un paio d’ore di straordinario non retribuito?

Mi arrabbio moltissimo quando sento e leggo certe cose perché, ribadisco, la gente sul lavoro soffre e chi ha un forte potere mediatico e, a mio avviso inspiegabilmente, una certa influenza sul dibattito lavoristico italiano dovrebbe essere più accorto. Altrimenti c’è sempre la cara e amata opzione b: tenere la bocca chiusa perché il silenzio vale senz’altro più di una sciocchezza.

Di:

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