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La via italiana alle relazioni internazionali: la lezione di Enrico Mattei
Lo hanno definito “l’italiano più potente dopo Giulio Cesare”, “il Marco Polo del ‘900”, “colui che gettò le basi per la creazione del sistema ad economia mista”, “il protagonista indiscusso del miracolo economico italiano”, “genio assoluto degli affari e dell’amministrazione”, “esperto di politica in un mondo di ideali”. A proposito dell’ultima definizione c’è da dire che, seppur portatore di grandi ideali, Mattei rimaneva pur sempre un uomo d’azione: parlava poco e scriveva ancora meno. Non appena decise di mantenere l’Agip, piuttosto che ascoltare i consigli degli americani e liquidarla, iniziò ad essere ostracizzato da tutti gli organi di stampa e a subire feroci campagne diffamatorie finanziate da compagnie estere e dalla grande industria privata italiana. Per tali ragioni Mattei si fece sempre più convinto della necessità di costruire un grande quotidiano nazionale che sostenesse gli interessi dell’ENI –per lui coincidenti con quelli italiani- e che fosse capace di raccontare i fatti con una lente diversa da quella dei due blocchi geopolitici USA/URSS proiettati a livello nazionale nella contrapposizione tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista. La visione del quale il nuovo quotidiano doveva esser portatore era assolutamente inedita all’epoca ma diventerà, negli anni successivi, argomento di quotidiana discussione politica: l’idea di una politica estera sviluppata autonomamente, tra le crepe dei due blocchi, esclusivamente secondo quelli che erano gli interessi nazionali.
Qual è allora la novità di questo libro? Cosa si può mai scrivere di nuovo su Mattei a sessant’anni dalla sua morte?
Esistono numerosi testi che trattano la sua biografia, i suoi pochissimi discorsi pubblici e le diverse ipotesi sulla sua morte. Non è però il caso de “La via italiana alle relazioni internazionali“. Cosa nota a chiunque si cimenti nello studio di Mattei, è l’imbattersi inevitabilmente nel fatto che il suo pensiero, desumibile in modo estremamente chiaro dalle sue azioni, manca però di profondità analitica a causa dell’assenza di materiale documentale e di una quantità sufficiente di fonti (come si è già detto Mattei scriveva poco e nulla ed era ostracizzato da giornalisti ed editori). La novità della presente ricerca è proprio quella di far fronte a questa esigenza: quale miglior modo di approfondire il pensiero matteiano se non quello di studiare cosa scriveva il suo giornale e quale linea editoriale seguiva su vicende specifiche di politica estera ed economica? Muovendo da tale intuizione i sei ricercatori autori del testo hanno recuperato, non senza fatiche, tutte le edizioni de “Il Giorno” dalla fondazione del 1956 fino alla morte di Mattei del 1962 e, seguendo la linea editoriale di centinaia di articoli del quotidiano su fondamentali vicende di politica interna, estera o di economia, hanno ricostruito il pensiero matteiano –come mai prima d’ora- in modo organico. Quel che è emerso da questo approccio innovativo allo studio del “matteismo” è un piccolo manuale capace di esprimere le fondamenta dell’interesse nazionale italiano nelle relazioni internazionali con Stati Uniti, Russia, Europa, Africa e Medio Oriente. Ciò che sorprende è la strettissima attualità dei risultati ottenuti, quasi come se lo sviluppo della politica estera italiana si fosse fermato con la morte di Enrico Mattei. Arricchiscono il testo la prefazione di Giulio Sapelli e la postfazione di Antonella Stirati.
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