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Lettera aperta di un sopravvissuto alla strage di Odessa alla CGIL
Riceviamo e pubblichiamo con piacere questa lettera inviataci da Benedetta Sabene, redattrice di Servizio Pubblico per Michele Santoro e analista di politica e geopolitica, di un sopravvissuto della strage di Odessa:
Il 2 maggio 2014 centinaia di manifestanti di sinistra, sindacalisti e cittadini comuni cercarono rifugio dall’assalto di estremisti neonazisti e ultras nazionalisti ucraini all’interno della Casa dei Sindacati di Odessa. L’edificio fu dato alle fiamme: le persone provarono a salvarsi buttandosi dalle finestre, alcuni di loro vennero persino bastonati dopo la caduta. Morirono più di 40 persone. Le indagini sono state insabbiate e la ricostruzione del governo ucraino minimizza i fatti parlando di casualità. Di seguito la lettera di Alexey Albu, ex consigliere regionale di Odessa e antifascista sopravvissuto al massacro. (Benedetta Sabene)
“La cooperazione tra le organizzazioni sindacali, la creazione di legami orizzontali tra i rappresentanti della classe operaia di diversi paesi, non può che essere accolta con favore. Tuttavia, quando ho visto una foto congiunta dei rappresentanti del sindacato italiano CGIL e del sindacato ucraino FTU, sono stato colpito da una scossa elettrica: dopotutto, è stata scattata sullo sfondo della Casa dei sindacati di Odessa, diventata una tomba collettiva per più di quattro dozzine di persone.
Io stesso ho vissuto questo terribile massacro compiuto dai radicali di estrema destra il 2 maggio 2014 a Odessa. Sono miracolosamente fuggito dall’edificio in fiamme, ma sono stato aggredito e mi sono ritrovato con la testa rotta e numerose ferite. Pertanto, per me, la Casa dei Sindacati rimarrà per sempre il simbolo di una mostruosa tragedia, uno degli eventi più disgustosi del 21° secolo.
Ad oggi, la Casa dei sindacati di Odessa costituisce una prova nelle indagini sull’omicidio di massa degli abitanti di Odessa. Tuttavia, è ancora utilizzato dall’organizzazione regionale di Odessa FTU per le proprie attività, il che è una grande bestemmia contro i morti.
Nella foto vedo una mia vecchia conoscenza, Vyacheslav Buratynsky. L’avevo incontrato al Consiglio regionale di Odessa, nel 2010. Questa fotografia ha immediatamente resuscitato nella mia memoria i ricordi della Casa dei Sindacati in fiamme. Mi sono ricordato di aver chiamato quest’uomo mentre cercavo una via d’uscita dall’edificio. Gli chiesi come potevamo trovare la porta sul retro. Come potevamo uscire dall’edificio in fiamme? Tuttavia, tutto ciò che ho sentito in risposta è stata una forte indignazione e lamentele sul fatto che non avevamo il diritto di entrare nel suo territorio. Invece di salvare vite umane, il signor Buratynsky pensava a salvare la proprietà e ha rivolto la sua indignazione non a coloro che hanno organizzato e compiuto un crimine mostruoso, ma a coloro cercavano di sfuggire da sadici e sociopatici estremisti di destra. Capisco che possa aver agito in base all’emozione e che, come molti, non avesse idea di come sarebbe finito il massacro. Non aveva idea delle dimensioni della tragedia. Ma il fatto rimane e non lo dimenticherò mai.
Quando ho visto nella foto i rappresentanti del sindacato CGIL, in un primo momento ho pensato che non sapessero dove fosserostati fotografati. Tuttavia, ricordo centinaia di eventi commemorativi organizzati dagli antifascisti italiani.
A seguito di questa polemica, ho una domanda che voglio porre pubblicamente ai rappresentanti della CGIL: quando siete stati fotografati sullo sfondo del massacro di Odessa, sapevate dove eravate? Spero che darete una risposta onesta e pubblica” (Alexey Albu)
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