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Perché dobbiamo essere dalla parte dei balneari


24 Apr , 2023|
| 2023 | Visioni

Con la recente sentenza C-348/2022 del 20 aprile 2023, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è definitivamente espressa in merito alla controversa questione relativa alle concessioni demaniali marittime e alla legittimità e applicabilità della direttiva euro-unitaria n. 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein), in seguito al noto rinvio pregiudiziale svolto dal Tar per la Puglia di Lecce.

In sostanza, non essendo opportuno soffermarsi sui criteri tecnici della vicenda, i giudici del Lussemburgo hanno confermato, tra le diverse e rilevanti statuizioni, la validità della direttiva, la natura di armonizzazione della stessa e l’obbligo per tutti i giudici e tutti i singoli funzionari, anche comunali, di disapplicare la normativa nazionale contrastante con la normativa europea. A tal proposito, non mancano alcuni aspetti contraddittori, o quantomeno non adeguatamente motivati, che riguarderebbero la decisione del giudice euro-unitario. Su tutti, l’aver riconosciuto la direttiva de qua come di armonizzazione – e non di liberalizzazione come invece fatto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenze gemelle del novembre 2021 – ma, al contempo, aver ritenuto comunque legittimo l’iter approvativo della normativa, pur essendo stato diverso da quello regolarmente richiesto e previsto dai Trattati (sulla natura armonizzatrice della direttiva si vedano §36; 37; 50; sul contorto iter logico effettuato dalla CGUE, da §56 a §59 della sentenza).

Per quanto inerisce all’obbligo di disapplicazione, invece, la sentenza conferma la sussistenza di suddetto obbligo in capo non solo a tutti i giudici nazionali, ma anche che esso incomba su tutti i singoli funzionari dell’Amministrazione. Il che continua a suscitare più di qualche dubbio, soprattutto per la mancanza delle competenze e degli strumenti giuridici necessari di cui questi possono disporre. Infatti, mentre il giudice nazionale può far valere i propri dubbi mediante lo strumento del rinvio pregiudiziale o dell’incidente di costituzionalità, quali sono gli strumenti di cui dispone il singolo funzionario? Da ciò ne consegue il sempre più chiaro intento di subordinare anche l’attività amministrativa al diktat euro-unitario, sicché l’Amministrazione diviene mero apparato servente della volontà di Bruxelles.

Dove invero la pronuncia del giudice europeo sembra lasci ancora trapelare qualche margine di discrezionalità per lo Stato è nel momento in cui questa ammette che la sussistenza, o meno, del requisito della “scarsità delle risorse naturali” possa essere valutata non solo tramite un’indagine “generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale”, ma anche mediante “un approccio caso per caso” che tenga conto delle diversità che ben possono riguardare e distinguere le concessioni le une dalle altre (§48; 49). Di talché, questo passaggio della decisione pone in discussione il criterio sancito dall’Adunanza Plenaria, la quale aveva, viceversa, ritenuto uniformi, e prive di differenze, indistintamente tutte le concessioni balneari del territorio costiero nazionale. Ne consegue che, laddove si voglia ragionevolmente escludere l’applicazione della direttiva Bolkestein alle concessioni balneari, il legislatore dovrà dimostrare la non sussistenza, provata da adeguata e reperibile documentazione (es: tramite una dettagliata mappatura costiera) del requisito della scarsità delle risorse naturali.

Orbene, al di là dell’aspetto giuridico della pronuncia, ciò che deve essere evidenziato è l’annoso – e sempre più difficilmente sopportabile – approccio del legislatore europeo, caratterizzato dalla sua inarrestabile intenzione di rendere oggetto del mercato unico concorrenziale qualsivoglia bene o settore, senza un’adeguata capacità di discernimento tra materie. La balneazione italiana, nonostante le carenze e le storture che fino a oggi l’hanno riguardata, costituisce un unicum nel panorama turistico internazionale e un fondamentale motore di sviluppo della piccola e media impresa italiana, caratterizzata per buona parte, in questo settore, da imprese a conduzione familiare. Aprire indistintamente e in guisa trasversale a tutti gli operatori economici questo settore significherebbe non solo porre a repentaglio un importante costola dell’economia e del turismo nazionale, ma anche compromettere l’unicità dei servizi e la tipicità dei suoi luoghi. Il tutto in nome di un approccio politico fortemente ideologizzato, rappresentato dal dogma del mercato unico, retto dal gioco della libera concorrenza. Concorrenza che sarebbe posta comunque a rischio qualora si decidesse di applicare la direttiva Bolkestein anche alle concessioni demaniali marittime poiché, una volta accertata la sussistenza del requisito della scarsità della risorsa costiera, quale operatore sarebbe in grado di accaparrarsi beni così caratteristici e senza eguali? Le multinazionali e loro solo. Si badi bene, non si tratta di una teoria ‘complottista’, ma di una inquietante realtà che ha già riguardato una parte del territorio costiero italiano, più precisamente il Golfo di Trieste, dove una nota multinazionale austriaca, nel 2022, si è aggiudicata, in virtù della sua forza economica dominante nel mercato, circa 125milamq di costa (di cui circa 65milamq in regime concessorio), piegando qualsivoglia forma di concorrenza.

Sicché sarebbe alquanto opportuno meditare sull’affidamento di siffatto bene al mercato regolato. Infatti, potrebbe risultare tuttalpiù conveniente l’ipotizzare forme di mercato amministrato (sul punto, v. A. Somma, Io sto con i balneari, in lafionda.org del 17 giugno 2022), in cui i pubblici poteri intervengono direttamente per definire non solo le regole del gioco, ma anche per predeterminare criteri di partecipazione che siano protezionistici e che tengano conto degli operatori nazionali presenti sul mercato, dunque, le piccole e medie imprese italiane. Criteri che siano, altresì, in grado di soddisfare le opportunità e le esigenze delle casse dello Stato, aumentando doverosamente i canoni concessori, rivedendo la durata dei provvedimenti e introducendo anche una tassazione aggiuntiva sui proventi derivanti dalle diverse e numerose attività economiche svolte tramite i provvedimenti concessori.

Come cercato di mettere in luce, soluzioni alternative e più giuste, anche da una prospettiva marcatamente pubblicistica, vi sono. Ma non è con l’apertura al cannibalismo del libero mercato che si può risolvere il problema delle concessioni demaniali marittime, anzi, quest’ultimo sovente si è mostrato piuttosto disinteressato alle sorti e alle esigenze che riguardano la collettività. Motivo per cui, oggi più di ieri, bisogna essere dalla parte dei balneari: nei tribunali, nelle sedi del potere, nelle piazze.           

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