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Il costo della sicurezza. Investire sul controllo, orientare i pericoli


28 Apr , 2023|
| 2023 | Visioni

Di che cosa tratta in realtà il potere quando parla di “sicurezza”? Quali sono i “pericoli” che, col suo agire, tenta di minimizzare? Non c’è dubbio che il welfare state di stampo tradizionale abbia perso nel corso degli ultimi anni il suo carattere di assistenzialismo disinteressato, per tramutarsi in qualcosa a metà via tra il credito assicurativo e l’investimento ad personam – ne ho parlato più diffusamente qui –. Pertanto, questa “sicurezza” elargita oggi dal tardo capitalismo, è piuttosto propinata anticipatamente e nonostante ogni delega o richiesta dal basso, e non solo in presunzione dei rischi reali, ma anche perseguendo prima di tutto il maggior profitto realizzabile dalle circostanze. La “sicurezza” di cui parla oggi il potere – e per potere intendo quel conglomerato ributtante formato dall’apparato mediatico asservito, dalle istituzioni amministrate con ipocrisia e dal capitale finanziario privo di scrupoli – diverrebbe in questo caso solamente un sinonimo di “investimento sicuro”, dove di “sicuro” c’è solamente il profitto (o, ma è la medesima cosa, un certo risparmio lucrativo): è utile, come ho già detto altrove, solo ciò che genera utili. Questo vuol dire che ciò che deve esser messo in sicurezza, nonché le modalità con cui farlo, è deciso unicamente in base a valutazioni meramente economiche: i criteri di “valutazione del rischio” diventano in quest’ottica nient’altro che “analisi di spesa”, cioè la risultante del rapporto complesso tra la disponibilità immediata di liquidità, i fondi nazionali o sovranazionali a cui attingere, gli interessi percepibili e un risparmio certo. Per questo bisogna sempre muoversi con circospezione lì dove il potere annuncia degli “imminenti pericoli” o “rischi” per una parte (più o meno variabile) della popolazione o del territorio, perché così facendo ne sta deliberatamente ignorando tanti altri – forse proprio quelli più “onerosi”, forse proprio quelli più “imminenti”; o forse, molto più probabilmente, ne sta semplicemente creando lì dove non ce ne sarebbe alcuno –. Ciò che il potere classifica senza riserve come pericoloso (per la pubblica sicurezza, per il benessere individuale, per la cosa pubblica, per l’ambiente circostante, etc.) o, viceversa, indispensabile per la sua salvaguardia, è quasi sempre un modo di orientare (o, nel peggiore dei casi, assecondare) i suoi stessi interessi. La pantomima inscenata attorno al Covid-19 dovrebbe essere sufficientemente esplicativa di quanto sto andando dicendo.

            Per questi motivi, quanto l’attuale sindaco di Riomaggiore Fabrizia Pecunia parla di regolamentare i flussi turistici per salvaguardare la sicurezza di tutti, bisognerebbe chiederle di quale “sicurezza” stia parlando, ma soprattutto da cosa e per chi. Allo stesso modo, anzi più drasticamente, fa il sindaco di Portofino Matteo Viacava, che istituisce, con l’ordinanza sindacale n°17 del 19/03/2023 (valida fino al 15/10/2023), due zone rosse in cui è vietato, per motivi di sicurezza, «[…] lo stazionamento di persone dovuto a punto di aggregazione […]»[1]. È il potere in fondo, sulla base delle dinamiche appena esposte, che decide senza nessuna partecipazione collettiva cosa sia rischioso, rassicurante o sicuro e, conseguentemente, dove porre (o non porre) i propri interessi. Ed è evidente, o quantomeno dovrebbe esserlo, che ciò che il capitale reputa degno di “attenzioni” – attenzioni anzitutto economiche s’intende – è con ottime probabilità anche ciò su cui è possibile generare in qualche modo dei lauti profitti. Il caso delle Cinque Terre è emblematico da questo punto di vista: nonostante si stia parlando oggigiorno sistematicamente di “sicurezza” – dei percorsi escursionistici, degli afflussi turistici, degli affollamenti nelle stazioni, in mare, etc. –, adottando per giunta dei provvedimenti di dubbia utilità[2] o paventando delle restrizioni ai limiti della ragionevolezza, gli unici gravi incidenti accaduti in questo territorio negli ultimi quindici anni (almeno) sono stati causati in primis dall’incuria delle amministrazioni, dalla pressapocaggine dell’ente Parco, dalla negligenza delle istituzioni, dallo sperperio dei suoi amministratori e solo poi, in seconda battuta, dalla concomitanza di tutto ciò con eventi naturali imprevedibili o dall’afflusso sovradimensionato di cose e persone: mi riferisco ovviamente all’alluvione del 2011 – in cui effettivamente un insolito precipitato ha sovraccaricato enormemente gli alvei dei fiumi (tuttavia sino ad allora non dragati e raramente ripuliti) – e alla frana sulla famosa Via dell’Amore nel 2012 – assicurata in maniera certamente superficiale, come si evince dai recenti interventi tutt’ora in corso d’opera e dalla plausibilità delle cause del disastro (il troppo caldo!)[3] –. Quindi, di nuovo: cosa si vuole tutelare realmente con questa “sicurezza”? Quali utili si vorrebbero generare? Nel caso delle Cinque Terre le ipotesi potrebbero essere quantomeno due: da un lato non bisogna sottovalutare il fatto che, soprattutto a livello giornalistico, si continui ad ipotizzare una qualche regolamentazione degli accessi secondo il modello del numero chiuso, nonostante le istituzioni – Regione in primis[4] – siano in questo senso molto caute o addirittura contrarie. La stessa Pecunia, il sindaco più protezionista dei cinque borghi, si trova ora più propensa per una sola “tassa di attracco” più che per una limitazione degli ingressi, tuttavia è bene attenzionare anche ciò che il potere ritratta o nega per capire dove potrebbe infine andare nuovamente a parare. Del resto, nonostante appaia malsano ed illegittimo, ci sono già dei precedenti illustri in tal senso (penso anzitutto a Venezia[5]); ed in più, una schedatura degli ingressi puntigliosa ed in tempo reale è auspicata anche in un documento comunale stilato ad aprile 2019 (Piano speditivo di Protezione Civile “Rischio Affollamento”) in cui si afferma che «certamente è auspicabile per il futuro l’adozione di strumenti atti a censire il numero dei presenti in tempo reale nelle singole aree la cui adozione, peraltro, non è ipotizzabile in tempi brevi necessitando di apposito ed approfondito studio nonché di un necessario periodo di sperimentazione»[6]. Pare evidente di come una regolamentazione degli ingressi possa portare con sé – direttamente o indirettamente, nell’immediato o solo idealmente – delle entrate economiche maggiori per l’amministrazione: non solo tramite il pagamento di un pedaggio diretto (la “tassa di attracco”, la tassa di soggiorno, il ticket per percorrere i sentieri del Parco, etc.), ma portando alla luce anche per esempio tutta l’economia sommersa che gravita attorno ai flussi turistici (ristorazione, alloggi, intrattenimento, etc.) o, ancora peggio, selezionando sul principio chi fare entrare oppure no (in base al reddito, allo stato di salute, ai precedenti penali, etc.). Una schedatura degli ingressi minuziosa mira inevitabilmente a tracciare, selezionare e capitalizzare tutto ciò che oggi sfugge (grazie a dio) al controllo dell’istituzione. In ogni caso, è evidente che anche da questa prospettiva del tutto ipotetica i concetti di “rischio”, “sicurezza” e “controllo” sono adattati brutalmente alle circostanze più favorevoli al potere. Ma perché, in fondo, il potere necessita di tutta questa “sicurezza”, di questo “controllo”?

             C’è allora un’altra questione da porre in risalto rispetto questo atteggiamento iperprotezionista (dei capitali), che si sovrappone in parte con quanto già scritto qui rispetto un certo modo “patologico” di intendere la salute: è quella della “sicurezza” a tutti i costi. «Si presuppone che sia possibile e benefico controllare compiutamente le dinamiche naturali, governando e indirizzando l’ambiente in cui viviamo, in modo da renderlo totalmente funzionale alle esigenze umane, privo di pericoli e incertezze»[7]; «[…] per ogni incertezza c’è una soluzione tecnica che permette di ripristinare l’ideale stato di rassicurante prevedibilità»[8]; inoltre, per quello che concerne i rischi sovraindividuali, «[…] si presentano le multinazionali e i governi come gli unici credibili protettori di un’umanità in balia di pericoli che, da sola, non sarebbe in grado di arginare»[9]. Ma cosa comporta un siffatto atteggiamento? È certamente vero che «una volta delegata a istituzioni verticali, dobbiamo essere coscienti che la quantità di sicurezza assicurata è direttamente proporzionale al controllo subito»[10]. Più chiediamo sicurezza più veniamo controllati, è un risvolto che parrebbe essere inevitabile in una società che fonda il suo potere (e quindi, per l’appunto, la sua “sicurezza”) sulla sorveglianza attiva e passiva – basti pensare, ad esempio, alle numerose telecamere a circuito chiuso in cui ci imbattiamo quotidianamente a nostra insaputa[11]. Tralascio qui di chiedermi se non ci siano delle alternative più educative ed intelligenti all’equazione “sicurezza = sorveglianza”, poiché mi porterebbe lontano dalle presenti conclusioni; preferisco fare un passo indietro e domandare: ma chi è in fondo che ha mai chiesto maggiori sicurezze di questo tipo a questo potere? Chi è che ha mai voluto delle rassicurazioni di tal natura sulle tematiche così inflazionate negli ultimi anni (guerra, sanità, immigrazione, economia, ecologia, etc.)? Chi è che si sente a tal punto minacciato da queste bolle ideologiche tanto da implicarsi volontariamente in un rapporto rischi-benefici (cioè sicurezza-sorveglianza) così svantaggioso ed impari? L’unica risposta ragionevole è, a mio giudizio, la seguente: nessun altro che il potere stesso. È il potere che, se da un lato genera insicurezze e paure per Governare con il terrore (G.Bianchi, Meltemi 2022), dall’altro governa, ma con il terrore di perdere tutto il suo potere. Da un lato allora «il potere contemporaneo, vista l’incapacità di generare un diffuso benessere […], fonda la sua legittimità sulla produzione di pericoli […] e sulla rassicurante risposta dello Stato»[12], ed è verissimo; ma dall’altro, tale atteggiamento è allo stesso tempo un segno di insicurezza, se non di panico e isterismo, abbastanza evidente e loquace. Perché? Probabilmente perché l’unica vera sicurezza del potere, a ben vedere, è instabile e precaria. La salvezza del potere, per sua disgrazia, siamo noi, e quando ce ne accorgeremo sarà, per questo potere, un grande rischio ed un enorme pericolo.


[1] L’ordinanza è scaricabile qui: https://www.halleyweb.com/c010044/zf/index.php/atti-amministrativi/ordinanze/dettaglio/atto/GTVRFNUU5Yz0-H

[2] Mi riferisco al senso unico temporaneo sul sentiero Monterosso-Vernazza: https://www.ilsecoloxix.it/la-spezia/2023/04/21/news/cinque_terre_accesso_regolamentato_a_senso_unico_sul_sentiero_azzurro-12767217/

[3] Frana sulla via dell’amore: quattro persone ferite, due sono gravi, Sandra Coggio, IlSecoloXIX, 24/09/2012 https://www.ilsecoloxix.it/la-spezia/2012/09/24/news/frana-sulla-via-dell-amore-quattro-persone-ferite-due-sono-gravi-1.37853197

[4] Toti e il caso Cinque Terre: «Meglio troppi arrivi che pochi, non si può limitare l’ingresso» di E. Rossi, La Stampa, 11/04/2023. https://www.lastampa.it/cronaca/2023/04/11/news/toti_e_il_caso_5_terre_meglio_troppi_arrivi_che_pochi_non_si_puo_limitare_lingresso-12747528/

[5] https://live.comune.venezia.it/it/2022/07/contributo-di-accesso-e-prenotazione-della-citt-di-venezia-si-parte-il-16-gennaio-2023

[6] Il documento è consultabile al seguente link:  https://www.comune.riomaggiore.sp.it/images/protezionecivile/piano_di_emergenza_da_rischio_affollamento_rev_2019.pdf, p.14.

[7] S. Boni, In assoluta sicurezza. Rimozione della morte, onnipotenza tecnica, controllo pandemico e iatrogenesi, in AA.VV., Dissenso informato. Pandemia: il dibattito mancato e le alternative possibili (a cura di E. Lello e N. Bertuzzi), Castelvecchi, Roma 2022, p.101.

[8] Ibidem.

[9] S. Boni, Eliminare il virus, schermare i corpi. L’illusione di onnipotenza tecnica e i suoi rischi, in AA.VV., Antropologia di una pandemia, Terra Nuova, Firenze 2022, p.42.

[10] S. Boni, In assoluta sicurezza, cit. p.102.

[11]Riomaggiore: il Comune installerà nuove telecamere di sorveglianza, G. Ghersi, Levantenews, 20/02/2019 https://www.levantenews.it/2019/02/20/riomaggiore-il-comune-installera-nuove-telecamere-di-sorveglianza/. Più recente, cfr. anche Cinque Terre, arrivano 164 telecamere e anche guardie giurate nelle stazioni della riviera spezzina, M. Toracca, IlSecoloXIX, 04/04/2023 https://www.ilsecoloxix.it/la-spezia/2023/04/04/news/cinque_terre_arrivano_164_telecamere_e_anche_guardie_giurate_nelle_stazioni_della_riviera_spezzina-12736015/

[12] S. Boni, Eliminare il virus, cit. p.47.

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