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Vogliamo tutto! La politica di sfruttamento negli stadi italiani


3 Mag , 2023|
| 2023 | Sassi nello stagno

La situazione del mondo del lavoro in Italia, come viene decantato spesso, giace in una situazione preoccupante. Oltre a gravi problemi strutturali possiamo sottolineare una produttività che diminuisce sempre di più e un abbassamento del livello generale di felicità e soddisfazione degli individui nei confronti della loro occupazione causato soprattutto dalla mancanza di sbocchi verticali e dall’appiattimento perenne dei salari, fermi, o addirittura in diminuzione, da almeno trent’anni. A differenza dei partner europei, l’Italia è infatti uno degli unici paesi a non aver ancora introdotto negli anni una legge sul salario minimo causando, di conseguenza, situazioni precarie e vera e propria schiavitù nei luoghi di lavoro. Un esempio lampante sono i lavoratori del settore degli impianti sportivi, primi fra tutti i cosiddetti steward. Gli uomini in pettorina gialla sono una delle categorie più sfruttate nel mondo del lavoro. Stipendi da fame, zero benefit e rischi altissimi durante il turno. Parlare di loro significa parlare soprattutto di sfruttamento. Una mansione, questa, che interessa persone di tutte le età: dallo studente, volenteroso di un po’ di indipendenza economica dai propri genitori, al disoccupato costretto a fare questo tipo di lavoro per mantenere a fatica la famiglia. Ogni ragazzo intervistato è capace di raccontare storie diverse riguardo la propria esperienza, facendo comprendere le innumerevoli difficoltà di questa categoria.

L’invasione di campo avvenuta durante il derby di Milano il 5 febbraio 2022 è la prova che molti non ci stanno. Il ragazzo in questione, facente parte del catering della ristorazione dello stadio, in seguito ad una intervista a Fanpage ha rivelato il vero motivo per cui ha compiuto quel gesto, facendo emergere molti interrogativi riguardo la triste situazione. Un gesto di condanna per tutto quello che ogni giorno questi ragazzi sono costretti a subire sotto gli occhi indifferenti dei signorotti seduti in poltrona e completamente ignari del disagio sociale dilagante. «Sono stato testimone di indecenti sprechi di cibo mentre noi steward siamo costretti a portarci sempre da casa il pranzo o la cena» afferma Moreno, 23 anni, che presta servizio tutte le domeniche nella zona ristorante dello stadio, «non ci danno gratuitamente neanche l’acqua, siamo costretti molte volte a non fare neanche la pausa per andare in bagno per la mancanza di personale». Molti di loro ribadiscono il fatto di non aver un posto dove mangiare durante il lavoro, racimolato semplicemente sugli scalini all’esterno dell’impianto e in balia del freddo nei mesi invernali, e di continuare a controllare l’orario per non sfiorare i 10 minuti di pausa tassativi per ore di lavoro in piedi.

«La cosa che mi fa imbestialire è che sembra un crimine avere la pausa, i superiori ci dicono di non farci vedere per non urtare quasi la loro sensibilità, e il bello è che sono loro a costringerci così prostrati come senzatetto» ci racconta Achille, 42 anni. «Veniamo pagati circa 5 euro l’ora, durante i concerti ci danno una mazzetta da 60 euro per dodici ore di lavoro. Costretti al sole o sotto la pioggia, sempre in piedi. Per gli straordinari? Neanche a parlarne, il più delle volte non vengono pagati e capita spesso di trovare la sorpresa nei cedolini. La serietà e il rispetto non esistono» sottolinea Franco. «Io abito fuori città, una volta avevo il servizio per un concerto che finiva la sera tardi e ricominciavo la mattina presto alle 7 sempre lì allo stadio, sono stato costretto a dormire in una garitta» mi ripete invece Alessandro.   

Molti di loro con questo mestiere ci campano, arrivando a fare trasferte in tutta Italia. È quello che capita, per esempio, ai cosiddetti “trasfertisti” che girano gli stadi italiani da sud a nord addirittura tre o quattro volte a settimana per neanche mille euro al mese. Spostamenti di ore e ore in pullman, con condizioni igieniche non ottimali e paghe che rasentano il ridicolo per sforzi fisici ma soprattutto psicologici così grandi. «Il 22 maggio siamo venuti in trasferta a Milano per l’ultima di campionato. Terminata la partita ci hanno detto che non tornavamo a casa ma dovevamo restare a Milano anche il giorno dopo perché ci sarebbe stata la festa scudetto. Non ho mai assistito ad una cosa del genere. Convocati per un solo servizio ma costretti a stare lì anche la sera e tutto il giorno dopo. Se qualcuno avesse avuto qualche impegno non poteva tornare. Anzi, doveva pagare di tasca sua il ritorno magari. Per la prima volta ho visto steward sentirsi male e soccorsi dai medici per il troppo caldo patito» afferma un ragazzo proveniente da sud Italia.

Soprattutto la questione sicurezza è un tema ampiamente dibattuto. I racconti che ci provengono sono a dir poco agghiaccianti. Una sicurezza, appunto, non garantita al cento per cento. Chi desidera portare all’interno dello stadio qualcosa la porta se non c’è un controllo approfondito sulla persona, fatto impossibile se non usi il metal detector. Tra l’altro, a proposito di questi strumenti, vengono utilizzati in quasi tutti gli stadi ma purtroppo, molti di essi, sono senza batterie e vengono dati in dotazione pur sapendo della loro inefficacia. Sembra veramente una grandissima presa per i fondelli ma è la triste verità. È tutta solamente pura scena come ci raccontano molti addetti. Una sicurezza, soprattutto, non garantita a coloro che lavorano. «Nel periodo in cui il Covid era ancora una realtà, fuori dallo stadio si ammassavano migliaia di persone senza mascherina davanti a noi, mentre all’interno eravamo obbligati a fare gli sceriffi e controllare che tutti la mettessero. Non c’è rispetto, molte volte capita anche di essere malmenati dai tifosi e il rischio è grosso. Le paghe sono misere, le hostess per esempio fanno metà del nostro lavoro, meno ore, stesso contratto e stessa società ma vengono magicamente pagate quasi il doppio di noi. È troppo difficile equiparare gli stipendi?» Asserisce in più occasioni Carmine. In più, aggiunge, le regole che cambiano di domenica in domenica senza interpellare i lavoratori fanno sì che l’organizzazione sia rasente alla zero.

«Sentii tre persone di alto rango all’interno dello stadio discutere sulla già citata invasione del derby milanese. Parlare della pessima figura fatta e della necessità di utilizzare il pugno duro nelle eventuali future infrazioni. Non credevo alle mie orecchie. La violenza di quelle parole era inaccettabile» denuncia Costantino, 23 anni.

Alla domanda che cosa bisognerebbe fare per cambiare la situazione, tutti in coro mi rispondono: «Scioperare o occupare. Forse l’unico modo per attirare l’attenzione dei media o dei sindacati che non esistono. Il problema è sempre e solo uno: solo una piccola parte è disposta a fare una cosa del genere, essere sfruttati ormai è diventata una cosa normale. Ti devi accontentare e ti devi adeguare. Se solo capissimo quanta forza potremmo avere tutti insieme le cose sarebbero molto diverse.»

Questa è la triste verità che si cela dietro al mondo milionario del pallone. Un mondo fatto di schiavismo a pochi euro, della più becera presunzione da parte dei datori di lavoro e di un vero proprio sfruttamento a livello mentale. Si rivendica soprattutto rispetto e paghe dignitose. Il giorno in cui anche l’Italia avrà la decenza di imporsi una legge sul salario minimo come tutti i Paesi civilizzati, sarà il giorno in cui tutti i lavoratori avranno raggiunto la più legittima delle loro conquiste.  

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