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La Grecia al voto: tra continuità e nuove mobilitazioni


21 Mag , 2023|
| 2023 | Visioni

Oggi domenica 21 Maggio la Grecia tornerà al voto per eleggere il nuovo Parlamento. Il governo di Nea Demokratia guidato dal primo ministro in carica, Kyriakos Mitsotakis, cerca una riconferma per un secondo mandato, di fatto monopolizzando il campo della destra, mentre le opposizioni di sinistra si presentano al momento disgiunte, in attesa di dialogare una volta che i risultati saranno definiti.

I riflettori si sono spenti sul paese ellenico dopo che il conflitto tra il governo precedente di Alexis Tsipras e la Troika (Commissione UE, BCE, FMI) si era risolto con la firma del terzo memorandum, che oltre a prevedere diverse riforme, tra le quali alcune importanti privatizzazioni, ha vincolato la Grecia a mantenere consistenti avanzi primari (le entrate a bilancio dello Stato, cioè per lo più tasse, devono superare le uscite) fino al 2060. Uno stato di austerità permanente.

L’esperienza di Syriza, che tante speranze aveva suscitato inizialmente, si era quindi conclusa in un buco nell’acqua, dopo aver trascinato il paese a livelli di stress inutili per il risultato poi conseguito, persino peggiorativo rispetto al primo e più leggero memorandum firmato dal Pasok nel 2010, quando la crisi del debito greco era esplosa.
A causa delle turbolenze tra governo greco e Troika, infatti, la Grecia ha dovuto subire diversi anni di “capital control”, una misura che limitava fortemente la circolazione di capitali e i prestiti, provocando la chiusura di diverse piccole aziende e una persistente sofferenza per quelle rimaste.

Tsipras, al termine del suo mandato, aveva avuto persino l’ardire di mettersi la cravatta, gesto che diceva avrebbe fatto quando avrebbe portato la Grecia fuori dalla crisi. Il momento coincideva con la fine della sorveglianza speciale da parte della Troika, ma gli effetti coercitivi del memorandum non sono finiti e continuano tuttora. La Grecia dalla crisi del 2010 non è ancora realmente uscita.

La Grecia al voto: tra continuità e nuove mobilitazioni

Il popolo di sinistra era quindi arrivato alle elezioni del 2019 totalmente allo sbando e Mitsotakis di Nea Demokratia aveva vinto con larghissimo margine, dopo un’ardua battaglia interna per la conquista del partito.

Mitsotakis, che ricordiamo come tantissimi altri politici in Grecia è parte di una dinastia di politici, inizialmente si era presentato come rappresentante dell’ala liberal del partito, più incline alle riforme che a solleticare i nostalgici dei Colonnelli presenti nel partito e nell’elettorato di destra. Dopo un inizio incoraggiante, volto alla normalizzazione (ad es. la contestata eliminazione del divieto per la polizia di entrare nei perimetri delle università) e a proseguire la modernizzazione della società greca, sono però tornati il malcostume e l’approccio “law and order” che ha sempre caratterizzato i governi di Nea Demokratia.

In un paese che sì ha ripreso la via della crescita, più dovuta alla popolazione ridotta e alla posizione geostrategica naturale della Grecia che ad altro, ma che ancora porta pesanti tracce della crisi di qualche anno fa, in particolare la seconda disoccupazione più alta d’Europa, le priorità del governo sono diventate più il controllo totale e la gestione dei media e del potere.

Due episodi però, in particolare, hanno rallentato la corsa che sembrava inarrestabile di Nea Demokratia. Due scandali in sequenza. Il primo quando si è scoperto che il nuovo leader del Pasok, Nikos Androulakis, un europarlamentare che si era distinto per la difesa degli interessi nazionali greci contro la vendita di armi al vicino turco, era stato messo sotto intercettazioni illegali da parte dei servizi segreti su ordine di esponenti del governo. Ed il secondo è stato l’incidente ferroviario di Tempe (Incidente ferroviario di Tempe – Wikipedia), il più grave nella storia greca, dovuto ad una collisione tra un treno passeggeri ed un treno merci che ha provocato la morte di 57 persone e diverse decine di feriti. L’incidente è stato causato dall’assenza di alcuni sistemi automatici di sicurezza obbligatori, di cui sia il governo che l’azienda ferroviaria (controllata dalla nostra Trenitalia) erano al corrente, dato che sia i sindacati che alcune interrogazioni parlamentari avevano sollevato il problema.

La Grecia al voto: tra continuità e nuove mobilitazioni

Anche se, in un primo momento, il primo ministro greco aveva parlato di un tragico errore umano, successivamente ha riconosciuto le “debolezze croniche” nel sistema ferroviario greco e come i ritardi nella modernizzazione delle ferrovie siano l’origine di questo incidente. Alcuni lo vedono come il risultato dello stato fatiscente di una rete ferroviaria trascurata per decenni, soprattutto dopo la crisi economica e le misure di austerità imposte dall’Unione Europea che hanno portato, nel 2017, alla privatizzazione della compagnia ferroviaria greca OSE, ora Hellenic Train.

Nei giorni successivi all’incidente, marce di protesta sono state organizzate da sindacati, associazioni studentesche e altre organizzazioni ad Atene, Pireo, Larissa, Salonicco, Patrasso e altre città della Grecia. Il motto più diffuso tra i manifestanti è “chiamami quando arrivi” (frase tipica di un genitore rivolta al figlio in viaggio). In molti casi la polizia ha usato lacrimogeni per disperdere i manifestanti.

La Grecia arriva quindi al voto in una delle contese elettorali più incerte della sua storia. Si rincorrono le promesse elettorali e si infiammano i dibattiti. Secondo le previsioni, Nea Demokratia non dovrebbe riuscire a formare un governo da sola, anche se ha vietato ai partiti di estrema destra di presentarsi nel tentativo di racimolare qualche decimale in più. Syriza, la principale opposizione, sembra penalizzata dalla permanenza di Tsipras alla leadership, anche se ha ereditato le reti di potere del Pasok ed ora gioca un ruolo di responsabile partito socialdemocratico. Il Pasok è rinato sotto la guida di Androulakis e probabilmente sarà l’ago della bilancia per la formazione del governo. Androulakis ha garantito che la Grecia avrà un governo ma non avrà come primo ministro né Tsipras né Mitsotakis. Ci si aspetta, infine, una crescita da parte di Mera25, il partito guidato da Yanis Varoufakis, che ha ereditato molti dei dissidenti del 2015 (ha ricevuto il supporto, tra gli altri, del prof. euroscettico Costas Lapavitsas) e cavalca l’onda dei nuovi movimenti di protesta successivi all’incidente ferroviario. Nel programma del partito sono presenti proposte macroeconomiche molto interessanti come una banca pubblica per gli investimenti e un sistema di valuta digitale, sganciato dall’eurozona, che possa sostenere il mercato interno e rendere più resiliente il paese in caso di shock e ricatti esterni nonché qualora sia necessario tornare ad un sistema monetario nazionale.

Potrebbe essere l’inizio di una nuova frattura? Staremo a vedere. Varoufakis, le cui forze coalizzate si chiamano non a caso “Alleanza per la Frattura”, ha esplicitamente detto di non essere interessato a partecipare ad un governo purchessia, ma solo se di reale discontinuità rispetto al memorandum e se vorrà ricollegarsi a quello storico OXI (NO) all’austerità che il popolo greco aveva pronunciato nel referendum del 2015.

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