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Terremoto politico in Spagna


31 Mag , 2023|
| 2023 | Visioni

Preso atto del risultato alle elezioni “regionali” e “comunali”, il premier “socialista” Pedro Sanchez ha presentato le dimissioni e sciolto le Camere.
La Spagna, dunque, sceglierà il nuovo governo il prossimo 23 luglio.
Dura sconfitta per Podemos, vittoria dei Popolari, cresce ancora Vox.


ALICANTE, SPAGNA – Poche ore dopo la sconfitta elettorale del centrosinistra fatta registrare domenica scorsa, il capo del governo spagnolo Pedro Sanchez ha annunciato le dimissioni e la convocazione di elezioni generali anticipate.
Le elezioni “politiche” previste inizialmente per dicembre, verranno quindi anticipate al 23 luglio.
E la coalizione di centrodestra si prepara a prendersi tutto.
Ma, prima di analizzare gli scenari futuri, torniamo a domenica.


PODEMOS E CIUDADANOS SPARISCONO DAI MUNICIPI E DALLE COMUNITA’ AUTONOME

In oltre ottomila comuni e dodici comunità autonome (simili alle nostre regioni ma con maggiore autonomia) residenti e cittadini erano chiamati al voto.
E le urne, che hanno senza dubbio decretato la vittoria del Partido Popular e la frenata del Partido Socialista, hanno soprattutto asfaltato le aspirazioni amministrative di due formazioni protagoniste negli ultimi anni: Podemos e Ciudadanos.

Podemos, guidato da Ione Belarra dopo il ritiro dalla politica dello storico fondatore Pablo Iglesias, ha perso seggi un po’ ovunque, diventando praticamente ininfluente in quasi tutte le comunità dove si è andati al voto.
La formazione di sinistra non è riuscita neanche ad entrare nel parlamento di comunità chiave come quella di Madrid (dove Iglesias aveva conquistato ben 7 seggi) o la Comunità Valenziana, perdendo anche i seggi al comune di Madrid e di Valenzia.
La sua caduta è stata drastica.

Sorte peggiore è toccata però a Ciudadanos, movimento di centro fondato dall’avvocato Albert Rivera che, dopo la sconfitta elettorale del 2019 (da 57 a 10 deputati), aveva anche lui deciso la ritirata dalla politica.
Dopo le elezioni di domenica, la formazione di ispirazione liberal-progressista, rimane fuori da tutte le comunità autonome in cui si è andati al voto e da tutte le grandi capitali della provincia.
Una vera e propria “morte politica”, secondo Rtve.


NELLA COMUNITA’ VALENZIANA, CIUDADANOS HA PERSO BEN 18 SEGGI

Nella Comunità Valenziana, ottimo specchio dell’andamento generale, Ciudadanos è stato capace di perdere ben 18 seggi.
Nella stessa comunità, Podemos ha perso tutti gli 8 seggi che aveva; il Partido Popular ha guadagnato ben 21 seggi, arrivando ad un totale di 40; il Partido Socialista ha guadagnato 5 seggi, arrivando così a 32; mentre Vox ha guadagnato 2 seggi arrivando così ad un totale di 12.

Per comprendere la tendenza, nelle Asturie, dove il Psoe ha vinto sul Pp, il Pp ha comunque guadagnato ben 7 seggi mentre il Psoe ne ha perso 1, Podemos 3 e Vox ne ha guadagnati 2.
In Aragona il PP ha guadagnato ben 12 seggi, Vox 4, il Psoe ne ha perso 1 e Podemos 4.
In Extremadura, invece, il pareggio tra PP e PSOE (28 seggi ciascuno) nasconde invece un forte arretramento per il Psoe (che perde 6 seggi) ed un grande passo avanti per il PP (che ne guadagna 8) e Vox, che entra in gioco con 5 seggi.

IL CENTRODESTRA HA “VINTO” IN OTTO DELLE DODICI COMUNITA’ AL VOTO

Per farla breve, il centrodestra (PP + Vox), se dovesse raggiungere un accordo ovunque, potrebbe governare in ben 8 delle 12 comunità autonome andate al voto, strappando la maggior parte di queste proprio al centrosinistra.

Quanto alle municipali, con un totale poco superiore al 31%, il PP ha fatto eleggere ben 22.134 consiglieri, superando di mezzo milione di voti il Psoe che, con il 28%, ne ha eletti 19.618.
Dietro i due big, c’è poi il partito di destra conservatrice Vox che, con il 7% e 1.642 consiglieri, si stabilisce come terzo partito a livello nazionale.
Appena 1,34% dei voti, invece, per Ciudadanos, che passa da essere il terzo partito ad appena 365 consiglieri in tutto il Paese.

Nonostante parliamo di amministrative, dunque, la sensazione che si tratti di un messaggio politico è apparsa chiaro a tutti.
Forse, più di tutti, a Pedro Sanchez, che sta probabilmente pagando l’alleanza con Podemos, il cui consenso è ora crollato.

VOX AVANZA E PUNTA AL GOVERNO DI COALIZIONE, MENTRE A SINISTRA SUMAR CERCA L’ACCORDO CON PODEMOS

Proprio da questo crollo, del resto, potrebbe arrivare la novità statisticamente più interessante delle prossime elezioni: Sumar, il soggetto politico a cui ha dato vita circa un anno fa Yolanda Diaz.

Leader per anni di Izquierda Unida, la Diaz era entrata nel governo Sanchez come ministro del Lavoro viaggiando nell’orbita di Podemos.
E, proprio su indicazione del dimissionario Pablo Iglesias, “immolatosi” per salvare qualche seggio nella Comunità di Madrid (pur perdendo la sfida per la presidenza), era poi diventata terza vicepresidente, mettendo le mani sulla futura leadership del partito.
Decisa però ad andare per conto proprio, la Diaz ha invece creato l’associazione Sumar, superando così di gran lunga nei sondaggi lo stesso Podemos. Tanto che, dopo la caduta di quest’ultimo, Sumar si candida ora a sostituire e/o inglobare la formazione di sinistra.

Nata con l’intenzione di unire varie sigle minori e regionali della sinistra, Sumar non ha avuto l’accoglienza sperata da Podemos, che ha visto l’esperimento come una sorta di tradimento rispetto al percorso fatto e ha avvertito fin da subito il nuovo movimento come principale competitor.
Ma, visti i tempi strettissimi (le liste dovranno essere chiuse intorno al 19 di giugno), le primarie eventualmente desiderate da Podemos non potranno con tutta probabilità svolgersi e la forza acquisita dalla Diaz potrebbe obbligare Podemos a siglare l’accordo, del resto già richiesto dalla stessa vicepresidente.
Considerato il risultato fallimentare di domenica e i sondaggi più recenti, l’accordo favorirebbe entrambi a livello elettorale – gli elettori di sinistra vogliono unità a sinistra del Psoe.
Ma non sarebbe probabilmente sufficiente a formare un governo, pur ripetendo l’alleanza con il Psoe.

I SONDAGGI PER LE GENERALI FAVORISCONO IL CENTRODESTRA

Secondo la maggior parte dei sondaggi, infatti, il Pp dovrebbe superare ancora una volta il 30% dei voti, diventando primo partito e, nel caso di accordo con Vox, potrebbe avere la maggioranza necessaria a sostenere un governo. Ed è proprio questo, ovviamente, il finale che tutti danno per scontato.

Ma non tutto è già scritto.
La convocazione repentina di elezioni da parte di Sanchez, potrebbe anche avere come risultato quello di dare il colpo definitivo alla sinistra – con cui le frizioni, soprattutto negli ultimi mesi, non sono mancate – ma anche impedire un’ulteriore crescita del centrodestra.
Secondo le indiscrezioni, infatti, Sanchez pensa che proprio questo sia il momento relativamente migliore per votare.
E non sarebbe stato solo lo spirito democratico ad averlo spinto verso una decisione fulminea. Nella sua scelta, in effetti, ci sarebbe del calcolo. Prolungare l’attesa, in un momento critico e conflittuale per la maggioranza, potrebbe solo peggiorare le cose. Votare subito, quindi, potrebbe essere l’unica opzione per fermare l’avanzata della destra, la cui maggioranza assoluta è comunque ancora incerta.

I DUBBI DI SANCHEZ

Difficilmente Podemos avrà tempo per rifarsi e, a questo punto, ci sarà da capire se Sumar è nato come strumento utile al gioco di Sanchez, che ha tutto l’interesse ad avere accanto una sinistra più morbida ed una personalità capace di controllarla, o ne sarà semplicemente una replica.
Sia Vox che Podemos, del resto, hanno rappresentato spesso più un problema che un punto di forza per i rispettivi partiti di riferimento dell’area, che hanno tutto l’interesse ad essere gli unici rappresentanti dei rispettivi schieramenti. Il bipolarismo, per loro, è un vantaggio.

La propaganda di Vox, in effetti, ha più volte insistito sulla mancanza di coraggio del Pp e sulla “collusione” col Psoe: retorica condita da svariate mozioni di censura inutili e velleitarie, che hanno portato a scontri anche duri con i popolari. Ma che hanno evidentemente pagato in cabina elettorale.
Anche sull’altro versante, del resto, proprio gli strappi con Podemos, hanno facilitato la crisi – prima politica e poi elettorale – del centrosinistra.

A questo punto, quindi, sia Sanchez che il presidente del Pp Alberto Núñez Feijóo, potrebbero addirittura farsi passare per la testa la pazza idea di un governo di unità nazionale, per tagliare fuori gli “estremi”.
Ma, anche se fosse vero, un’alternativa simile non sarebbe facile da far digerire agli elettori.

Proprio per questo, quindi, Alberto Núñez Feijóo potrebbe sperare in un risultato non troppo favorevole a Vox per non vedersi obbligato ad un accordo di governo. Oppure potrebbe giocare la carta della maggioranza instabile e del ricatto politico da parte di Vox – che davanti ai suoi elettori deve continuare a vestire il ruolo del partito “duro e puro” – per boicottare in qualche modo l’alleanza e giustificare davanti agli elettori un governo di alleanza trasversale nel nome del moderatismo.
Non c’è dubbio che questi due mesi, in cui il centrodestra dovrà passare il test alleanze nei governi locali, diranno molto sulla questione.

QUALCHE CONSIDERAZIONE UTILE ANCHE A NOI

A parte le questioni contingenti, sono diversi gli spunti che si possono estrapolare dal risultato delle elezioni spagnole.
Ciclicamente fanno la loro comparsa movimenti che fanno da valvola di sfogo per alcune istanze ma, una tendenza naturale al bipolarismo, spinge sempre verso una riduzione delle scelte una volta esauritasi la funzione dei movimenti in questione.
Quelli che tendono a sopravvivere, una volta estinta la fiamma, sono i partiti preesistenti o storici.

Per non scomparire, i partiti nuovi devono essere capaci di andare oltre il carisma del fondatore e l’entusiasmo del momento.
La creazione di un immaginario chiaro, duraturo e realmente alternativo, in cui possa identificarsi con facilità una maggioranza consistente di persone, dando vita ad un soggetto, in grado di inserirsi con forza – e non come spettatore o co-protagonista – nella dinamica dualista, è la chiave per rimanere.
In assenza di questo immaginario, una volta scemato il messaggio iniziale, l’elettore si orienta di nuovo verso i partiti che hanno una identità anche solo apparentemente chiara.

Da qui la necessità di concetti forti e persistenti: per quanto intellettualmente onesto, il rifiuto della dinamica destra – sinistra (come nel caso di Ciudadanos) è quasi sempre dannoso a livello elettorale.
E’ invece essenziale procedere in senso contrario, ovvero ridefinire il concetto di destra o di sinistra secondo la propria analisi ideologica.

UNA LEZIONE PER LA SINISTRA

Non c’è dubbio che l’eventuale ascesa di Sumar sia un fenomeno altrettanto momentaneo se l’intenzione è quella di essere una replica, senza autentici cambi di direzione (al momento non all’orizzonte) rispetto a Podemos.
La sua sconfitta, del resto, risponde a ragioni diverse rispetto a quelle appena citate.
Podemos
, ben strutturata e chiaramente schierata, aveva trovato il voto di molti che, a sinistra, erano scontenti del Psoe.
Ma ha poi perso l’occasione di essere alternativa al Psoe perché, come accade in generale alla sinistra, si è diluito nello scenario arcobaleno.
In questo senso, in Spagna, forse più che in Italia, è del tutto assente una forza politica di sinistra capace di riproporre la lotta dei lavoratori in un’ottica autenticamente di classe, popolare o, se vogliamo, anche marxista.

L’elettore operaio, che ha magari votato Podemos in chiave anti-padronale o che lo avrebbe votato a questo scopo, è allontanato dalla sinistra da tematiche che appaiono molto poco “proletarie” oppure troppo estreme. Sulle quali, non a caso, il Psoe si è dimostrato più “moderato”.

Qualche esempio? Il boomerang della famosa legge del “solo se è si” che, scritta malissimo, ha infine causato varie polemiche per aver avviato uno scandaloso abbassamento delle pene per tanti reati di violenza sessuale, pur partendo dall’intenzione di alzare le pene per i reati minori.
Questa, insieme ad altre iniziative volute dal ministro dell’Uguaglianza Irene Montero (compagna dello stesso Pablo Iglesias), hanno rappresentato un vero e proprio autogoal per il partito e per il movimento femminista.
Movimento femminista diviso, per esempio, anche sulla “legge trans”, che ha dato il via alla autodeterminazione di genere a partire dai 12 anni senza la necessità di parere e riscontro medico, solo sulla base di una dichiarazione (e l’approvazione dei genitori nel caso dei minori).

Chi non è tornato al voto per il Psoe si è quindi riorientato su Vox, cadendo alla sua retorica. Dimenticando il fatto che Vox è un partito fondamentalmente conservatore e liberista. Monarchico, nazionalista e reazionario, Vox non è certo il partito degli operai e delle minoranze. Ma potreste restare sorpresi nel rendervi conto dei voti raccolti da Vox nelle fasce popolari che si sentono insicure e avvertono una sinistra poco attenta al tema della sicurezza.

Chi ha orecchie per intendere, intenda!

Di:

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