La Fionda è anche su Telegram.
Clicca qui per entrare e rimanere aggiornato.

Mare colore veleno


11 Lug , 2023|
| 2023 | Recensioni

“Sarebbe forse arrivato il momento di lasciare una città in cui non si chiede più di cosa uno è morto ma: dove c’è lo aveva il tumore?” Tale allucinante affermazione riguarda un’area non troppo nota alle cronache nazionali, la costa orientale della Sicilia che spazia da Augusta a Siracusa, cui il giornalista Fabio Lo Verso ha dedicato un’inchiesta, pubblicata col titolo di Mare colore veleno. Indagine su uno dei più grandi disastri ambientali del paese, Fazi 2023.

L’industrializzazione ha sempre posto la necessità di un equilibrio fra sviluppo economico-occupazionale, ambiente e salute. In molte parti d’Italia è saltato tanto da far parlare di disastri ambientali; sono una quarantina i cosiddetti SIN, Siti contaminati di Interesse Nazionale.

Il testo parla di come da Augusta a Siracusa la popolazione convive con tre impianti di raffinazione, due stabilimenti chimici, tre centrali elettriche, un cementificio, due fabbriche di gas industriale, decine di aziende dell’indotto, quello che è considerato il secondo polo petrolchimico più grande d’Europa. Tale concentrazione industriale, assai poco nota – molto più conosciuta è l’Ilva di Taranto – ha segnato a fondo lo sviluppo di tale area, considerata da Tomasi di Lampedusa “il più bel posto della Sicilia”, sul piano urbanistico, economico, faunistico, lavorativo ed ambientale.

Soprattutto sotto quest’ultimo profilo ha suscitato inchieste, ricerche, battaglie legali, attivismo locale, in merito all’incisività sulla salute degli abitanti, i cui contorni sono oggetto di feroce discussione ma che paiono essere di dimensioni terrificanti.

L’autore, giornalista siciliano di Palermo (imparentato con l’attore Enrico Lo Verso) in queste poco più di duecento pagine passa in rassegna tali questioni. Com’è noto la materia degli impatti dell’inquinamento ambientale è oggetto di duelli di perizie e controperizie in punta di valutazioni statistiche e analisi scientifiche di inenarrabile barbositá. Lo Verso sceglie invece di proporci le varie inchieste e risultanze con le parole dei loro protagonisti, magistrati, medici, attivisti, sindaci, con una cura narrativa che ripropone la quotidianità di tali ambienti. Si indugia sui particolari di piazze, bar, bagnanti, edifici, vegetazione, restituendo lo spessore esistenziale ed umano di quella parte dell’isola. Nella sezione centrale del volume c’è un repertorio fotografico con numerose immagini della costa. Alternando lettura e visione delle foto sembra di essere sul posto.

La storia del polo industriale di per sé occuperebbe un volume: i vari impianti nascono in momenti diversi, e cambiano diverse volte proprietà. Oggi i padroni sono algerini, russi, sudafricani, con gli italiani dell’ENI un po’ residuali: sintomo di come l’Italia sia marginalizzata negli assetti globali. E non è finita: c’è pure una base NATO vicina agli impianti. In questo tratto di costa americani e russi si possono fisicamente vedere.

Se lo sviluppo industriale porta sovente a emissioni fastidiose o nocive, la raffinazione del petrolio e il settore chimico guidano la classifica dei più inquinanti. La lista dei contaminanti diffusi nell’area è impressionante: benzene, biossido di zolfo, metilmercurio, piombo,arsenico, cadmio, esaclorobenzene, diossine, diclorobifenile; termini che nel migliore dei casi una pallida minoranza avrà scorso distrattamente in qualche testo di scienze, ma che in questi contesti diventano il lessico di dinamiche vitali, con un incredibile spessore esistenziale, nonché della politica locale. Sostanze che si sono diffuse in quantità sconosciute e quasi incredibili: l’ISPRA nel 2008 ad esempio censiva sui fondali della rada di Augusta tredici milioni di metri cubi di sedimenti nocivi, sufficienti a costruire tremila palazzi di sei piani ciascuno.

A tali sostanze corrisponde un alfabeto di patologie correlate: leucemie e malattie del midollo; patologie respiratorie, bronchiti, tracheiti; vari tipi di cancro; malformazioni dei feti, uno degli aspetti più orribili di questa bomba sanitaria a tinte fosche. Uno degli aspetti più problematici è che a prescindere di cosa accade oggi le conseguenze sulla salute si stima che continueranno per vent’anni, per le persone che sono state esposte.

Il testo descrive un susseguirsi di scandali, inchieste e mobilitazioni di cui due costanti colpiscono.

In primo luogo la inerzia quasi incredibile delle bonifiche e delle misure di risanamento; spesso è molto difficile l’accertamento del danno riconducendolo ad una causa ben specifica, ma anche quando si raggiunge un sufficiente grado di certezza i provvedimenti per rimediare stentano, trascinandosi da una amministrazione all’altra anche per anni interi. Un paese che sembra in emergenza permanente a quanto pare ha una gerarchia abbastanza particolare fra quelle che spingono a provvedimenti immediati e quelle che invece si possono lasciar languire.

Il secondo aspetto è l’atteggiamento della popolazione. I primi ad essere colpiti sono ovviamente i lavoratori. In un capitolo viene riportato il fatto che gli operai spesso non parlavano delle loro condizioni nemmeno con i più stretti familiari: magari investiti in postazione lavorativa da zaffate di prodotti chimici, senza protezioni adeguate, o senza protezioni affatto – in specie per le ditte dell’indotto, in generale più piccole e con lavoratori più precari. Ma in generale c’è nella popolazione una renitenza a parlare dei problemi sanitari e dei contaminanti, quasi fossero malevole divinità del mondo classico cariche di inevitabilità. Ma c’è anche il ricatto occupazionale, la paura che alla fine l’industria vada via lasciando un deserto economico, sebbene il numero dei posti di lavoro in realtà sia crollato drammaticamente. Come dice uno degli intervistati, la popolazione dell’area è “cornutu e mazziatu, tradita dalla promessa industriale e bastonata da un inquinamento dalle proporzioni incalcolabili”.

Alcuni episodi evocati nel testo sarebbero ridicoli se non avessero risvolti drammatici, come la benzina che un giorno si mette a sgorgare dai rubinetti al posto dell’acqua; o come il campo da calcio “generosamente” regalato da una delle aziende leader è costruito con residuati tossici; o come gli scarti industriali nocivi lasciati per anni a pochi metri dal sito archeologico risalente all’età del bronzo. O come l’inchiesta che nel giugno del 2022 ha messo i sigilli all’unico depuratore dell’area industriale, che per gli inquirenti non avrebbe mai funzionato. Mai. Dal 1983.

Il quadro non è completamente tragico: nel 2019 si sono svolti una serie di avvenimenti nella sfera giudiziaria e politica che fanno intravedere misure concrete. Una folta battaglia giudiziaria stile Marghera può trascinarsi per anni lasciando sul terreno una bella prescrizione per i vertici delle aziende, ma in altri casi è stata funzionale ad un diverso assetto industriale come a Gela. Si tirano fuori le consuete promesse della transizione ecologica, ma la soluzione è tanto politica che imprenditoriale. Spinte dal basso ci sono, e un gruppo di scienziati ha messo a punto dei sistemi di monitoraggio più avanzati, in grado di inchiodare le aziende alle loro responsabilità, configurando un incentivo abbastanza concreto a non inquinare più. Di certo qualcosa si deve fare, per evitare che si ripetano lutti strazianti come quello di Irene, ragazza di 22 anni; non fumava, non beveva, faceva sport, racconta la madre; in apparente piena salute ad agosto, ad ottobre metastasi al quarto stadio. Il maggio successivo se n’è andata. Come è potuto accadere? “Vivete accanto ad un polo petrolchimico”, hanno risposto i medici. Punto.

Di:

La Fionda è una rivista di battaglia politico-culturale che non ha alle spalle finanziatori di alcun tipo. I pensieri espressi nelle pagine del cartaceo, sul blog online e sui nostri social sono il frutto di un dibattito interno aperto, libero e autonomo. Aprendo il sito de La Fionda non sarai mai tempestato di pubblicità e pop up invasivi, a tutto beneficio dei nostri lettori. Se apprezzi il nostro lavoro e vuoi aiutarci a crescere e migliorare, sia a livello di contenuti che di iniziative, hai la possibilità di cliccare qui di seguito e offrirci un contributo. Un grazie enorme da tutta la redazione!