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Militarismo crescente nel pisano


16 Set , 2023|
| 2023 | Sassi nello stagno

La salda collocazione dell’Italia nell’ambito della NATO e delle strategie belliche Usa è sempre andata di pari passo tanto con l’edificazione di basi sul territorio nazionale, tanto straniere che dell’Esercito italiano ma funzionali a tale quadro. In tale contesto cade la notizia che la provincia di Pisa, già pesantemente impattata, vedrà un ulteriore ampliamento di servitù militari.

La notizia era nell’aria, dopo varie riunioni ai tavoli romani si dava per scontato che il progetto per la nuova base destinata al reggimento “Tuscania” venisse approvato prima di autunno.

Nel pomeriggio  del 6 Settembre, poche ore dopo l’ apposita riunione, convocata da tempo ma a lungo rimasta nel mistero,  è stato diramato un comunicato stampa del Sindaco  di Pisa per annunciare l’intesa raggiunta al tavolo inter istituzionale a Roma (https://www.pisatoday.it/cronaca/base-militare-approvazione-progetto-caserma-diffusa-coltano-pisa.html ) .

Inizia quindi l’iter che porterà, in tempi ancora sconosciuti, alla costruzione della nuova base militare sul territorio pisano.

Ma cosa è il Tuscania? Lo leggiamo direttamente dal portale Analisi Difesa

Il 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” è l’erede diretto della prima unità organica delle aviotruppe italiane, quel 1° Battaglione Paracadutisti Carabinieri Reali costituito a Roma il 1° luglio 1940 e confluito successivamente nella Divisione Paracadutisti “Folgore”.

E’ di questi anni la partecipazione dei Carabinieri Paracadutisti alla Compagnia Speciale Antiterrorismo costituita per fronteggiare l’emergenza creatasi con il proliferare degli attentati terroristici in Alto Adige.

 Tale reparto, forte di 150 uomini, era composto da personale tratto, oltre che dai Paracadutisti dell’Arma, dal Battaglione Sabotatori Paracadutisti, dagli Alpini, dalla Guardia di Finanza e dal Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Ne era comandante il Capitano dei CC paracadutisti Francesco Gentile, perito tragicamente nel 1967 nel vile attentato di Cima Vallona e Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Con la ristrutturazione dell’Esercito del 1975 il reparto riceve la denominazione di 1° Battaglione Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”, coniugando compiti e missioni tipici delle aviotruppe con le funzioni di polizia, soprattutto per operazioni ad alto rischio finalizzate al contrasto della criminalità organizzata ed in attività di antiterrorismo.

 Nel 1982 il battaglione partecipa massicciamente alle operazioni in Libano, dove garantisce la sicurezza dei campi palestinesi alla periferia di Beirut. Tra 1992 e 1994 è ancora una volta chiamato ad operare in Somalia nel quadro della missione “Restore Hope”, assicurando al nostro contingente un apporto costante e qualificato, distinguendosi in numerose azioni di combattimento che gli varranno la Medaglia d’Argento al Valore dell’Esercito alla Bandiera.

 Nel 1996 il reparto

 Il 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” ricopre un ruolo di spicco nell’organigramma dell’Arma, che ne ha sempre affidato il comando ad ufficiali di altissimo profilo professionale. Non fa eccezione l’attuale comandante, il colonnello Francesco Marra, Medaglia d’Argento al Valore dell’Esercito per i combattimenti al check-point “Pasta” a Mogadiscio e di Croce di Bronzo al Merito dell’Esercito per le missioni Ifor e Sfor in Bosnia Herzegovina.

 Di stanza nella caserma “Vannucci” di Livorno, il reparto è oggi inserito nella 2° Brigata Mobile dei Carabinieri (a sua volta alle dipendenze della Divisione Unità Mobili del Comando Unità Mobili e Specializzate “Palidoro”) insieme con altri due reggimenti, il 7° “Trentino Alto Adige” ed il 13° “Friuli Venezia Giulia”, e con il Gruppo di Intervento Speciale, peraltro formato in gran parte da personale proveniente dai Carabinieri Paracadutisti.

 Si tratta, come si vede, di un corpo di polizia per interventi ad alto rischio , impegnato nelle aree di guerra e nelle missioni antiterrorismo, tra l’élite delle Forze Armate, destinato a ricoprire un ruolo dirimente nelle strategie di guerra e di lotta al terrorismo nei prossimi anni, da qui  è lecito pensare ad un suo utilizzo intensivo negli scenari bellici e all’occorrenza anche ad uso interno.

 Riguardo alla base militare di Pisa, nei mesi scorsi varie ipotesi erano state avanzate a proposito della sua collocazione: se inizialmente l’ipotesi era quella di collocarla nel borgo di Coltano alle porte di Pisa, un’area interna al Parco di Migliarino San Rossore e Massaciuccoli, successivamente se ne erano erano fatte strada altre, come quella di utilizzare l’area di Ospedaletto attorno all’inceneritore al posto dell’attuale mercato Ortofrutticolo; area già da anni in decadenza, a poche decine di metri dalla tipografia comunale, destinata nei prossimi mesi a traslocare in centro e un’area di proprietà della Regione adibita ad uffici.

Ma tutte queste ipotesi iniziali si sono scontrate con l’opposizione locale (Movimento No Base) e con interessi economici e politici, non ultimi quelli degli amministratori di centro sinistra (al governo nella Regione Toscana e in maggioranza alla Provincia di Pisa) che miravano a costruire un progetto di militarizzazione diffuso sul territorio della provincia di Pisa includendo anche il vicino Comune di Pontedera (a guida PD).

Sempre gli enti locali gestiti dal centro sinistra erano stati decisivi nella messa a punto dei piani di ampliamento della base Usa di Camp Darby.

Ecco perché gli Usa rafforzano la base italiana di Camp Darby – Panorama

La base Usa di Camp Darby, un immenso arsenale per le guerre Usa/Nato – Pisorno

Purtroppo  non sempre è stata focalizzata l’importanza di questa questione, così come l’ampliamento della base Usa di Camp Darby; si tratta della più grande base logistica Usa fuori dal territorio nazionale.

All’inizio non sono mancati  timidi e interessati oppositori  tra agricoltori e allevatori che temevano la requisizione a fini di sicurezza nazionale di terreni da loro posseduti, temendo che l’indennizzo che avrebbero ricavato da questa vendita forzosa sarebbe stato sicuramente inferiore a quanto si poteva ottenere con un nuovo piano del Parco con qualche variante d’uso. 

Gli ultimi mesi sono serviti per trovare una intesa: la base si farà nel territorio pisano, in quello Pontederese e anche a San Piero ove sorgeva il Cresam (CISAM — CISAM – Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari (conferenzecisam.it).

Sono state studiate le opzioni  necessarie a costruire una sorta di grande pacificazione politica attorno alla base del Tuscania con un ruolo determinante svolto proprio dall’Ente Parco a guida Pd, tanto da presentare la militarizzazione  come una sorta di operazione rigeneratrice del territorio e  di ampliamento dell’area verde.

Siamo debitori a Francesco Auletta, consigliere comunale sostenuto da  Una città in Comune, Unione Popolare e Prc, per la pubblicazione dei contenuti del verbale di sintesi della riunione romana.

Il verbale è in rete al seguente Link: Base militare: i tempi si stringono. Dal verbale tutte le mistificazioni e omissioni delle istituzioni | Una Citta’ in Comune Pisa (unacittaincomune.it)

Un problema di democrazia e sovranità

I cittadini dovrebbero  essere messi a conoscenza dello studio di prefattibilità tecnica  da cui prende vita il progetto della base militare e dell’ipotesi di rigenerazione dell’area Cresam che il direttore del Parco (Lorenzo Bani del Pd) dovrà presentare all’Ente Parco a metà Settembre per acquisirne il parere. 

Anche nel progetto della nuova base non manca la figura del Commissario Straordinario che dovrebbe sovrintendere ai lavori, una sorta di plenipotenziario  incaricato di portare a termine l’opera accelerandone i tempi di realizzazione.

Abbiamo menzionato due  documenti importanti che in una democrazia sana non dovrebbero essere secretati o resi accessibili solo dopo lunghe trafile burocratiche oscurandone varie parti; del resto siamo da tempo ostaggio di fantomatiche ragioni di sicurezza nazionale per occultare quanto invece dovrebbe essere alla luce del sole.

 Riqualificazione, efficientamento e piantumazione di nuove piante sono i termini utilizzati in un comunicato ufficiale diffuso dal sindaco di Pisa del centro destra Michele Conti, che poi ritroviamo anche nel verbale di sintesi del Tavolo Interistituzionale.

Per essere espliciti, questi mesi sono stati necessari a Regione Toscana, Comune di Pisa e di Pontedera, Provincia di Pisa, vertici dell’esercito e Governo Meloni per accordarsi su come e dove realizzare questa ennesima base militare prevedendo opere di compensazione come riforestazione, il recupero di immobili nell’area di Coltano e non ultima l’area del Cresam.

 Alla cittadinanza è stato presentato un quadro idilliaco e di facile presa sull’opinione pubblica per dimostrare i vantaggi per il territorio derivanti dalla base militare e a tale scopo si magnificano le sorti di tali opere. In questa narrazione a senso unico, sostenuta anche dagli amministratori locali del centro sinistra, i movimenti pacifisti escono come i soliti pessimisti , i fautori del no a prescindere  mossi solo da pregiudizi ideologici, disinteressati ai benefici che la città di Pisa e la sua provincia trarranno da questa opera militare.

 La militarizzazione crea forse posti di lavoro? 

Non mancano quanti, come l’on. Ziello della Lega, scommettono sugli effetti benefici  della base per l’occupazione; a detta sua, e di tanti altri, si creeranno nuovi posti di lavoro creando innumerevoli opportunità per l’economia locale per la domanda di beni e servizi. Se l’esperienza insegna, a partire dal nuovo modello di difesa di oltre trent’anni fa, fino alle emergenze anti terrorismo, le basi militari di nuova costruzione sono luoghi chiusi e concepiti per essere autosufficienti, tant’è che il progetto prevede perfino la costruzione di impianti sportivi.

La cosiddetta rigenerazione di Coltano passa dal recupero di alcuni immobili da anni abbandonati come la vecchia villa Marconi e l’ex scuola elementare Diaz. Questi spazi saranno poi dati in  concessione al reparto Carabinieri della Biodiversità che gestirà questi edifici adibiti a non meglio definite aree museali.

Da anni abbiamo criticato la sostituzione di personale formato e specializzato con la qualifica di addetti museali con volontari e l’associazionismo diffuso; non si capisce allora per quale ragione non trasformare in musei pubblici e con personale contrattualizzato invece di passare la gestione all’Arma.

Urge invece riformare complessivamente  le leggi e le norme che regolano malamente la gestione e l’organizzazione del patrimonio culturale in Italia come da tempo proposto dai Professionisti dei beni riuniti nell’associazione Mi Riconosci? Homepage – Mi Riconosci

 Ma, ammesso e non concesso , che la base militare crei occupazione, non esistono strumenti e modalità diversi per creare posti di lavoro? 

Secondo il sindacato di base CUB esistono alternative alla militarizzazione; dal rifacimento della strada che collega Ospedaletto a Coltano ormai ridotta a un colabrodo, alle bonifiche di aree e corsi d’acqua (ad esempio la zona limitrofa all’inceneritore di Ospedaletto), dall’abbattimento degli eco mostri  sorti negli anni della speculazione immobiliare e abbandonati a metà – e in questo caso potremmo parlare a ragion veduta di riduzione del cemento e della consumazione del suolo.

 L’area di Coltano e Ospedaletto un tempo era destinata all’agricoltura e all’allevamento, ripristinarla a tale uso sarebbe possibile in una visione del territorio ben diversa da quella che ritiene la militarizzazione imprescindibile. 

Militarizzazione a tutto campo

 La concessione degli immobili recuperati sancisce anche la militarizzazione della cultura oltre del nostro territorio; si va quindi a vele spiegate  verso una società  della sorveglianza nella quale le forze armate saranno onnipresenti nelle scuole , nella cultura, nel tempo libero proponendosi come  modello vincente e dominante.

 Il coinvolgimento di scuole di ogni ordine e grado in processi dominati dal bellicismo comporta il rischio di pervertire le finalità educative di tali istituzioni e il ruolo sociale per esse previsto dalla Costituzione italiana. Il problema è divenuto così pressante da determinare la nascita di un Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università  che sta portando avanti una campagna meritevole della massima attenzione.

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università – Osservatorio per monitorare e denunciare l’attività di militarizzazione nelle scuole e delle università. (osservatorionomilscuola.com)

Se poi vogliamo comprendere meglio le ragioni di questa nuova base in un territorio per altro già militarizzato si deve attingere dalle riflessioni del Comitato No Camp Darby che dalla loro pagina Fb hanno diffuso il seguente comunicato: 

La militarizzazione del territorio e la nuova normalità della guerra, un processo transitorio nella società della sorveglianza, comprende diversi step: (1) l’assimilazione della politica interna, quindi la transizione dallo Stato sociale al War State, alla proiezione unilaterale del Pentagono; (2) la distruzione del territorio, ovvero la subordinazione delle risorse naturali/umane alla voracità predatoria dell’élite aziendale; (3) una nuova fase della ‘’guerra eterna’’ statunitense contro Russia e Cina. Una guerra per procura – contro Russia, Cina ed Europa/Italia – che Mosca ha dimostrato di poter vincere, ma che sta logorando il mondo del lavoro nel nostro Paese. L’Italia, regalando al Pentagono (di fatto è così), una parte del territorio nazionale ha dimostrato d’essere uno Stato-colonizzatore alle dipendenze di Washington.

La costruzione d’una base militare fra Pisa e Pontedera, palesa come centro-destra e centro-sinistra non siano null’altro che le spalle su cui l’imperialismo USA poggia il proprio fucile; una ‘’guerra perpetua’’ non soltanto contro Russia e Cina, ma anche contro il mondo del lavoro.

Ma torniamo alla base del Tuscania. 

Ci sono  due opere militari esportabili nel comune di Pontedera che attraverso la Regione Toscana (entrambi di centro sinistra) ha sempre caldeggiato la partecipazione attiva a questa ennesima militarizzazione, si parla di pista di addestramento a Pontedera e tra Pontedera e Ospedaletto la pista a guida sicura e il Poligono a cielo aperto. Non è ancora chiara la collocazione futura da quanto si evince dalla lettura degli articoli e dei documenti diffusi anche a mezzo stampa e sui social.

Come è stata costruita allora questa grande intesa a favore della militarizzazione del territorio? Come osserva in un comunicato il sindacato di base Cub,

 L’intesa raggiunta al tavolo inter istituzionale a Roma, in attesa di conoscerne il testo ufficiale, è frutto di un compromesso tra enti locali governati dal centro sinistra e dal centro destra che si sono mossi verso lo stesso obiettivo: accettare la militarizzazione del territorio pisano presentandola come opportunità  da cogliere attraverso le cosiddette opere di compensazione. 

 Ci preme ricordare che in tempi non sospetti, un anno e mezzo fa, avevamo scritto e detto che dietro alla base del Tuscania si sarebbero mossi interessi forti tali da mettere d’accordo imprenditori, proprietari agricoli e allevatori, militari e politici locali di vario orientamento. Le opere di compensazione rappresentano la classica merce di scambio che alla fine mette d’accordo anche chi inizialmente aveva espresso perplessità e contrarietà alla costruzione di una nuova base su un territorio per altro già fortemente militarizzato. 

Ma queste perplessità scaturivano dal timore una eventuale requisizione “per scopi di sicurezza nazionale” con una compensazione del danno giudicata insufficiente come già accadde in quel di Coltano anni or sono.

 In questa partita ha giocato un ruolo determinante l’attuale vertice  del Parco, presidente del Pd, autentico ago della bilancia. 

Ci preme infine ricordare come la costruzione di una base militare diffusa sul territorio di Pisa e Pontedera palesi la sinergia esistente tra Giunte locali  e Regionale e Governo nazionale, del resto sul Progetto strategico denominato Bussola Europea ci fu l’ampia convergenza della stragrande maggioranza delle forze politiche in Parlamento. 

Per quanto invece concerne la creazione di nuovi posti di lavoro, vorremmo ricordare che una sistematica opera di bonifica del territorio, investimenti nel settore agricolo e nell’allevamento creerebbero occupazione in misura assai maggiore come favorirebbero l’edilizia dei finanziamenti atti al recupero degli immobili a Coltano o l’abbattimento degli eco mostri abbandonati, nel degrado, a Ospedaletto  ormai da lustri.

E’ del tutto evidente che esista un convitato di pietra costruito dal centro sinistra e dal centro destra, convitato disposto a presentare l’ennesima militarizzazione del territorio, dopo il collegamento via ferrovia e via acqua della base Usa di Camp Darby, come una manna dal cielo, una grande opportunità da cogliere senza mai entrare nel merito sulle reali conseguenze di questi processi.

E per dirne solo una ricordiamo che il mancato sviluppo del Galilei, ammesso che sia una soluzione condivisibile, è dovuto proprio alla presenza dell’aeroporto militare accanto a quello civile come si evince dai documenti Enac. 

Chi potrà allora perseverare nell’idea che militarizzando i territori si creino posti di lavoro?

Non pensiamo che la militarizzazione  costituisca una opportunità per i territori, i soldi che impiegheranno per costruire la nuova base dovrebbero servire alle tante bonifiche rinviate, ad abbattere i mostri in cemento armato mai finiti di costruire e da anni abbandonati ad esempio ad Ospedaletto.

 E’ una questione di priorità, e per noi non ci potrà essere una rigenerazione urbana compatibile con il settore militare, se la compensazione è la  piantumazione di nuovi alberi per aumentare la superficie boscata nel parco; ci sarà da capire per esempio se la sua area di competenza sarà effettivamente accresciuta o se interverranno invece sostanziali modifiche tali da  favorire edificazioni e utilizzo delle aree protette ad altro scopo. 

 Dalle parole del sindaco di Pisa si evince che l’intesa si poggia sulle opere di compensazione:  il recupero di edifici a Coltano che tuttavia dovrebbe rappresentare un investimento a prescindere e a  salvaguardia del territorio, non certo  una merce di scambio per aggiungere l’ulteriore base di guerra ad un territorio che ha già collegato Camp Darby al mare e alla ferrovia per il trasporto di armi. E val la pena di ricordare che anche lo sviluppo dell’aeroporto civile, ammesso sia una scelta condivisibile, non potrà avvenire per la presenza di quello militare limitrofo ad esso, come si evince anche dai documenti Enac.  Alla luce di queste considerazioni è possibile presentare la militarizzazione come una opportunità per il territorio pisano? I fatti dicono l’esatto contrario.

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